Non giriamoci attorno: a Roma ci si aspettava molto di più da Artem Dovbyk. L’attaccante ucraino, arrivato nella Capitale dopo essere stato capocannoniere della Liga con il Girona, finora non è riuscito a ripetere la straordinaria stagione vissuta in Catalogna, quando le sue 24 reti avevano contribuito alla storica qualificazione in Champions League del club biancorosso. Una parte della tifoseria giallorossa guarda a quel rendimento con nostalgia e si interroga sulle ragioni delle difficoltà incontrate oggi dal numero 9 romanista.
Esclusiva
Roma, ESCLUSIVA Bernad: “Dovbyk? Non è il vero, vi dico cosa gli manca per tornare bomber”

Per provare a comprendere meglio cause e prospettive di questa situazione, ci affidiamo a un osservatore privilegiato. Marc Bernad è un giornalista spagnolo che segue da vicino il Girona e la Liga per il quotidiano sportivo Diario As, analizzandone crescita tecnica, evoluzione tattica e protagonisti principali. La sua visione diretta del percorso di Dovbyk nel campionato spagnolo permette di contestualizzare l’attuale momento dell’attaccante in Serie A.

"A Roma troppo lontano dalla porta: così Dovbyk perde incisività”
—A Roma c’è molta delusione per il rendimento di Dovbyk, soprattutto perché molti tifosi ricordano la sua stagione esplosiva al Girona, chiusa con 24 gol. Dopo averlo osservato da vicino in Spagna, come valuti il suo reale valore e quali ritieni siano le principali ragioni delle difficoltà che sta incontrando in giallorosso?
"Occorre essere prudenti con Dovbyk. Al Girona, nella sua prima stagione di vertice nel calcio europeo, ha brillato. Esistono attaccanti dal rendimento effimero che esplodono all’improvviso, come spesso accade in un Europeo o in un Mondiale. Dovbyk ha vissuto un’annata eccezionale, in linea con l’andamento di tutta la squadra. Ha beneficiato di un contesto in cui tutto girava alla perfezione. Va ricordato inoltre che la Liga non è la Serie A, sia per livello tattico sia per stile di gioco. Il Girona riempiva costantemente l’area e lui era la punta di riferimento: la sua unica preoccupazione era farsi trovare nel punto giusto per finalizzare".
Nel Girona riceveva spesso palloni puliti dentro o nei pressi dell’area, potendo sfruttare al meglio le sue qualità di finalizzatore puro. Con l'allenatore Míchel, quali dinamiche offensive valorizzavano maggiormente le sue caratteristiche? A Roma invece gli viene richiesto più lavoro spalle alla porta. Ritieni che questa variazione tattica lo stia penalizzando, facendo emergere limiti già presenti nel suo profilo?
"Assolutamente sì. Dovbyk è un “9” puro, un uomo d’area e un finalizzatore estremamente efficace. Gli bastavano pochissimi tocchi per concludere. Va considerato anche che al Girona giocava accanto a calciatori di qualità elevatissima come Aleix Garcia, oggi al Leverkusen, e Savinho, passato al Manchester City. I palloni che riceveva erano già ideali per essere convertiti in gol. L’intero sistema era costruito per metterlo nelle migliori condizioni all’interno dell’area".
L'attaccante ucraino, in Spagna, attaccava la porta con continuità, agendo soprattutto negli ultimi metri. A Roma invece è spesso costretto ad abbassarsi, perdendo incisività e allontanandosi dalla zona in cui fa davvero la differenza. Pensi che questa richiesta ne stia limitando l’efficacia realizzativa?
"Senza dubbio. Quando è costretto a ricevere lontano dalla porta perde brillantezza e arriva meno fresco nei sedici metri. Ogni attaccante d’area lo avverte. Dovbyk deve essere liberato da responsabilità extra. Il suo habitat naturale è l’area di rigore e solo lì può rendere davvero al massimo".

“L'ucraino? Ha bisogno di fiducia: il gol non si perde, serve pazienza”
—La Liga propone spesso più spazi e transizioni, mentre in Serie A le difese proteggono l’area con maggiore organizzazione. Quanto ha inciso questa differenza sulla quantità e sulla qualità delle sue occasioni da gol?
"Lo dicono i numeri: il suo rendimento si è inevitabilmente abbassato. Sarebbe stato difficile replicare ciò che aveva fatto al Girona, dove era diventato capocannoniere della Liga. Inoltre ha dovuto fare i conti con la pressione e le aspettative create dalle sue stesse prestazioni. Tutto questo pesa, soprattutto sugli attaccanti che quando attraversano un periodo meno brillante ricevono critiche più forti del normale".
La pressione sui numeri 9 a Roma è sempre elevata. È un calciatore che ha bisogno di grande fiducia per rendere al meglio oppure possiede una personalità tale da reggere critiche e aspettative? Per quanto hai potuto vedere in Spagna, il carattere può rappresentare un limite in momenti difficili come quello attuale?
"A Girona è rimasto un solo anno e non si è potuto conoscere a fondo. Anche la barriera linguistica ha inciso. Come tutti gli attaccanti ha bisogno di fiducia, continuità e pazienza. Ha dimostrato di avere gol e i goleador non perdono questo istinto. Serve tempo e sostegno, perché tornerà a segnare".
Considerando le sue qualità e il contesto tattico richiesto per valorizzarle, le sue caratteristiche indicano che renda al massimo in squadre verticali, con molti cross e diversi uomini che attaccano l’area. Qual è, quindi, la struttura di gioco più adatta per permettergli di esprimersi come centravanti di alto livello?
"L’importante è che sia sempre dentro l’area, dove può sfruttare altezza, forza nel gioco aereo e qualità tecnica essenziale. Ogni pallone ricevuto lì crea un pericolo. Quando si allontana dalla zona calda perde efficacia".
Per concludere: dopo circa un anno e mezzo in Italia, ritieni che possa adattarsi al calcio della Roma e della Serie A migliorando nel tempo o c’è il rischio che renda al top solo in sistemi costruiti su misura per lui?
"Al momento è difficile dirlo. Dopo l’esperienza al Girona non l’ho seguito così da vicino. Era stato accostato con insistenza al Villarreal e quella poteva essere una soluzione utile per recuperare fiducia. In ogni caso serve tempo per una valutazione definitiva".
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