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GLI OCCHI A MANDORLA DEL CHINO

DDD Story – Il pigro Recoba e le sue magie di sinistro

Redazione DDD

Recoba e le sue magie alla Scala del Calcio

di Luigi Furini -

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E’ tesserato per il Danubio, una squadretta di Montevideo. Gioca ancora con i ragazzi e il giorno di una finale non si presenta in campo. Il Danubio gioca il primo tempo e va sotto di tre gol. Intanto, amici e tifosi si mettono a cercarlo. Lo trovano, intento a pescare, seduto su uno scoglio. Lo prendono di forza e lo portano al campo. Entra e segna cinque gol. Il Danubio vince il torneo. Alvaro Recoba è fatto così, disordinato e pigro. Però, a vedere quella partita, c’è Rafa Perrone, un tipo come lui, un talento inespresso. Anni prima aveva firmato un contatto con l’Olympiakos di Atene. Gli avevano dato anche la cittadinanza greca. Ma lui, tornato in Uruguay per le vacanze, in Grecia non si era più fatto vedere. Ecco, Perrone adesso fa lo scopritore di talenti. Vede Recoba e se lo porta a casa, perché il campo di allenamento è troppo lontano e il “Chino” (per via degli occhi a mandorla) non vuole passare ore sugli autobus urbani. Ma l’abitazione è piccola e, per dare una stanza a Recoba, Perrone manda la figlia a dormire dalla nonna.

Passano gli anni, il “Chino” viene tesserato per il Nacional, segna 30 gol in 33 partite, diventa un idolo. E diventa il fidanzato della figlia di Perrone che, adesso è grande, ha smesso di andare a dormire dalla nonna. E’ lei, diventata nel frattempo sua moglie, a raccontarla pigrizia di Recoba: “Tutte le mattine devo alzarlo dal letto”. Che fosse pigro se ne sono accorti anche i tifosi dell’Inter. Massimo Moratti si innamora del giocatore nell’estate 1997. E’ un periodo di grande spese. I nerazzurri portano a casa, soprattutto, Ronaldo il “Fenomeno” (per non confonderlo con CR7) e gli occhi sono tutti per lui il 31 agosto 1997, al debutto in casa contro il Brescia. Ma i due gol che regalano la vittoria all’Inter li fa Recoba, entrato dalla panchina quando gli ospiti sono in vantaggio. Poi Recoba è pigro, d’accordo. Ma quando lo svogliato si impegna, quando l’estroverso ci mette del suo, saltano fuori numeri da circo. Salta fuori, per esempio, il gol all’Empoli (gennaio 1998) con il portiere che si mette all’altezza del disco del rigore, perché la palla è nella metà campo dell’Inter. Tutto ok, ma la palla finisce a Recoba che vede, intuisce e tira. E fa partire un tracciante che arriva direttamente in porta.

Poi la voglia passa, l’Inter lo mette ai margini. Lui cerca gloria al Venezia, che è in zona retrocessione. Lì segna 10 gol in 19 partite e porta i lagunari al 13esimo posto. Quindi torna in nerazzurro e prima di lasciare la Scala del calcio fa un altro regalo. E’ il gennaio 2005. I nerazzurri, a poco dal termine, sono sotto 0-2 contro la Sampdoria e lui accende il suo genio. Trascina i compagni al pareggio e poi segna il 3-2. E’ il suo ultimo gol. Poi va al Torino, fa un anno in Grecia e quindi torna in Uruguay. Ancora al Danubio e ancora al Nacional dove vince due scudetti: uno a 35 e l’altro a 38 anni. Da poco ha annunciato di voler fare l’allenatore. E’ ancora innamorato dell’Italia, della pizza e della cotoletta alla milanese. “Che non fa bene alla dieta – dice la moglie -. E poi lui, in più, ci rompe sopra un uovo fritto”. Ma che importa, Recoba è fatto così. E ha anche un po’ di pancia, ma se lo porti a Empoli, lo metti a metà campo e gli dai il pallone, è ancora capace di beffare il portiere da metà campo.