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Mourinho e il derby tra la voglia di tornare ad allenare e il suo passato vincente e ingombrante

Mou, tornare non è semplice

Il portoghese ha collezionato tanti successi e allo stesso tempo è stato molto spesso al centro di polemiche che rendono non semplice per un presidente decidere di ingaggiarlo.

Redazione DDD

di Elena Rossin -

José Mourinho ha un palmares per titoli vinti, ben venticinque tra titoli nazionali e internazionali di primissimo livello, con i club che ha allenato e per riconoscimenti personali, trentacinque e tutti prestigiosi, da fare invidia. Che sia un grande allenatore è indiscutibile, ma allo stesso tempo è anche una persona che con gesti plateali e parole taglienti si è costruito la fama di personaggio fuori dagli schemi. Nei suoi confronti nessuna mezza misura, infatti, è uno che o lo si ama oppure lo si detesta, complice anche il suo ego smisurato che nella conferenza stampa di presentazione quando arrivò al Chelsea lo fece auto definirsi “The Special One”.

Le sua capacità di allenatore sono indiscusse. Padroneggia più moduli di gioco dal 4-3-1-2 ai tempi del Porto al 4-2-3-1 del secondo anno all’Inter passando per il 4-3-3 della prima esperienza al Chelsea. Parla sei lingue, portoghese, inglese, italiano, francese, spagnolo e catalano, che gli permettono di interagire con tanti giocatori e di essere un grande comunicatore e motivatore. Quindi è strano che sia senza squadra dallo scorso 18 dicembre 2018 quando lascò il Manchester United dopo un avvio di stagione con risultati altalenanti. Stupisce meno se si pensa al suo carattere sicuramente schietto, poiché non si trattiene se deve dire o fare qualche cosa, ma allo stesso tempo difficile da gestire. Proverbiali le sue liti con giocatori, arbitri, dirigenti, giornalisti o anche persone comuni. E’ stato persino arrestato e poi rilasciato su cauzione quando ha  ostacolato le autorità che volevano mettere in quarantena il suo cane. Si arrabbiò con Vitor Baía reo di aver scambiato la maglia con Rui Jorge. Polemizzò con alcuni suoi giocatori del Real Madrid mettendo nel mirino i rapporti di amicizia che avevano con quelli del Barcellona e relegò in panchina Casillas. Ebbe un rapporto conflittuale con Pogba. Accusò l’allenatore dell’Arsenal Wenger di essere un guardone perché troppo interessato al gioco che lui faceva al Chelsea. Mise un dito in un occhio a Vilanova quando era il vice di Guardiola al Barcellona durante una lite. Litigò fuoriosamente con il giornalista Andrea Ramazzotti del Corriere dello Sport. Accusò più volte gli arbitri di essere di parte dal gesto delle manette alla querelle con il capo della commissione arbitri dell’Uefa Roth. In più non sempre si è comportato in nodo corretto sotto il profilo sportivo perché chiese a Xabi Alonso e Sergio Ramos di farsi espellere nel finale di una partita con l’Ajax nella penultima giornata del girone di Champions League in modo da scontare la squalifica nell’ultima con l’Auxerre e non essere diffidati  per la gara d’andata degli ottavi. Rischiò persino di essere accoltellato da un tifoso del Deportivo nell’aeroporto di La Coruña e si salvò per l’intervento della sua guardia del corpo personale che finì lui per essere ferito.

Negli ultimi giorni Mourinho ha detto di non voler tornare ad allenare il Real Madrid, che sta attraversando un periodo di appannamento e forse Zidane potrebbe anche essere esonerato, ma che voglia tornare ad allenare non lo nega neppure lui seppur affermi di divertirsi a fare il commentatore in televisione. Lo Special One ha raccontato anche di star imparando il tedesco perché potrebbe servirgli un giorno se allenerà in Bundesliga. Chissà. Però José Mourinho in panchina un po’ manca.

 

 

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