derbyderbyderby calcio italiano ESCLUSIVA – Luìs Oliveira: “La Fiorentina rischia grosso. Il Como? Presto lo vedremo in Champions”
IL RACCONTO

ESCLUSIVA – Luìs Oliveira: “La Fiorentina rischia grosso. Il Como? Presto lo vedremo in Champions”

Samuele Dello Monaco
Tra i ricordi delle esperienze a Cagliari, Firenze e Como, "Lulù" Oliveira ha analizzato il momento della Viola e le ambizioni dei comaschi, con una parentesi sulle sue recenti vicissitudini da allenatore.
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Luis Oliveira, per tutti semplicemente "Lulù", rappresenta una delle figure più iconiche e amate della Serie A degli anni '90. Nato in Brasile ma naturalizzato belga, ha saputo incarnare la perfetta sintesi tra l'imprevedibile fantasia sudamericana e la disciplina tattica europea. Dopo essersi rivelato nell'Anderlecht, ha trovato la sua seconda casa a Cagliari, dove è diventato una leggenda assoluta, trascinando la squadra fino alla semifinale di Coppa UEFA con gol spettacolari e scatti brucianti.

Successivamente, ha brillato nella Fiorentina, dimostrando una versatilità rara e una tecnica sopraffina accanto a campioni di livello mondiale. Celebre per la sua inconfondibile esultanza "del falco", Oliveira non era solo un goleador, ma un attaccante generoso e instancabile. Ancora oggi, il suo ricordo evoca la nostalgia di un calcio romantico, rendendolo un idolo eterno per i tifosi che hanno avuto la fortuna di vederlo giocare. Ai nostri microfoni, ha analizzato la complessa situazione della Fiorentina e il sogno del Como, raccontandoci aneddoti della sua carriera.

Le parole sulla Viola

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Partiamo dalla situazione delicata della Fiorentina. La squadra è ultima in classifica con zero vittorie e ha affidato la panchina a Paolo Vanoli. Vedendo la situazione, credi che il problema sia soprattutto mentale o tecnico?

"Il momento della Fiorentina è molto complicato. Dopo 14 partite di campionato non ha mai assaporato la vittoria, così diventano più difficili anche le partite che sulla carta sono più semplici. È una squadra che adesso è obbligata a giocare tutte le partite per vincere, questo può portare però a un blocco mentale e creare paura. Sarà difficile uscire da una situazione così delicata".

Entriamo nel vivo dei problemi viola, come le discussioni su chi dovesse tirare il rigore contro il Sassuolo e i malumori evidenti di alcuni senatori verso le sostituzioni. Quanto è grave quando saltano queste gerarchie interne? È un segnale che l'allenatore non ha in pugno il gruppo?

"Credo che la reazione dello spogliatoio sia complicata da interpretare. Nella partita con il Sassuolo hanno litigato per tirare un rigore, ma tutti sanno che un allenatore sceglie sempre chi far calciare, quantomeno il primo e il secondo rigorista. Io credo che in quel momento il rigorista non fosse Kean, ma è una situazione in cui bisogna cercare di stare uniti. La squadra deve uscire da questo momento, non si può andare avanti con questa tensione. Una vittoria potrebbe sbloccare la squadra, ma è l'ultimo modo per uscire da questo tunnel".

L'attacco fa molta fatica e si parla addirittura di 'fazioni' interne che non aiuterebbero giocatori come Kean o Gudmundsson a esprimersi al meglio. Qual è la via d’uscita per un attaccante, soprattutto quando la nave sembra affondare?

"La pressione sull'attaccante c'è sempre. E' normale che debba fare gol, ma non è questa la situazione in cui addossare tutta la colpa a loro. Se tutta la squadra non fa il suo dovere, anche per le punte diventa più complicato. Si può dire che la Fiorentina non segna o non vince, ma in questo momento la colpa non è degli attaccanti che non fanno gol".

Facciamo un passo indietro. Firenze è una piazza esigente ma capace di un amore viscerale. Tu hai vissuto il 'Franchi' da protagonista: che ricordo hai del rapporto squadra-tifosi?

"La mia esperienza alla Fiorentina è stata molto importante. Mi chiamò mister Ranieri, per affiancarmi a Batistuta. Inizialmente ho avuto qualche problema di ambientamento: quando ero a Cagliari, contro la Fiorentina, per paura di non riuscire ad evitare l'uscita di Toldo mi sono tuffato e l'arbitro Pairetto ci concesse un calcio di rigore.

Quando sono arrivato a Firenze, i tifosi non avevano dimenticato quello che era successo e hanno inventato anche un coro: 'Inventa un rigore che non c'era, inventa un rigore che non c'era, ooooOliveira'. Partita dopo partita però ho conquistato la tifoseria ed è cambiata anche la canzone: 'Che fretta c'era, scarta tutti Oliveira, che fretta c'era, scarta tutti e facci un gol'. Mi ricordo bene quando la squadra non andava troppo bene e arrivava la partita più sentita dai tifosi, quella contro la Juventus: vincemmo 3-0 e feci gol".

Il passato a Cagliari e Como

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Cagliari è la squadra con cui hai esordito in Italia. Inizialmente un'avventura complicata, poi un grande amore. C'è qualche aneddoto che ci puoi raccontare per conoscere meglio la piazza?

"Cagliari è una società importantissima per me, è la squadra con cui ho esordito in Italia. Nel 1992, con Carlo Mazzone in panchina, giocavo poco e facevo la riserva. Ricordo però quell'anno con piacere, perché tutte le volte in cui entravo, per quindici o venti minuti, facevo sempre una bella prestazione. Così, continuando a lavorare e con un atteggiamento positivo, sono riuscito a guadagnarmi un posto da titolare che non ho più lasciato. Ricordo benissimo la tifoseria, tante volte mi hanno invitato nelle proprie case per un pranzo o una cena. Ti vogliono bene e ti vogliono conoscere anche dal punto di vista umano".

Tu hai lasciato un segno indelebile anche a Como, trascinandoli in Serie A nei primi anni 2000. Oggi il Como è una realtà ricchissima, in piena lotta per l'Europa. Fin dove si può spingere la società lariana?

"Andare a Como è stata una vera telenovela. Dopo un campionato un po' deludente a Bologna, il mio procuratore mi disse che erano interessati a me. Io sono andato tre volte a parlare con l'allora presidente Preziosi, perché si era sparsa in giro la voce che fossi senza stimoli e che non fosse un grande affare per la società. Dopo che parlai con il presidente, mi fece firmare un contratto di un anno. E' stata una stagione spettacolare, in cui riuscimmo a vincere il campionato nonostante non fossimo tra i favoriti. Però era un grande gruppo, unito. Eravamo tutti rispettosi, con fame e grinta. Grazie ai miei compagni quell'anno sono diventato il capocannoniere della Serie B, con 23 gol. Como adesso è cambiata, sono arrivate persone in società che stanno facendo veramente un grande lavoro. La squadra è diventata tra le più importanti del nostro campionato e credo che tra non molto vedremo il Como disputare la Champions League".

Sei stato un attaccante formidabile, soprannominato 'Il Falco' per la tua esultanza. Ma da dove deriva l'idea per festeggiare così i gol?

"Il soprannome Falco arriva dal Brasile: mio padre aveva dei galli e teneva un falco a controllarli. Prima di un Fiorentina-Milan, il mio compagno di squadra Sandro Cois mi disse: 'Al prossimo gol, esulta con qualcosa di particolare'. In quel momento, ho pensato al falco. Così è diventata la mia esultanza, e molti tifosi ancora se la ricordano".

Il lavoro di allenatore di Luis Oliveira

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Oggi la tua vita calcistica è cambiata: ti dedichi molto ai giovani e al ruolo di allenatore. Qual è la difficoltà maggiore che incontri nel formare i ragazzi di oggi rispetto alla tua generazione?

"Ho allenato qualche squadra giovanile dilettantistica qua in Veneto, e il mio principale obiettivo da allenatore era quello di spiegare ai ragazzi come comportarsi in campo. Insegnare il rispetto e l'educazione, verso i compagni e gli avversari. Solo dopo gli ho spiegato la parte tecnica, prima devono capire cos'è davvero importante in questo mondo. E' importante avere questi valori, altrimenti non si va da nessuna parte. Ho dato tutto me stesso verso questi ragazzi, per aiutarli a crescere nella maniera corretta. Quest'estate allenavo al Riccione, in Serie C: abbiamo fatto sei partite, tre vittorie e tre pareggi. Per vari problemi societari, ho deciso di lasciare. Poi è arrivata la chiamata di un mio caro amico, che mi ha dato la possibilità di diventare allenatore del Venezia femminile".

Per chiudere: dove ti vedi tra qualche anno? Hai l'ambizione di sederti su una panchina, magari proprio in una delle tue ex squadre?

"In questo momento sono concentrato sul Venezia, non ho l'ambizione di cambiare. Sono molto contento di quello che ho fatto e di quello che sto facendo".