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Benfica-Napoli, nostalgia canaglia: la storia di Eusebio e Maradona

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La Pantera Nera da una parte e la Mano de Dios dall'altra. Lusitani e Partenopei hanno avuto il grande onore di avere due leggende che hanno riscritto la storia del pallone.
Mattia Celio
Mattia Celio Redattore 

Molte volte capita di pensare alla magia di cui il fato ci ha privato collocando alcuni calciatori in epoche differenti. Non tanto per poter stabilire chi realmente fosse il più forte, ma perché quando una leggenda incrocia un’altra leggenda, è allora che il calcio smette di essere solo gioco e diventa arte pura. Benfica e Napoli hanno avuto nella loro storia l'onore di avere tra le proprie file due calciatori, divenuti poi leggende o addirittura "dei", che hanno scritto pagine della storia del pallone. Stiamo parlando, rispettivamente, di Eusebio e Diego Armando Maradona.

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Benfica, Eusebio la "Pantera Nera": il "tesoro" del Portogallo venuto dal Mozambico

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In campo era come una pantera pronta a sbranare la sua preda. Si muoveva con grande eleganze e aveva una velocità fuori dal comune, tanto da correre i 100 metri in 11 secondi. Destro o sinistro era indifferente, i suoi piedi incutevano grande timore a qualsiasi portiere. Eusebio da Silva Ferreira, noto semplicemente come Eusebio, è stato il primo grande fuoriclasse di origine africana della storia del calcio.

Nato il 25 gennaio 1942 a Mafalala, quartiere di Lourenço Marques, all'epoca colonia portoghese del Mozambico, il piccolo Eusebio perde il padre a soli 8 anni. Da subito appassionato di calcio inizia a praticare questo sport con gli amici in grandi spazi aperti con palloni fatti di calze e carta di giornale. In quel periodo, come lo stesso portoghese ha raccontato, i suoi amici lo chiamavano "Ninguem", ovvero "Nessuno". Ebbene, quel "Nessuno" nel giro di pochi anni verrà conosciuto da tutto il mondo.

A 15 anni firma il suo primo contratto con lo Sporting Clube de Lourenço Marques dove il suo tecnico Ugo Amoretti rimane davvero impressionato dalle sue qualità. In quattro anni, infatti, Eusebio realizza 77 in 42 partite (media di 1,83 reti a partita). Numeri che fanno strizzare gli occhi a Bela Guttman, allora tecnico del Benfica, che capisce di avere a che fare con un potenziale fuoriclasse. La trattativa per portarlo in Portogallo si rivela molto combattuta ma alla fine il tecnico ungherese viene accontentato. Il resto è storia.

In 15 anni con la maglia delle Aquile (1960-1975), Eusebio riscrive la storia del calcio portoghese. 440 partite e ben 473 reti che fruttano ai lusitani 11 campionati portoghesi (nessuno come lui), 5 coppe di Portogallo e 1 Champions League. A livello individuale, invece, Eusebio vince il titolo di capocannoniere ben 7 volte (altro record), 1 Pallone d'oro, 2 Scarpe d'oro e tre volte sarà miglior marcatore della Coppa dei Campioni con in mezzo, però, due finali perse.

Con anche 41 reti in 64 presenze con il Portogallo, Eusebio arriva terzo nel Mondiale 1966. Muore il 5 gennaio 2014 a causa di un arresto cardiaco. Il 3 luglio 2015 le sue spoglie vengono traslate al Pantheon Nazionale, nel corso di una cerimonia durata cinque ore che ha toccato diversi luoghi simbolici fra cui lo stadio da Luz, il parlamento e la sede della Federcalcio. Al da Luz, inoltre, gli è stata dedicata una statua. Il minimo per una leggenda come Eusebio.

Napoli, la Mano de Dios: Diego Maradona

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"Oh mamma mamma mamma, sai perché mi batte il corazón? Ho visto Maradona". Un coro che ancora oggi mette i brividi e sicuramente a più di qualcuno fa venire le lacrime agli occhi. Perché se si tifa Napoli allora bisogna per forza sapere che Diego Maradona è stato qualcosa di più di un giocatore. E' stato il cuore e l'anima di Napoli e il giorno in cui quel cuore azzurro ha cessato di battere nello stesso tempo ha cessato di battere anche il cuore di uno stadio e di un'intera città.

Una storia iniziata il 5 luglio 1984 e fin dal primo giorno è stato amore vero. 80 mila persone che pagano 1000 lire di biglietto solo per vederlo. Molti si chiedono come un campione dal calibro di Diego sia andato a giocare in una squadra che all'epoca aveva vinto poco nella sua storia, ma nel giro di pochi anni quel "nanetto" (non era alto neanche 1,70) ha completamente ribaltato la situazione.

In 7 anni all'ombra del San Paolo gli azzurri mettono in bacheca 2 campionati, 1 Coppa Italia, 1 Supercoppa Italia e 1 Coppa UEFA. Chiunque si sia trovato davanti Maradona sapeva che avrebbe avuto vita difficile, se non impossibile, perché chiunque lo abbia visto giocare era a conoscenza del fatto che da quel piede sinistro sarebbe uscito qualcosa di magico. Avere di fronte Maradona era come sentirsi già sconfitti in partenza. Magari non era alto ma come prendeva il pallone spariva con esso. Non aveva un tiro potente? Non importa, perché era preciso alla perfezione.

Maradona aveva dentro di sé qualcosa che non poteva essere insegnato. Qualcosa che gli avrebbe consentito sicuramente di vincere molto di più se non fosse stato per le cattive situazioni in cui si è trovato nel corso della vita. Una vita dedicata ad una sola cosa: il calcio. Una vita spezzata quel 25 novembre di 5 anni fa. Quel giorno ha pianto Napoli e tutto il mondo.