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San Paolo, Brasile. Le strade si svuotano, le televisioni si accendono, tutte sintonizzate su un campo verde. La città trattiene il respiro, l’aria si fa elettrica. Serata di derby. Ma non un derby qualsiasi: è Corinthians-Palmeiras, il nono classico più grande al mondo secondo la CNN, e il secondo più importante del Brasile. Una sfida che ha spesso deciso titoli statali, regionali, nazionali e perfino la Copa Libertadores.
Signore e signori, vi presentiamo il Derby Paulista. La rivalità storica che infiamma San Paolo.
La rivalità tra i bianconeri del Parque São Jorge e i biancoverdi del Barra Funda è antica quanto i club stessi. Entrambi con radici operaie, si racconta che all’inizio del Novecento Corinthians e Palmeiras si fossero persino alleati contro l’élite che dominava il calcio brasiliano. Ma avere un nemico comune non significa necessariamente essere amici.
Nel corso della loro storia, le due squadre si sono affrontate 385 volte, con un bilancio sorprendentemente equilibrato: 131 vittorie per il Corinthians, 136 per il Palmeiras.
Tutto ebbe inizio il 6 maggio 1917, allo Stadio Palestra Italia: i padroni di casa sconfissero gli Alvinegros, freschi campioni paulisti, con un secco 3-0, tutto firmato da Caetano. Il Corinthians si sarebbe preso la rivincita quasi due anni dopo, il 3 maggio 1919, curiosamente con lo stesso punteggio.
Remi, vele, ancora e timone: i simboli che compaiono nello stemma del Corinthians – disegnato dal litografo Hermógenes Barbuy, fratello del giocatore Amilcar – appartengono al mare. Così come il soprannome della squadra: Timão, ovvero il timone. Ma siamo ben lontani da divise bianche, pontili tirati a lucido e Yacht Club esclusivi: l’immaginario del Corinthians si rifà al legno grezzo e incrostato delle caravelle portoghesi e dei galeoni pirata, capaci di sfidare tempeste e secche.
Fondato nel 1910 da un gruppo di operai convinti che il calcio non dovesse essere solo un passatempo per ricchi, il Corinthians fu la prima vera squadra popolare di San Paolo. Persino i suoi colori raccontano una storia proletaria: il nero dei pantaloncini c’era fin dall’inizio, ma le maglie, originariamente color crema, lavaggio dopo lavaggio sono diventate bianche. Così è nato il bianconero corinthiano: forse non nuovo di zecca, ma sempre pulito. Gli Alvinegros Paulistas non dimenticano da dove vengono: non a caso, la loro mascotte è un moschettiere, simbolo di coraggio, onore e lealtà.
Con circa 28 milioni di tifosi, il Corinthians è oggi la seconda squadra più amata del Brasile dopo il Flamengo. La sua torcida, una delle più grandi e appassionate del Paese, è celebre per il sostegno incondizionato e la capacità di trasformare ogni partita in uno spettacolo. I più famosi sono i Gaviões da Fiel (Falchi della Fede), il più grande gruppo organizzato di tifosi, nato come costola del carnevale e divenuto anche una scuola di samba del quartiere Bom Retiro. Noti per episodi di violenza, ma anche per iniziative di solidarietà, i Gaviões distribuiscono cibo ai senzatetto e non si tirano indietro quando c’è da prendere posizione politicamente.
Tra i grandi nomi passati dal Timão, spiccano Sócrates, Rivaldo, Roberto Carlos, Adriano, Dida e perfino Ronaldo al suo canto del cigno. Tra i tifosi più celebri, c’è il presidente Lula.
Anche il Palmeiras ha un’anima proletaria. Fondato il 26 agosto 1914 da immigrati italiani ispirati dalla tournée brasiliana di Torino e Pro Vercelli, il nome originario era Palestra Italia – e il verbale di fondazione era scritto proprio in italiano. Il legame con il Belpaese rimase stretto fino al 1942, quando, con l’ingresso del Brasile nella Seconda guerra mondiale al fianco degli Alleati, il club cambiò nome e divenne Sociedade Esportiva Palmeiras.
I suoi colori sono il verde e il bianco: da qui il soprannome storico Verdão (il Verdone), e la mascotte ufficiale Periquito, un pappagallo verde. Negli anni '80, però, i tifosi del Corinthians iniziarono a chiamare quelli del Palmeiras "maiali", un insulto legato alle origini rurali del club e ad atteggiamenti di scarso fair play, spesso sottolineando il concetto con striscioni con la scritta "porcos". Ma lo sfottò si è trasformato in un punto d’orgoglio: oggi il maiale è la seconda mascotte ufficiale della squadra. Si chiama Gobatto, e ormai partecipa ai video prepartita e siede sugli spalti, dove i tifosi sfoggiano con fierezza maschere, bandiere e cori a tema.
Sul logo del club campeggia uno scudo con la P di Palmeiras e di San Paolo, come a voler ricordare a tutti chi comanda in città. E in effetti, il palmares parla chiaro: il Palmeiras è l’unico club ad aver vinto almeno una volta tutte le competizioni nazionali. In bacheca brillano tre Coppe Libertadores (1999, 2020, 2021), una Recopa Sudamericana (2022) e il prestigioso Torneo Internazionale dei Club Campioni del 1951, che la FIFA riconosce come antesignano della Coppa Intercontinenale e, di fatto del Mondiale per Club.
Con circa 16 milioni di tifosi in tutto il Brasile, il Palmeiras vanta anche la tifoseria organizzata più antica del paese: la Torcida Uniformizada do Palmeiras (TUP), fondata nel 1970. Negli ultimi anni, il gruppo ha riallacciato i rapporti con la Pro Vercelli, che ha omaggiato il club brasiliano realizzando una terza maglia in “verde Palmeiras”.
Nel corso della sua storia, il club ha visto sfilare grandi nomi: i campioni del mondo Djalma Santos e Vavá, rispettivamente nel 1958 e nel 1962, e quelli del 2002, Roberto Carlos, Cafu e Rivaldo – quest’ultimo anche Pallone d’Oro nel 1999. In panchina si sono seduti Luiz Felipe Scolari e Wanderlei Luxemburgo, che avrebbero poi allenato anche la Seleção.
Insomma, Verdão e Timão non si affrontano solo in campo, ma nella memoria collettiva di un intero paese. Non è solo una partita, è il Derby Paulista: l’anima di San Paolo, una sfida che divide quartieri, famiglie e generazioni.
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