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STOCKHOLM, SWEDEN - May 23: Laureus Ambassador Fabio Capello attend the Laureus European Summit on May 23, 2017 in Stockholm, Sweden. (Photo by Patrik Lundin/Getty Images for Laureus)
di Franco Ordine -
Chi ha buona memoria del passato milanista può capire al volo il paragone che sto per fare. Il Milan visto col Toro somiglia in modo impressionante a quello di don Fabio Capello, illustre predecessore, collezionista di scudetti (4 in 5 anni), protagonista assoluto della finale capolavoro di Atene 1994 contro il Barcellona di Crujff. L’uno a zero di martedì sera ha le caratteristiche tipiche utilizzate dal Milan di Capello quando rimase senza Van Basten e Papin e dovette arrangiarsi con Massaro e Savicevic oltre che con Raducioiu. Riusciva a trovare il gol e poi a difenderlo con una perfetta organizzazione difensiva.
L’obiezione più gettonata sarà la seguente: ma quel Milan aveva dietro i quattro dell’ave maria, Tassotti, Baresi, Costacurta e Maldini. Vero. Ma devo dire che al cospetto del Toro -cui è stato concesso un solo tiro in tutta la serata- anche Calabria-Tomori-Romagnoli (Kjaer) e Kalulu-Theo Hernandez non mi sono sembrati così distanti da quei progenitori, maestri della difesa all’italiana. Persino Tatarusanu, che ha suscitato qualche eccesso di pessimismo subito dopo l’infortunio toccato a Maignan, ha fatto la sua parte. Segno che questo Milan ha di sicuro, rispetto a quell’altro, lo stesso spirito.
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