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Da Steven Gerrard a Dixie Dean, da Wayne Rooney a Mohamed Salah: il calcio tra Liverpool ed Everton è fatto di leggende. E domani sera se ne scriverà una nuova pagina.
È tutto pronto ad Anfield: domani alle 21 (ora italiana) il Liverpool ospita l’Everton per la 30ª giornata di Premier League. Reds contro Toffees: è il Merseyside Derby, in cui le due anime della città si fronteggiano. Da un lato, il club abituato a dominare l’Europa, ad alzare trofei e a incantare tutti con il suo gioco spettacolare. Dall’altro, il volto operaio del calcio inglese, una squadra forgiata dal duro lavoro, dalla fedeltà e dall’orgoglio.
Ci sono club che vivono di trofei, altri di tradizione. Il Liverpool vive di entrambe le cose. Con una bacheca europea da far invidia a chiunque, i Reds hanno scritto la storia del calcio grazie a giocatori e allenatori leggendari. Ecco chi ha reso Anfield un tempio del pallone.
Se il Liverpool è quello che è oggi, lo deve a Bill Shankly. Quando andò a sedersi in panchina, nel 1959, il club annaspava in Second Division. Lui lo trasformò in una macchina da guerra. Carisma da leader, battute taglienti e un’idea di gioco basata sulla dedizione assoluta: Shankly non allenava solo una squadra, costruiva una mentalità. Alla domanda se il calcio fosse una questione di vita o di morte, rispose: "No, è molto più importante."
Con Shankly non si scherzava. Fu lui a introdurre il celebre motto This is Anfield per intimidire gli avversari. E a giudicare dai risultati, funzionava eccome.
Se esistesse un Oscar per il “Maggior numero di volte in cui un giocatore ha salvato la propria squadra”, Steven Gerrard ne avrebbe la mensola piena. Il suo nome è sinonimo di Liverpool, in nome di questo legame ha rifiutato offerte faraoniche (ne sa qualcosa José Mourinho) pur di restare l’anima dei Reds.
Il suo capolavoro è sicuramente la finale di Champions del 2005 a Istanbul: all’intervallo, il Liverpool è sotto 3-0 contro il Milan; poi succede la magia: Gerrard segna di testa, incita i tifosi, e guida la rimonta più incredibile della storia. E alla fine, alza la coppa sotto la pioggia.
Ma il calcio sa essere spietato. Nel 2014, quando il Liverpool sembra finalmente destinato a vincere la Premier dopo 24 anni, un suo scivolone fatale contro il Chelsea apre la strada alla beffa.
Non è ancora nella Hall of Fame definitiva, ma Salah è il volto del Liverpool del nuovo millennio. Gol a raffica, record infranti e un’intesa con Anfield che sa di predestinazione. Con i Reds ha riscritto la storia, superando persino Steven Gerrard nella classifica dei marcatori di Champions con questa maglia.
E la sua leggenda è ancora tutta da scrivere.
Se il Liverpool è sinonimo di trofei europei e notti di gloria, l’Everton è l’anima del calcio operaio. Uno dei club più antichi e rispettati d’Inghilterra, i Toffees hanno costruito una tradizione fatta di talento, fedeltà e passione. Magari ha meno titoli internazionali rispetto ai cugini Reds, ma anche una storia che pochi altri possono vantare.
Ecco le leggende che hanno reso l’Everton un club da rispettare e amare.
Se esiste una leggenda assoluta nel calcio inglese, è William Ralph "Dixie" Dean. Segnare 60 gol in una sola stagione di campionato (1927-28) non è cosa da comuni mortali, e infatti nessuno ci è mai più riuscito. Dean era un attaccante implacabile, devastante nel gioco aereo e un cecchino in area di rigore.
Quando gli dissero che quel record non sarebbe mai stato battuto, rispose: "Se qualcuno ci riuscirà, stringetegli la mano. Perché sarà un uomo migliore di me."
Il record è ancora in piedi.
Da giocatore, Kendall era il faro del centrocampo dell’Everton campione d’Inghilterra nel 1969-70. Da allenatore, portò i Toffees ai vertici del calcio inglese negli anni ‘80, vincendo due campionati, una FA Cup e la Coppa delle Coppe nel 1985.
Dopo quella vittoria europea, Kendall dichiarò: "Questa squadra avrebbe potuto vincere la Coppa dei Campioni, se solo ce l’avessero permesso". Purtroppo, la tragedia dell’Heysel e il conseguente bando imposto ai club inglesi impedirono all’Everton di giocarsi l’Europa. Ma quella squadra era una macchina da guerra.
Rooney è uno dei pochi giocatori ad aver segnato nella storia recente con entrambe le squadre di Liverpool, ma l’Everton è sempre stata la sua casa.
Esploso a soli 16 anni con un gol incredibile contro l’Arsenal, lasciò Goodison Park per il Manchester United, dove diventò una leggenda. Ma il richiamo di casa era troppo forte: nel 2017 tornò a vestire la maglia dei Toffees e, a 32 anni, ricordò a tutti di che pasta era fatto con un gol da centrocampo contro il West Ham.
Un talento purissimo, cresciuto all’ombra di Goodison Park.
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