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Derby d'Italia

Verso Juventus-Inter: lo storico 9-1 bianconero del 1961

Mattia Celio
Mattia Celio Redattore 
Dopo mille polemiche, i neroazzurri decisero di mandare in campo la Primavera per protesta e per i bianconeri fu un gioco da ragazzi. La goleada inflitta alla squadra di Herrera non fu però l'unico momento indimenticabile di quella partita
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La terza giornata di Serie A offre immediatamente una partita tutta gustare. Domani alle 18 allo Juventus Stadium va in scena il Derby d'Italia. Una partita che già può rivelare a cosa possono ambire Juventus e Inter. I padroni di casa cercano la terza vittoria di fila (difesa ancora imbattuta) mentre la squadra di Chivu proverà a riscattare lo stop casalingo contro l'Udinese nel turno precedente. Juventus - Inter è sempre stata una rivalità che ha scritto grandi pagine di storia del calcio italiano. Tra le tante non può essere dimenticato il 9-1 dei bianconeri della stagione 1960-61. Riviviamo quella partita.

Juventus-Inter 1961, perché si giocò il 10 giugno?

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Torniamo indietro di 64 anni. Stagione 1960-61. Il 16 aprile allo Stadio Comunale di Torino veniva scritta una delle pagine più discusse della storia del calcio italiano. La Juventus si presentava alla sfida in testa alla classifica con quattro punti di vantaggio proprio sull'Inter. Una partita che può decidere il campionato. Lo stadio era completamente pieno. O meglio, era troppo pieno. La partita, infatti, venne interrotta più volte perché buona parte delle tifoserie erano assiepati al bordo del campo, dopo aver sfondato i cancelli dello stadio.

Con il clima troppo acceso per la posta in palio, l'arbitro Gambarotta decise di sospendere la partita in più occasioni e, alla fine, dopo un colloquio con capitani e dirigenti decise di dichiarare la fine delle ostilità dopo solo 30 minuti di gioco. A causa di ciò, qualche giorno dopo la Lega decise di punire i bianconeri dando all'Inter la vittoria a tavolino e, di conseguenza, i due punti per la vittoria (all'epoca non c'erano ancora i 3 punti). La lotta per lo scudetto era di fatto riaperta.

Ma il 3 giugno, all'ultima giornata di campionato e con Inter e Juventus a pari punti, Umberto Agnelli fece ricorso chiedendo la ripetizione della partita e, contro ogni pronostico, la Caf gliela concesse. L'Inter si trovò dunque privata di vittoria e di due punti in classifica. La sfida, di fatto, venne fissata la settimana dopo, ovvero il 10 giugno. E fu qui che la squadra di Helenio Herrera prese una delle decisioni più incredibili della storia del calcio.

Omar Sivori, autore di ben sei reti (Photo by Keystone/Getty Images)

10 giugno 1961, i campioni d'Italia contro una squadra di ragazzini

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Dopo mille polemiche si arrivò così alla sfida tra le due rivali. Una partita che, però, non avrebbe assegnato lo scudetto dato il pareggio della Juventus contro il Bari per 1-1 e la clamorosa sconfitta dell'Inter a Catania per 2-0 (la partita del famoso "clamoroso al Cibali"). Dopo tutta la vicenda, per protesta, i neroazzurri decisero di mandare in campo la squadra Primavera. La partita non ebbe storia. In tutti i sensi.

Vero e proprio protagonista della sfida è Omar Sivori. Inizialmente partito un po' svogliato, l'italo-argentino segnò ben sei reti con le quali realizzò il record di marcature in una singola partita di Serie A (in coabitazione con Silvio Piola). Le altre reti bianconeri furono realizzate da Nicolè e Mora con in mezzo uno sfortunato autogol di Riefolo. La partita si concluse con uno storico 9-1 per i bianconeri, un punteggio che ancora oggi rappresenta la sconfitta più larga dell'Inter nella sua storia.

Ma quella partita, oltre al risultato, viene ricordata anche per due altri momenti indimenticabili. In casa bianconera, quella sfida fu l'ultima per la leggenda Giampiero Boniperti che lasciò le zebre, e il calcio giocato, dopo ben 15 stagioni in cui aveva riportato 469 presenze e 18 reti. In casa neroazzurra, invece, ci fu l'esordio assoluto nella massima serie di Sandro Mazzola. L'attaccante, all'epoca di soli 18 anni, realizzò la rete della bandiera su calcio di rigore. Se da una parte una leggenda salutava il calcio, dall'altra un'altra leggenda stava per scrivere molte altre pagine di storia.