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Torino-Milan, il Grande Torino e il Milan di Sacchi/Capello: due formazioni che hanno fatto la storia

Alvaro Morata
Gli scudetti del Grande Torino e il Milan che dominava sotto Sacchi e Capello. Due storie che dopo decenni restano e resteranno negli annali del calcio italiano.
Mattia Celio
Mattia Celio Redattore 

Il 14° turno di Serie A si chiude questa sera con la sfida tra Torino-Milan. Una partita che vede due club dall'umore completamente diverso. I padroni di casa sono reduci da due KO consecutivi contro Como e Lecce ma soprattutto non vincono ormai dal 26 ottobre, ovvero dal 2-1 contro il Genoa. E con un ambiente già molto agitato questa sera il compito sarà ancora più grande soprattutto perché al Grande Torino si presenta un Milan davvero "indiavolato". La squadra di Allegri, in caso di vittoria, si riprenderebbe il primo posto a pari merito con il Napoli, ma a fare parlare è la solidità e la cattiveria che l'ex Juventus ha trasmesso ai suoi giocatori. E i numeri al momento ne danno conferma: 12 partite senza sconfitta e solo 9 reti incassate (meglio solo la Roma con 8).

Torino-Milan, due squadre che hanno scritto pagine di storia

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Torino e Milan hanno scritto grandi pagine di storia nel mondo del calcio. Sicuramente i rossoneri hanno ottenuto più successo rispetto alla compagine piemontese ma certo non si può negare il fatto che il Torino, prima di tutte, ha iniziato a dominare il panorama calcistico con statistiche e record che resistono ancora oggi. Stiamo parlando, ovviamente, del Grande Torino, pluricampione d'Italia, il cui "sistema" ha affossato chiunque le si sia trovato davanti. Una squadra "battuta" solo da un tragico incidente.

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Il Grande Torino, la prima squadra ad introdurre "il calcio totale"

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In un calcio in cui la tattica che andava per la maggiore era il "metodo", un tipo di disposizione più difensivo e basato sul colpire in contropiede, il Grande Torino ha deciso di cambiare completamente volto al calcio italiano. Primo a volerlo è il presidente Ferruccio Novo, industriale torinese dall’ambizione di trasformare il sodalizio granata sul modello dei club inglesi, reputati allora all’avanguardia nel panorama europeo. Una tattica che sarebbe passata alla storia come WM, il cui modulo si basava su un 3-2-2-3: tre difensori, quattro centrocampisti (due mediani e due interni), tre attaccanti posti ai vertici di una W e una M.

Ad introdurre questo sistema nel Torino è l'ungherese Andras Kuttik, ma a perfezionarlo sarà il connazionale Egri-Erbstein, entrambi provenienti dalla scuola danubiana dove tecnica e gioco organico rappresentavano i punti di forza. Il Grande Torino, infatti, che vince il suo primo scudetto nel 1942-43 e che dal 1945 al 1949 farà letteralmente il vuoto nel calcio italiano con quattro scudetti vinti di fila, prima del tragico schianto sul colle di Superga, può già essere considerata una squadra da “calcio totale”.

I due terzini, Ballarin e Maroso, andavano sempre a supporto nelle azioni offensive come veri fluidificanti, il quadrilatero di centrocampo (autentico punto di forza della squadra granata) era composto dai mediani Grezar e Castigliano, nati calcisticamente come mezzali offensive, mentre Loik e Mazzola dettavano legge in attacco e non c'era difesa che potesse contenerli. I due si trovavano a memoria.

Gioco collettivo, pressing orientato sul recupero palla, possesso palla alternata tra gestione calma e carica agonistica, sistema di gioco che cambia a seconda della fase di gioco e fase offensiva composta da ben sette giocatori. Queste erano le armi che hanno consentito al Grande Torino di prendersi la scena del calcio europeo e mondiale. Una squadra che non sarà mai dimenticata.

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Gli immortali di Sacchi: più forte dello scetticismo

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1 Scudetto, 1 Supercoppa Italiana, 2 Coppe dei Campioni, 2 Supercoppe Europee e 2 Coppe Intercontinentali. E' il bottino di un allenatore arrivato alla Scala del Calcio tra grande scetticismo ma che ha trasformato il Milan in una macchina vincente. Stiamo parlando di Arrigo Sacchi. Un Milan più da formato europeo che nazionale, ma che ha fatto la storia del calcio. Giocare contro i rossoneri era come iniziare la partita sotto di una rete.

Un allenatore che ha trasformato giocatori volenterosi nei più grandi difensori della storia, ovvero Paolo Maldini e Franco Baresi, accompagnati dal collega con un grande senso della posizione, Alessandro Costacurta, e un da un "rullo compressore" che menava sulla fascia destra, Mauro Tassotti. Quattro "mostri" che incutevano timore ad ogni attaccante. Puoi passare uno, ma non passi l'altro.

Un centrocampo completo: la visione di Ancelotti, i muscoli e il dinamismo di Rijkaard uniti  all'interscambiabilità e alla velocità di Donadoni ed Evani, con il primo pedina fondamentale ad agire, spesso, alle spalle delle punte. La premiata ditta offensiva composta dai due olandesi Ruud Gullit e Marco Van Basten. 4 palloni d'oro in due. Spazio e movimento erano i concetti chiave del metodo di Sacchi. Un metodo che il compito dei giocatori era creare spazio, per poi andare ad occuparlo, attraverso il continuo movimento dei giocatori. Un iniziale 4-4-2 che con il passare dei minuti si trasformava in un 2-3-3-2.

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Gli invincibili di Fabio Capello: il Milan dei record

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Una striscia di 58 partite senza neanche una sconfitta. Numeri che resistono ancora oggi. Stiamo parlando del Milan di Fabio Capello, colui che ha continuato ciò che Arrigo Sacchi aveva lasciato e lo ha perfezionato a suon di record e coppe. Il trucco di questa catena di successi? La difesa ferrea. Capello prediligeva la fase difensiva e creò, con gli stessi baluardi di Sacchi, un autentico muro, grazie anche all'organizzazione del centrocampo. Se il suo predecessore puntava su un pressing forsennato, il tecnico goriziano preferisce ordine e compattezza. Ne viene fuori una squadra che non lascia nulla agli avversari, neanche le briciole.

Il blocco difensivo rimane quello di Sacchi, ma rispetto a quest'ultimo Capello gioca molto più basso con grande attenzione ai tagli degli avversari. I risultati si vedono subito: nella stagione 93-94 il Milan subisce in tutta la stagione solo 15 reti. Mai nessuno ha fatto meglio fino ad oggi. Come la difesa, Capello chiede equilibrio anche al centrocampo. Se i due centrocampisti centrali si piazzano davanti alla difesa, gli esterni si stringono al centro creando superiorità numerica.

Tra i giocatori chiave dello schema di Capello vi è Demetrio Albertini che funge da regista davanti alla difesa. Praticamente il cervello della squadra. Al suo fianco il mastodontico Marcel Desailly, il difensore più avanzata. Indipendentemente dai giocatori, il centrocampo era un blocco unico, dove ognuno agiva non con istinto ma con ordine. L'attacco, invece, avrà come punto di riferimento Davide Massaro, bravo a scattare sul filo del fuorigioco. Ma fondamentali saranno anche l'imprevedibilità di Savicevic, il fisico di Gullit e la velocità di Simone. Da non dimenticare, inoltre, il destro al fulmicotone di "JPP", ovvero Jean Pierre Papen. Capolavoro in assoluto: il 4-0 rifilato al Barcellona ad Atene.