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Dallo Utah, Pepito Rossi: “Ho conosciuto Giggs il mio idolo, sono amico di Piqué, sono stato vicinissimo a Barça e Juve”

FLORENCE, ITALY - OCTOBER 20: Giuseppe Rossi of ACF Fiorentina celebrates after scoring a goal during the Serie A match between ACF Fiorentina and Juventus at Stadio Artemio Franchi on October 20, 2013 in Florence, Italy.  (Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)

Pepito Rossi racconta dallo Utah…

Davide Capano

Intervenuto ai microfoni di cronachedispogliatoio.it, Giuseppe Rossi ha ripercorso alcune tappe della carriera. L’indimenticabile tripletta alla Juventus con la maglia della Fiorentina, Giggs, Ferguson, Cristiano Ronaldo, il legame con Piqué, il Villarreal e due retroscena di mercato tra i temi trattati.

“La sensazione di quella partita non posso dimenticarla – racconta ‘Pepito’ –. Prima della partita tutti parlavamo della rivalità con la Juventus: la percepivo, ma non la comprendevo. Durante il viaggio dall’albergo allo stadio capii però subito cosa significasse: mi lessi la storia, le motivazioni alla base di quella rivalità. In quel viaggio mi sono detto: ‘Questa partita qui è veramente una delle più importanti dell’anno’. In quel primo tempo partimmo con il piede sbagliato, quando fai qualche errore contro una squadra del genere li paghi. Montella ci disse due parole all’intervallo, davvero due. Metabolizzammo che dovevamo sputare sangue.Uscimmo dagli spogliatoi con la voglia di cercare il primo gol: rigore. Da lì, ti dico la verità, non ricordo niente. Ero in un momento di estasi. Dopo il mio secondo arrivò il terzo, di Joaquin. Non avevo più energie, poi trovammo il quarto. Tutto così veloce, tutto in un momento. Mi vengono i brividi quando riguardo i video”.

“Quando sono uscito dallo spogliatoio per tornare a casa – prosegue l’attaccante nato nel New Jersey –, alcuni dirigenti mi hanno detto: ‘Giuse, affacciati’. Sono andato alla finestra e c’erano centinaia di tifosi che cantavano: ‘Il Fenomeno’, che era il mio coro. Bellissimo, stupendo. Ho visto alcuni piangere, ho detto: ‘Cavolo, è veramente sentita’. Da lì capii tutto. Nel prepartita avevo capito quanto fosse importante, durante la gara avevo percepito la tensione e quanto fosse bella, alla fine con quei momenti avevo capito di aver fatto una cosa storica. Un’immagine? Non lo so, è dura dirlo. Sono accadute tante cose che è difficile tornare indietro. Quando riguardo i video, non mi focalizzo sui gol: guardo i tifosi, la panchina, a bordocampo e capisco cosa ho dato alle altre persone. Ancora oggi ricevo messaggi”.

Poi uno ricordo dell’esperienza col Manchester United: “Non pensavo al posto in cui sarei andato, bensì al prestigio di essere allenato da Ferguson. Di giocare con calciatori come Ronaldo, Giggs, Van Nistelrooy. Pensavo a quanto sarei potuto crescere come calciatore in una squadra che ha sempre dato tanto valore ai giovani: il Manchester United li inserisce al momento giusto. Il primo giorno andai da Ferguson per firmare il contratto. Me lo trovai davanti e rimasi a bocca aperta. Avevo un tale personaggio davanti a me. Appena entrato, la prima persona che incontrai fu Ryan Giggs. Cioè, Ryan Giggs, stiamo parlando di un calciatore che amava anche mio padre. Fu uno shock vederlo alla reception che ci salutava”.

“Cristiano – spiega Giuseppe Rossi – aveva sempre voglia di migliorarsi. Voleva costantemente essere il migliore: si comportava per essere tale, sia in campo che fuori. In palestra, in ogni sfida, voleva sempre essere il numero uno. Ho un forte legame con Piqué. Gerard è arrivato il giorno dopo di me allo United, siamo cresciuti insieme a Manchester trascorrendo tanto tempo insieme tra cene, uscite e partite con le riserve. Quando saliva lui in Prima Squadra, andavo anche io. Abbiamo condiviso il percorso. Ronie lo conosco meno, lui era già tra i grandi perché aveva qualche anno in più. Con Gerard ci siamo aiutati a vicenda, andavamo a scuola insieme. Lui era uno dei primi che aveva avuto il permesso per andare a vivere da solo, gli altri vivevano con altre famiglie. Io avevo mio padre, Piqué era da solo e cenavamo da lui”.

Un passaggio anche sull’esperienza in Spagna: “Il passaggio al Villarreal è stato molto importante per me, Pellegrini mi ha dato fiducia fin dal primo momento. Era quello che volevo, cercavo una piazza con questa opportunità. Siamo arrivati secondi alla prima stagione, è stata la tappa più importante della mia carriera. Avevamouno squadrone, vi giuro: giocatori di grande livello, potevamo vincere una Copa del Rey. Di campionato non se ne poteva parlare, ma avere più fortuna nei sorteggi e nelle partite sì: una volta il Barcellona schierò alcune seconde linee e non riuscimmo ad approfittarne”.

“L’ultima con il Villarreal – conclude – fu una stagione straordinaria: dopo Messi e Ronaldo, in Spagna c’ero io.Mi chiamò il Barcellona, era già tutto fatto: il contratto era stabilito. Mancava soltanto l’accordo tra le società sul pagamento: il Villarreal voleva una parte fissa maggiore rispetto al bonus, il Barcellona al contrario. Appena il Barcellona lo seppe, cambiò obiettivi e non andai lì. Non avevo parlato con nessuno di loro, neanche con Piqué: in quel periodo non sentii nessuno a livello personale tra i giocatori. Quando ti arriva un’offerta del genere non ci pensi due volte: era in quel momento la squadra probabilmente più forte del calcio. Davvero un peccato, ma non ho nessun rimpianto. Il Villarreal mi aveva capito e io avevo fatto di tutto.Quando arrivò Conte alla Juventus ero vicinissimo, la trattativa ci fu. Avevamo venduto Santi Cazorla e la dirigenza mi disse: ‘Giuseppe, abbiamo già ceduto lui e non possiamo lasciar andare via anche te’”.

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