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Grinta, cuore e soprattutto tanta passione. Questo, ma non solo, è Fabio Rossitto. In campo dava tutto e non aveva paura del lavoro duro. Se c'era bisogno, era sempre pronto a fare quella corsa in più per il compagno. Ma la preparazione cominciava ben prima della partita. Dare sempre il massimo, anche in allenamento, era fondamentale per convincere gli allenatori a scegliere lui nel centro del campo. In Serie A Rossitto ha diviso la propria carriera tra Udinese, Napoli e Fiorentina. A Firenze vinse la Coppa Italia del 2000/01, l'ultimo trofeo dei Viola.
In vista del big match di sabato sera tra Fiorentina e Juventus, Rossitto ha voluto raccontare in esclusiva a DDD la sua esperienza nel capoluogo toscano. Ricordi speciali e aneddoti si fondono con l'analisi della sfida, ora che l'amico ed ex compagno di squadra Paolo Vanoli ha preso la guida dei toscani. E infine, una puntata verso il futuro, con Rossitto che vorrebbe dare tutto se stesso e tutta la sua esperienza per aiutare i giovani a crescere.
La Fiorentina ha registrato il peggior inizio della sua storia, trovandosi all'ultimo posto in classifica con 5 punti dopo 11 giornate. Considerati i giocatori e soprattutto la scelta di Pioli, le aspettative erano molto alte. Cosa è successo?
"È difficile dirlo. Sono situazioni in cui quando vengono a mancare certezze vedi che i risultati non arrivano. Le aspettative erano sì molto alte. L'allenatore era un top, la squadra per me è molto buona però qualcosa si è inceppato. Poi in piazze come quella di Firenze, se parti male, sale la pressione e perdi certezze. Cominci ad aver paura ed è la cosa peggiore. Di conseguenza perdi qualità e sicurezza e la maglia inizia davvero a pesare.
Anche io ho vissuto situazioni simili. Ma è proprio difficile da spiegare. Basta proprio quella scintilla improvvisa e tutto cambia. All'Udinese con Zaccheroni, per esempio, avevamo fatto un primo anno positivo, poi al secondo siamo andati in difficoltà. Avevamo paura di retrocedere e a un certo punto è scattata una molla che ci ha fatto arrivare quinti. Ma eravamo talmente sicuri di noi che avremmo potuto battere un Real Madrid. Se hai i comportamenti giusti e hai qualità prima o poi la svolta arriva".
Alla fine è arrivato il cambio allenatore inevitabile. La scelta è ricaduta su Paolo Vanoli. Tu lo hai avuto come compagno di squadra proprio a Firenze. Come era al tempo e che persona è? Cosa può dare alla squadra per invertire rotta?
"Quando c'è bisogno di dare una scossa cambi allenatore. Vanoli l'ho sempre stimato. È preciso, si impegna ed è attento a tutto. Curava molto il fisico e in campo dava sempre tutto. È poi stato protagonista dell'ultimo trofeo vinto dalla Fiorentina, la Coppa Italia, e forse era destino che arrivasse lui in questo momento. Io l'ho visto a Venezia, dove la situazione era simile. Là fece molto bene e penso che anche qui farà lo stesso. È l'atteggiamento che ha che fa la differenza. Segue tutto, va a vedere le giovanili, è presente in tutti gli aspetti e questo è fondamentale per l'allenatore di oggi".
Per sabato ci si aspetta una partita molto combattuta. Le due squadre hanno giocatori di qualità. Chi secondo te, parlando di singoli, può fare la differenza?
"Quelli che te la fanno vincere sono gli attaccanti, quindi prendo sempre loro. Faccio ancora l'esempio della mia Udinese con Zaccheroni. Il secondo anni cambiammo modulo, con quello che allora era un inedito 3-4-3. Il motivo era per far correre il meno possibile gli attaccanti. Noi la qualità ce l'avevamo davanti, quindi dovevamo fare in modo che arrivassero davanti alla porta lucidi. Ero il primo a dire ai tre davanti di lasciar fare a noi dietro il lavoro sporco. Loro dovevano pensare a fare gol.
E parlando di attaccanti, per la Fiorentina è fondamentale ritrovare Kean. Deve tornare quello dell'anno scorso perché è lui più di tutti lì davanti che può fare veramente la differenza. Non so cosa sia successo, magari gli infortuni hanno influito, ma non è quello dell'anno scorso. Dall'altra parte però ci sono giocatori di grande qualità. Vlahovic, Yildiz e Conceicao possono cambiarti la partita da un momento all'altro. Rispetto al passato vedo però molta meno fantasia davanti. Qualche anno fa ne avevamo a palate di giocatori così. Oggi siamo in difficoltà sotto questo aspetto".
Veniamo a te e al tuo passato in Viola. Hai giocato per tre stagioni tra il 1999 e il 2002 con la Fiorentina. Qual è il ricordo più bello che ti porti da quell'esperienza?
"Senza alcun dubbio Wembley. La vittoria per 1-0 sull'Arsenal nella Champions League del 1999/00 è indimenticabile. Ogni volta che rivedo le immagini è emozionante. Avevamo una squadra fortissima. Avremmo potuto giocarci la finale quella volta, ma uscimmo con il Valencia nel secondo girone. Quella Champions League fu incredibile. Vincemmo con il Manchester United, pareggiammo con il Barcellona. Squadroni. Ma anche noi non scherzavamo. Avevamo una squadra che sulla partita secca aveva poche rivali. Dopo la partita con l'Arsenal fu altrettanto indimenticabile il rientro a Firenze dove ci aspettavano tutti. È difficile descrivere quello che ho provato. È stato un regalo del cielo".
Parlando invece proprio della sfida tra Fiorentina e Juventus, c'è un ricordo di questa partita in particolare?
"Juventus-Fiorentina 1-0 del 1999/00, decisa da un rigore di Del Piero. La sera prima non sapevo se giocavo o meno, anzi, ero quasi certo di non farlo. Mentre mi massaggiavo, passa Trapattoni che mi dice che avrei dovuto marcare Zidane. Lì ho capito che sarei sceso in campo. Allora, dato che a lui piaceva andare verso la palla e farsela dare, gli giocai attaccato, giocando sempre d'anticipo. A un certo punto si infastidì e mi diede una gomitata. Lo feci talmente innervosire in quella partita che Ancelotti lo tolse al 57esimo. Perdemmo la gara, ma me la cavai molto bene".
Con una carriera lunga come la tua avrai certamente molti aneddoti da raccontare. Ce n'è uno poco conosciuto o particolare che vorresti rivelare?
"Ce ne sono molti, sì, ma ce n'è uno in particolare e sempre riguardante l'edizione della Champions League di cui ho parlato prima. Giocavamo a Bordeaux e la sera prima della partita, senza dirlo a nessuno, in 6/7 andammo a correre con i Go Kart in pista. Oggi credo sia impensabile una cosa del genere. Ci divertimmo tantissimo. Ma anche da questo si capiva che eravamo un gruppo molto affiatato. E considerando il percorso fatto nella competizione direi che queste cose servono".
Dopo la carriera da calciatore hai iniziato quella da allenatore. Prima con le giovanili dell'Udinese, per poi arrivare a diverse prime squadre. Dopo l'ultima esperienza, hai ancora intenzione di andare avanti su questa strada o hai in mente altri progetti?
"Al momento sono in attesa del giusto incarico. Quello che però mi piacerebbe fare è tornare con i ragazzi. Voglio dare tanto e posso ancora dare tanto, mi piacerebbe aiutare i giovani oggi. In questo momento non voglio pensare a me stesso, ma mettermi a disposizione dei ragazzi. Adesso sarebbe una missione per me, non una scalata verso ruoli importanti. Li voglio aiutare nel percorso di crescita. Oggi vedo troppi giovani spaesati in mezzo a gente scaltra che pensa solo a se stessa. Abbiamo tanta qualità e allora perché non la sappiamo più sfruttare? Bisogna lavorare su questo fin da subito e penso che io potrei dare sotto certi aspetti tanto. Ma come detto non voglio forzare nulla, aspetto l'occasione giusta".
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