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Penultima in classifica con soli 10 punti in 14 giornate, la stagione della Sampdoria è partita nel peggiore dei modi. La vittoria sulla Juve Stabia sembrava poter dare la giusta carica alla squadra, ma la sconfitta con lo Spezia ha detto tutt'altro. Lo scontro diretto era fondamentale per gli uomini di Angelo Gregucci, i quali sono però mancati all'appuntamento. Per analizzare il periodo dei blucerchiati, Daniele Gastaldello si è concesso ai microfoni di DDD.
In vista di Sampdoria-Carrarese, l'ex capitano doriano ha raccontato quello che secondo lui è necessario che la squadra faccia per ritrovare la giusta strada. Con Gastaldello abbiamo poi parlato del suo passato blucerchiato, dove rimase per ben 8 stagioni, vivendo emozioni più diverse tra loro. Anche dopo aver lasciato Genova, la passione per la Sampdoria e per la città non se ne sono mai andate. Non solo quindi da ex calciatore, ma anche da tifoso dei blucerchiati, Gastaldello ha quindi analizzato l'inizio di stagione, condendo il tutto con ricordi personali. Parlandoci, è emersa una grande persona, follemente innamorata del calcio e in cui tornerebbe appena possibile come allenatore.
La Sampdoria sembra non riuscire a uscire da una situazione molto difficile e pericolosa. Dopo la rocambolesca salvezza dell'anno scorso ci si aspettava una reazione che però non è arrivata. Cosa succede?
"L'unica cosa che mi sento di dire è che mi dispiace. Sono molto legato a questi colori e vederli in questa situazione così a lungo fa male. Ero convinto che la lezione dell'anno scorso potesse portare degli insegnamenti, ma evidentemente non è andata così.
Il percorso tra casa e trasferta è nettamente diverso quest'anno. 8 dei 10 punti sono stati raccolti a Marassi. È però possibile che i giocatori sentano troppa pressione davanti al proprio pubblico?
"Il popolo sampdoriano durante la partita spinge sempre. Non si mette a fischiare dal primo minuto o aspetta il primo errore per farlo pesare. Poi ovviamente a fine partita, in base a quello che ha visto, agisce di conseguenza. Per me è sbagliato pensare che durante la partita ci sia un peso eccessivo in questo senso. Poi si può dire che la maglia della Sampdoria possa pesare tanto anche per il maggior peso mediatico, ma chi firma sa benissimo a cosa va incontro.
In trasferta ha fatto male, è vero, ma per capire cosa non va bisogna guardare la situazione dall'interno. Da fuori il problema non lo puoi trovare. A me dispiace che ci sia una divisione molto netta tra ambiente e società/squadra. La simbiosi tra le due parti è sempre stato il punto di forza del club in passato e questa mancanza la avverto da parecchio tempo e mi dispiace tantissimo. Innanzitutto è necessario ricucire questa frattura".
Un altro grande problema è l'attacco. Peggiore in campionato, eppure la qualità davanti c'è se consideriamo Coda, Pafundi e Cherubini.
"In questo momento c'entra poco la qualità dei singoli. È inutile soffermarsi sulla scheda del giocatore. Ora non conta niente. Avendo giocato e allenato in Serie B posso dire con certezza che la parte tecnica fa la differenza solo se il gruppo è unito e tutti remano dalla stessa parte. E di esempi ce ne sono parecchi in questo senso: la Salernitana dell'anno scorso, Sampdoria e Spezia di quest'anno. Servono giocatori uniti, tra di loro e con l'ambiente. In Serie B senza tutto questo fai fatica perché trovi magari squadre inferiori qualitativamente, ma unite e che vanno meglio.
Questa è la grande differenza tra Serie A e B. Nella massima categoria quasi sempre chi è in fondo alla classifica è la squadra che ha meno qualità delle altre. Poi può capitare un caso Fiorentina come quest'anno, ma è molto raro. In Serie B non è così. In fondo ci può stare spesso anche chi meriterebbe di stare molto più in alto. Per questo motivo, tornando alla Sampdoria, è fondamentale ritrovare unità d'intenti. La scelta dello staff tecnico va in questa direzione, perché si è voluto dare la squadra a chi conosce l'ambiente e ha a cuore i blucerchiati".
In otto stagioni in blucerchiato hai vissuto momenti molto diversi tra loro. Una delle stagioni più inspiegabili è quella del 2010/11, cominciata con i preliminari di Champions League e finita con la retrocessione. Che ricordo hai?
"Un ricordo molto brutto. Abbiamo fatto un anno disastroso tutti, perché non è solo un problema che dà origine a tutto. In quell'anno abbiamo avuto cessioni importanti, con Cassano e Pazzini entrambi via a gennaio. Giocatori che per noi erano fondamentali. Sempre in quell'anno morì Carlo Garrone, quindi ci fu il passaggio societario da padre a figlio. Sono tanti fattori che influenzano le annate. I calciatori sono uomini, va ricordato. Se nell'ambiente, nel contesto, qualcosa non va, ciò influisce sui giocatori. Non sono delle macchine, ma hanno anche loro un lato umano. Di quel campionato il momento più brutto fu l'ultima partita in casa con il Palermo. Facemmo di tutto per cambiare l'esito finale, senza però riuscirci".
Passiamo invece al bello di quegli anni. Quali sono i ricordi migliori di Genova città e della Sampdoria?
"Ricordi belli sono tanti fortunatamente. I derby vinti, la cavalcata verso la Champions League e la finale di Coppa Italia, anche se persa. Aver portato più di ventimila sampdoriani a Roma è un motivo d'orgoglio. La Sampdoria per me, a livello sportivo, è stata tutto. Ho vissuto ogni tipo di emozione e ho toccato l'apice della mia carriera raggiungendo anche la Nazionale. Per quanto riguarda la città, non conoscevo Genova e ammetto che all'inizio è stato difficile abituarsi a una città di mare, arrivando da tutt'altro contesto. Poi però una volta che ci si abitua si vive molto bene. Mantengo tutt'ora molte amicizie lì e torno sempre molto volentieri".
Tornando al presente, in questi giorni si è discusso tanto del fallo di mano di Pavlovic. Da ex difensore, qual è la tua opinione su quanto successo? I difensori sono sempre più penalizzati al giorno d'oggi?
"La mano di Pavlovic non può essere punibile. Il braccio del giocatore segue un movimento spontaneo del corpo e la pallonata gli arriva da mezzo metro. Non si può giocare a calcio con le mani dietro la schiena. Se il giocatore non ha il tempo di togliere la mano, per me non è mai fallo. E non è assolutamente fallo quello fischiato a Marusic, altrimenti ogni contatto in area è punibile. C'è troppa confusione. Il Var è molto importante, io sono favorevole al suo utilizzo, ma per le cose oggettive. Mi sembra che si stia sempre più togliendo responsabilità agli arbitri. Non decidono più.
Se si vanno a vedere i contatti minimi in area, sullo schermo possono sembrare fallo quando in realtà sono minimi appunto. Non basta per esempio una maglietta tirata per essere fallo, ma bisogna valutare l'intensità. Il gioco del calcio è un gioco di contatto. Un altro che non dovrebbe essere fischiato è quando l'attaccante mette furbescamente il piede davanti a quello del difensore che sta spazzando. Un conto è se è in netto anticipo, ma se mette solo la gamba senza essere in possesso della palla non può essere fallo per lui, al massimo è il contrario. Su questi mezzi falli sono arbitri e assistenti a dover valutare l'intensità e decidere. Per chi simula colpi in faccia o altro, invece, bisognerebbe iniziare a punire con il rosso. Il calciatore ne approfitta se vede che il trucchetto funziona. Se si iniziassero a espellere smetterebbero subito. Chi vuole fregare l'arbitro merita il rosso diretto".
Diffondere valori, sportività nel calcio è proprio l'obiettivo della Academy Siena da te fondata a inizio anno. In estate si è tenuto il primo camp per ragazzi ed è in partenza tra pochi giorni quello invernale. Come sta andando? Ora ti vuoi dedicare solo a questo?
"Mi sto divertendo moltissimo. È un progetto nato con amici con l'obiettivo di diffondere i valori giusti ai giovani: i valori del divertimento, quelli umani e del giocare insieme il più possibile. Adesso mi sto dedicando a questo, ma quello che voglio davvero fare in futuro è allenare. È una cosa che mi manca. Quando ho iniziato mi divertivo moltissimo sia che si trattasse di primo allenatore sia di assistente. Per me è uguale perché ciò che mi interessa è stare sul campo. Amo farlo e spero di riavere l'occasione di poterlo fare il prima possibile".
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