derbyderbyderby calcio estero Esclusiva – Annese, nuovo CT dell’Afghanistan: “Qui c’è gran potenziale, voglio che tutta l’Asia parli di noi”

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Esclusiva – Annese, nuovo CT dell’Afghanistan: “Qui c’è gran potenziale, voglio che tutta l’Asia parli di noi”

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Il giro del mondo in un'intervista: con Vincenzo Annese abbiamo parlato di calcio a diverse latitudini, fino ad arrivare al suo nuovo incarico di CT dell'Afghanistan.
Lorenzo Maria Napolitano
Lorenzo Maria Napolitano

Vincenzo Annese, nato a Molfetta, ha lo sguardo di chi ha attraversato confini non solo geografici ma anche culturali e sportivi. È un vero e proprio conquistatore di mondi calcistici, un Magellano del pallone nella nostra generazione: ha solcato gli oceani del football globale, portando idee, disciplina e vittorie in ogni angolo del pianeta, ma non semplicemente esportando la tradizione italiana, piuttosto proponendo una vera e propria avanguardia; dalle terre calde del Ghana, passando per la Palestina, l'Armenia, il Kosovo, l'India, il Nepal, Belize e tanto altro ancora, Annese è stato annunciato qualche mese fa come nuovo Commissario Tecnico dell'Afghanistan.

Un incarico complesso, ma anche una sfida affascinante. In perfetta linea con il suo spirito. Noi di DerbyDerbyDerby abbiamo avuto il piacere di intervistare Annese in esclusiva, per farci raccontare la sua visione, il suo percorso, ma soprattutto la missione che lo attende.

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A tu per tu con Vincenzo Annese

Hai visto il Mondiale per Club? l'Al-Hilal ha stupito, portando in alto la bandiera del calcio arabo. Come vedi questo nuovo movimento?

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"Loro attirano parecchio, come abbiamo visto anche con i calciatori della nostra Nazionale. Sono davvero tanti soldi che fanno girare l'economia. Il mercato arabo fa gola a chiunque: vedi anche Pioli che ha scelto di allenare lì per un periodo, o Inzaghi che è arrivato da poco. Vengono attratti dai soldi. Il campionato arabo sta migliorando molto, come abbiamo potuto vedere anche al Mondiale; credo che lasci qualcosa di aperto anche per il futuro. Non penso sarà una meteora, com'è stata la Cina ad esempio, che ha aperto i rubinetti e li ha chiusi negli anni seguenti. Nella Saudi Pro-League si vedono progetti davvero importanti ed hanno patrimoni immensi. Sarà un campionato sempre più avvincente e dotato di tecnologia, staff, calciatori sempre più importanti. Sarà un campionato che farà gola a tutti, anche a me stesso un giorno, perché no?".

Restiamo in Asia, dove hai allenato e vinto tanto tra Nepal, Indonesia e India. Soprattutto l'India, dove hai ottenuto due successi di fila nella L-League con il Gokulam Kerala, primi trofei della storia del club tra l'altro. Quando sei arrivato lì, qual è la prima cosa che hai "sistemato" in campo?

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"Quando sono arrivato in India (nel 2020, ndr) non ci stava differenza tra squadre di Serie A e Serie B, bensì tra squadre private e squadre statali. La mia era una squadra statale. Il mio lavoro s'è basato tanto sulla cura dei particolari: anche l'alimentazione e la selezione dei giocatori mi ha portato a fare la differenza. Ho scelto bene, selezionato bene e fatto un buon lavoro con tutto lo staff. La differenza è stata nei minimi dettagli dall'aggressione alta, a cui loro non erano abituati, anche al modo di gestire l'allenamento. Avevo la possibilità di far vedere il giorno seguente gli errori commessi il giorno prima, è stata una chicca che secondo me ha portato tanti risultati. Anche a questo non erano abituati. Abbiamo fatto vincere una squadra sconosciuta nel panorama asiatico, perché poi abbiamo giocato la Coppa d'Asia e l'abbiamo anche presentata l'anno dopo, facendo buoni risultati. Mi sono saputo ambientare molto alla richiesta del campionato, così ho vinto e battuto record".

 

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Sfogliando il tuo palmares hai vinto anche in Ghana e Palestina, luoghi parecchio diversi tra loro. Cosa ti hanno lasciato dal punto di vista calcistico?

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"In Ghana ho giocato con il 4-2-3-1, modulo adattato alla prima punta. Il nostro centravanti era fortissimo, Ahmed Touré: è stato accostante molte volte anche a squadre importanti del campionato belga. Il numero 10 poi era davvero bravo, è entrato anche nel giro della Nazionale. È stato un po' sfortunato ma era davvero forte: veniva a ridosso del centrocampo, faceva raddoppi, creava superiorità, aveva un dribbling... Si chiama Hamza Mohammed, creavamo molte situazioni su palloni portati da lui alla nostra prima punta. Mentre in Palestina facevo tutt'altro, era più un gioco di squadra, sempre a due tocchi, in Ghana era più difficile una cosa del genere perché lì è la fantasia che fa la differenza. In Ghana erano molto più talentuosi. Tre dei miei giocatori hanno anche raggiunto la Nazionale. Qualcuno anche in Palestina, ma era un calcio diverso. Con Ahli Al-Khalil (squadra palestinese) portavamo in zona gol 4-5 uomini, mentre con il Bechem United facevano la differenza soprattutto i singoli".

Dove hai trovato la realtà più difficile da capire, come uomo e come allenatore?

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"Ho trovato molta difficoltà nel campionato del Kosovo, perché volevo cambiare presidente, ci stavano troppe organizzazioni non adatte al mio modo di vedere la squadra e troppa confusione in società. Troppi giocatori che andavano e venivano, poi ho rifatto la squadra ma è andata male come esperienza, perché non ci stava una base societaria solida. Avevo fatto una squadra con tanti nazionali venezuelani forti, però è stata cancellata come idea perché ne avevano altre e c’è stato subito un cambio di proprietà. Quindi li ho avuto difficoltà a gestire umanamente i rapporti".

Il successo in certi contesti non è solo la vittoria, ma lasciare qualcosa che prima non c'era. Qual è la cosa più importante che pensi di aver lasciato in uno dei Paesi in cui hai lavorato?

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"Personalmente in Indonesia non ho vinto alcun titolo ma ho lasciato tantissimo al campionato, tant'è che sono stato richiamato, con me anche Ruud Gullit. Con il Psis Semarang ho fatto bene, ma ho avuto un importante riconoscimento proprio a livello nazionale. Avevamo un modo diverso di giocare: portavamo tanti giocatori in attacco, pressavamo alto; i miei predecessori erano spagnoli, brasiliani, non tutti prendevano questo rischio, io invece lo facevo ogni partita, tutti i tifosi indonesiani apprezzavano questo stile di gioco. Ovunque giocavamo c'erano 70 mila tifosi. Il mio lavoro era riconosciuto, ero un allenatore molto gradito da parte della tifoseria".

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Sul nuovo incarico come CT dell'Afghanistan

Spieghiamo la rappresentativa calcistica dell'Afghanistan, che tipo di realtà è?

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"L'Afghanistan ha un grandissimo potenziale, ho accettato l'incarico solo per questo. Con loro mi sarei riuscito a mettere subito in mostra. In Afghanistan ci sono giocatori importantissimi: chi gioca in Europa, chi nella massima serie araba... Tanta roba! Credo che la Nazionale sarà sempre più rappresentata da calciatori a carattere europeo. I giocatori afghani sono tradizionalmente molto fisici, non hanno un gioco tattico evoluto perché hanno avuto un passato di allenatori non di scuola europea, anche se c'è stato un inglese, un tedesco. Voglio portare a questa nazionale una disciplina tattica, un gioco a due tocchi, nonostante non siano abituati. Sono un po' acerbi per quanto riguarda il gioco di squadra, saper soffrire nei momenti difficili, ma eccellono per quanto riguarda l'agonismo sportivo. Lavoreremo anche sul fattore mentale, perché è importante saper rallentare e usare la testa in certe situazioni".

Avete recentemente giocato contro la Siria per le Qualificazioni alla prossima Coppa d'Asia e tra poco partirà la Cafa Nations Cup: che obiettivi ti poni?

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"Purtroppo non siamo riusciti a fare punti (è terminata 0-1, ndr). In realtà non ho visto tanta differenza tra i nostri giocatori e quelli della Siria. Dobbiamo fare pressing tutti insieme, bisogna lavorare costantemente e spero che nel prossimo torneo faremo meglio. Dobbiamo dare qualcosa in più ai nostri tifosi, un calcio propositivo che piace, voglio che tutta l'Asia parli dell'Afghanistan. Il 29 giocheremo nella Cafa contro l'Iran, ma nel nostro girone ci sono anche Tajikistan e Malaysia, nazionali fortissime con un ranking migliore del nostro, ma daremo filo da torcere e cercheremo la qualificazione. Giocheremo ogni partita come una finale. Obiettivi? Non me ne pongo, sono un vincente, voglio vincere ogni partita".

 

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