Una vita di corsa, dai campi di provincia fino alle notti europee. Manuel Belleri incarnava l'essenza del terzino infaticabile: polmoni d'acciaio e la tenacia di chi conquista la Serie A metro dopo metro. Un difensore capace di trasformare il sacrificio in arte, unendo disciplina tattica e una dedizione assoluta alla maglia. Oggi, quella stessa passione silenziosa è diventata una missione educativa a Tokyo.
ESCLUSIVA
ESCLUSIVA – Belleri: “Sarri bravo a non trovare alibi. Vi racconto la nuova vita in Giappone con il Milan”
Cresciuto nel Lumezzane, Belleri ha vissuto tappe fondamentali della nostra Serie A, legando il suo nome a piazze storiche. È stato tra gli artefici della splendida promozione dell’Empoli nel 2002, ha vestito la maglia dell’Udinese contribuendo alla storica qualificazione in Champions League, fino ad approdare alla Lazio, dove ha collezionato oltre 50 presenze vivendo l’atmosfera unica dell’Olimpico. Nella sua carriera vanta anche il passaggio in club prestigiosi come il Milan e il Lecce.
Ma la sua storia non si ferma sul campo. Da oltre dieci anni, Belleri ha intrapreso una sfida affascinante e controcorrente: si è trasferito in Giappone, diventando il Direttore Tecnico della Milan Academy di Tokyo. Oggi è un punto di riferimento per la formazione dei giovani talenti nel Sol Levante, fungendo da vero e proprio ponte culturale e sportivo tra l’Italia e l’Asia. Insieme a lui abbiamo analizzato il momento della Lazio, i segreti della Serie B e scopriremo com'è la vita di un professionista italiano a Tokyo.
Il momento della Lazio
—Considerando l'attuale percorso della Lazio, che idea ti sei fatto della solidità di questa squadra? Credi che l'obiettivo della zona Europa sia alla portata della rosa attuale o la chiusura del mercato ha influito troppo?
"Credo che Sarri stia facendo un ottimo lavoro. Con i giocatori che ha a disposizione, sta facendo un grande cammino in campionato e può raggiungere un piazzamento europeo. Logicamente, con il mercato bloccato, non è riuscito a sistemare alcune piccole situazioni che probabilmente aveva in mente per rinforzare un po' la rosa. Tuttavia, come ho sempre pensato e nonostante si sia presentata questa situazione, lui è stato molto bravo a non creare alibi. Pur sapendo che si tratta effettivamente di una grande difficoltà, non ha cercato scuse né per la squadra né per sé stesso. I risultati sul campo si stanno vedendo, sperando che a gennaio si possa intervenire sul mercato per rinforzare la rosa."
Il rapporto tra la presidenza Lotito e la tifoseria è da anni un tema centrale a Roma. Dal tuo osservatorio, come percepisci l'attuale clima societario e quanto pensi che la tensione con la piazza stia influenzando il rendimento in campo?
"Si tratta certamente di una questione che si trascina da anni e che non si è mai risolta del tutto. Non credo che questa situazione abbia influito più di tanto: i vari allenatori e i loro staff sono sempre riusciti a isolare la squadra dalle tensioni esterne. I tifosi hanno sempre manifestato il loro calore sul campo, restando molto vicini ai giocatori; questo ha permesso di tenere distanti le due situazioni. Il malcontento nei confronti della società è un qualcosa che dura da moltissimo tempo, ma dal mio punto di vista non ha condizionato l'andamento o il percorso della squadra."
C’è un giocatore di questa Serie A che ti ha colpito particolarmente? E soprattutto, c’è un giocatore che ricorda il te calciatore?
"Il talento che più mi ha colpito, seppur sia già nel giro di grandi club come il Real Madrid, è sicuramente Nico Paz. Credo che in pochi conoscessero il suo nome quando arrivò in Italia, ma sta dimostrando grandi cose. Nonostante sia molto giovane, si muove bene in campo e gioca con l'esperienza di un veterano, spesso con giocate che sono decisive. A Como sta disputando un altro ottimo campionato e credo abbia un grande futuro davanti a sè.

Un giocatore che potrebbe somigliarmi, restando in ambito Lazio, è Lazzari. Apprezzo il suo stile e il suo modo di stare in campo. Forse io avevo caratteristiche un po' più difensive rispetto a lui, che ha una propensione maggiore alla spinta offensiva, ma è il profilo che più mi si avvicina tra quelli attualmente in rosa, ed è un confronto che mi piace fare."
L'esperienza in Serie B
—Nella stagione 2001/2002 sei stato protagonista della promozione in A con l'Empoli. Guardando la bagarre di questa stagione in Serie B, quanto è difficile imporsi in un campionato storicamente lunghissimo e livellato?
E' un campionato molto lungo. In modo particolare, si decide effettivamente tra marzo e aprile; il periodo cruciale è quello, perché il campionato dura tantissimo e ci sono molte partite. Credo che il Monza, a vederlo giocare, abbia effettivamente qualcosa in più: è appena sceso dalla Serie A e possiede qualità importanti per risalire subito. Anche il Frosinone sta facendo molto bene. Non per caso sono le due squadre che in questo momento si trovano ai vertici della Serie B. Credo che siano formazioni importanti e se la giocheranno fino alla fine, anche se il Monza, anche a livello tecnico, ha qualcosa di nettamente superiore rispetto alle altre squadre in questo momento."
L'avventura in Giappone
—Com'è nata l'opportunità di trasferirti in Giappone per gestire la scuola calcio del Milan e, a livello tecnico e metodologico, quali sono le particolarità più interessanti che hai riscontrato nel calcio giovanile giapponese rispetto a quello italiano?
"Per quanto riguarda la mia avventura in Giappone, è nata dalla voglia di andare all'estero a provare questa esperienza. Volevo avere un'academy a Miami perché sono stato là e ho vissuto un po' di tempo là: Poi, un mio caro amico che lavorava nel Milan, Silvio Broli, mi ha detto: 'Guarda, purtroppo lì non apriamo, apriamo a Tokyo. Ed era dalla parte opposta di quello che avevo in mente io. Ho provato ad andare un paio di settimane ed è stato qualcosa di meraviglioso. Quindi, nel momento in cui sono tornato, ho dato la mia disponibilità ed è nata questa opportunità, che mi ha anche permesso di imparare l'inglese e il giapponese".
"È stata un'avventura bellissima per quanto riguarda le metodologie dell'allenamento. Queste fanno parte della cultura giapponese, ovvero essere molto schematici nel fare le cose e molto ripetitivi; quindi a livello tecnico sono giocatori molto bravi perché fanno un gesto tecnico anche mille volte. Se tu glielo chiedi mille volte, loro lo fanno mille volte e non ti diranno mai di no.
Quello che manca a volte è l'inventiva personale, cioè trovare delle soluzioni proprie, perché sono sempre stati abituati ad avere degli input per risolvere le varie problematiche. Quindi a volte il gradino da fare rispetto ai giocatori italiani, soprattutto nel settore giovanile, è questo. A livello tecnico sono molto preparati, però a volte hanno qualche ostacolo per quanto riguarda trovare la soluzione di alcuni problemi o nell'inventare qualcosa che non gli venga già proposto."

Manuel Belleri con i ragazzi della Milan Academy di Tokyo
Oltre all'aspetto professionale, come ti trovi a vivere a Tokyo? Qual è stata la sfida culturale più grande che hai dovuto affrontare e cosa ti regala, a livello umano, il tuo lavoro quotidiano con i giovani calciatori giapponesi?
"Per quanto riguarda la vita in Asia, è una vita totalmente diversa rispetto a quella che abbiamo qua. Tokyo è una città meravigliosa, che ti regala tantissimo, è una metropoli fantastica. Di notte conta 12 o 13 milioni di persone e di giorno arriva quasi a 25, quindi è qualcosa di bellissimo da vedere e da provare una volta nella vita, perché nessuno può immaginare quello che succede a volte durante il giorno. Sono due culture totalmente diverse e, come dicevo prima, riuscire a cambiare il modo di ragionare e di pensare, soprattutto nelle persone che hanno un po' più di esperienza, è molto difficile. È più facile, purtroppo, che loro impongano la propria cultura, giustamente anche perché si trovano lì, ma l'obiettivo di queste academy e di queste società è riuscire a trasmettere quella che è la filosofia che usiamo in Italia. A volte la battaglia vera è proprio questa: riuscire a far cambiare un po' la mentalità, soprattutto nel lavoro, e imporre la nostra cultura, considerando che loro conoscono già la propria e ragionano già in quel modo. La cosa più complicata è proprio questa: riuscire a imporsi per cercare di far capire loro quello che vorremmo fare a livello calcistico."
Le ambizioni future
—Dopo questa lunga e proficua esperienza all'estero, quali sono le tue ambizioni future? Ti vedi ancora per molto tempo come ambasciatore del calcio italiano in Giappone o senti il richiamo dell'Italia per una nuova sfida tecnica o dirigenziale?
"Per quanto riguarda il mio futuro, sono molto sincero: questa è stata un'esperienza bellissima, fatta con le academy e a Tokyo. Mi piacerebbe tantissimo entrare nello staff di un allenatore: ho qualche amico che in questo momento sta già facendo il suo percorso come allenatore. Sento spesso Simone Inzaghi, che è una carissima persona: abbiamo giocato insieme al Lumezzane, alla Lazio e all'Atalanta. Mi piacerebbe tantissimo avere la possibilità di lavorare o collaborare con lui, per far vedere quello che ho imparato in questi otto o nove anni.

Ho fatto, tra virgolette, un sacrificio allontanandomi dal mio paese per tanto tempo. Mi piacerebbe quindi riuscire a mostrare quelle che sono le mie qualità nello staff tecnico di un allenatore importante, anche per capire se si è all'altezza di fare certe cose o se si ha bisogno ancora di imparare tanto. Mi vedo quindi, se posso permettermi, nello staff di qualche allenatore per poter contribuire alla crescita di un gruppo squadra."
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