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L’eterno sottovalutato

Redazione DDD

Una carriera avvolta nel pregiudizio per Giroud: oggi, finalmente, in tanti si sono accorti di lui
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di Max Bambara -

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Esiste una dimensione nel calcio in cui chi ha avuto di meno per gran parte della carriera si vede finalmente ripagato da tanti sacrifici e da una professionalità maniacale. Viene definita, non si sa quanto impropriamente, dimensione del karma. Questo è il caso di Olivier Giroud, centravanti del Milan e della Nazionale transalpina. A 36 anni ha esordito al Mondiale con una doppietta ed il bottino avrebbe potuto essere molto più cospicuo se una rovesciata spettacolare fosse finita in rete, invece di fare la barba al palo.

Dimensione karma

Giroud è l’esempio assoluto di grande giocatore che non si preoccupa di doverlo dimostrare. Al Mondiale del 2018 la Francia vinse con lui schierato centravanti titolare. Reti segnate: 0. Quella grande vittoria creò un pregiudizio che ha condizionato a lungo la carriera di Olivier. “Buon attaccante, ma segna poco”. I numeri della sua carriera dicevano il contrario, ma secondo i benpensanti contavano le 7 partite del Mondiale per definire il valore di Giroud. Oddio per la verità i numeri non solo smentiscono tale assunto, ma addirittura ci danno l’esatta consistenza tecnica del centravanti francese. Dal 2010 ad oggi (12 stagioni e mezza) Giroud è uno di quei pochissimi centravanti che è sempre andato in doppia cifra realizzativa.

(Photo by Stu Forster/Getty Images)

Ha avuto un picco massimo di 25 reti ed un picco minimo di 10 gol. Non è mai capitata una stagione in cui Olivier sia finito a bocca asciutta. Anche in questa stagione, iniziata da tre mesi, Giroud è già sulla buona strada per mantenere il suo record. Con 9 gol in 19 partite gli manca solo una rete per andare in doppia cifra per il 13esimo anno consecutivo. Tutti questi numeri esistevano anche nel 2018, eppure il pregiudizio prevaleva. Giroud era un attaccante che segnava poco. In realtà, il suo contributo tecnico al Mondiale francese del 2018 era stato eccellente in termini di resa. All’allenatore della Francia, Deschamps, serviva un centravanti forte tecnicamente, ma capace di mettere il proprio ego in secondo piano perché quando si gioca con tre giocatori offensivi, uno dei tre deve sacrificarsi per gli altri due. Giroud tirò poco in porta in quel Mondiale perché giocava e faceva movimenti funzionali al gioco di Mbappé e Griezmann. Tutto questo, per i fabbricatori di pregiudizi pelosi, non aveva alcuna importanza. Contava affibbiare l’etichetta e l’analisi dei fatti non aveva alcuna ragion d’essere. Proprio con quell’etichetta Giroud arrivò al Milan nell’estate del 2021. “Segna poco ed è anche vecchio” (altro luogo comune tipico del calcio) dicevano.

L’inizio di stagione non fu eccezionale. I primi quattro mesi Giroud soffrì molto. Due gol contro il Cagliari, una rete contro il Verona e poi tanto buio a causa di una serie incredibile di infortuni. Da gennaio in poi, i milanisti si sono ritrovati un centravanti coi fiocchi. Bravo tecnicamente, fortissimo di testa, leader naturale sul campo, capace di segnare gol pesanti come il piombo in quelle partite dove un singolo gol può indirizzare un campionato. Inutile elencarli. I milanisti li conoscono bene perché sono scolpiti nelle loro menti. Tuttavia da questo punto di osservazione credo che ci sia una partita che ci possa dare l’esatta dimensione di Olivier Giroud, sia come professionista e sia come uomo. A dicembre 2021 il Milan perde in casa col Napoli. Sconfitta immeritata, con un gol regolare tolto a Kessié per una interpretazione della regola del fuorigioco molto capziosa. Si va ad Empoli, ultima partita d’andata. Il Milan è senza Ibra e Giroud non sta ancora bene. In settimana ci sono dubbi che possa anche giocare titolare. Ed invece gioca. Non fa una prestazione eclatante ma mette tanta sostanza, soffre da matti perché è in ritardo di condizione. Si vede palesemente che non sta bene, ma fino alla fine lotta come un leone e riesce anche a fornire un assist per il primo gol rossonero.

A Empoli, quel giorno, è iniziata la rincorsa del Milan verso il 19esimo scudetto. Nessuno ha parlato della prestazione di Giroud perché il francese era palesemente fuori forma. Ma l’esempio, la disponibilità, l’intelligenza e l’abnegazione che ha messo sul campo sono valori che valgono più di tante doppiette. Sono i segnali di un leader che si mette a disposizione della squadra senza pensare di poter fare una brutta figura perché fuori condizione. Tutto quello che sta vivendo oggi Olivier se lo merita davvero: dopo una carriera giudicata troppe volte in maniera semplicistica da tanti analisti con il nasino all’insù, in cui ha dovuto scalfire pregiudizi radicati, oggi finalmente il destino gli sta regalando un Mondiale da protagonista a 36 anni. Una ribalta di enorme prestigio. Inaspettata, forse, ma assolutamente strameritata per un eterno sottovalutato.