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La storia del calcio italiano è stata costruita da tante squadre di provincia, che romanticamente vengono definite nobili decadute. Squadre piccole ma dal grande cuore, che hanno vissuto la massima serie con la tv in bianco e nero, e che tornarvici è l'obiettivo di una vita. L'Ascoli è una di queste e Francesco Tomei è il suo traghettatore. I bianconeri giocano nel girone B di serie C. Girone ricco di altre squadre in cerca di rinnovata gloria: Livorno, Ravenna, Perugia e Ternana le grandi del girone. Francesco Tomei parla ai microfoni di DerbyDerbyDerby dell'inizio di stagione dell'Ascoli. Si ringrazia la pazienza e la disponibilità dell'ufficio stampa della squadra bianconera Valeria Lolli.
Pescarese classe 1972, ex difensore, conosce bene la categoria che allena perché da giocatore è stato tanti anni tra C1 e C2. Anche un passaggio in B con l'Ancona e la Fermana. Tanti anni col Chieti, e squadre del centro Italia. "Nel girone C ci sono tanti fattori ambientali che quasi superano quelli meramente tecnico tattici. Ci sono piazze calde e stadi pieni. Ci sono anche dei giocatori che sono abituati a metterla sulla fisicità. Il girone B, comunque, non è da meno: ci sono squadre che hanno una storia". Tomei è reduce da due esperienze positive tra Puglia e Basilicata, al Monopoli ed al Picerno.
"Questo è un momento di ricostruzione, dobbiamo rimanere umili e lavorare in silenzio. Sarà il tempo a farci capire se abbiamo lavorato bene. Questa è la verità". L'Ascoli non può e non vuole stare in terza serie. La retrocessione di due anni fa brucia, ma sono state ripulite tutte le scorie. Il cambio di proprietà è stata una ottima notizia per lavorare in serenità: "Il recente passato non è stato felicissimo. Per fortuna, la nuova proprietà ha portato aria di cambiamento: si è stati attenti a ricostruire una logica, però per essere competitivi ci serve del tempo e fare le cose per gradi". I bianconeri hanno fatto una campagna acquisti importante per la categoria, acquistando calciatori che conoscono la C come, su tutti, Gabriele Gori ex attaccante dell'Avellino.
"La partenza è stata positiva - passaggio del turno contro il Pineto in coppa di categoria, pareggio in casa con la Pianese e vittoria esterna contro la Ternana - ma siamo appena all'inizio, ed non è il periodo giusto per tirare una linea. Abbiamo costruito una squadra da zero, sia a livello tecnico che a livello umano. Tuttora siamo work in progress, però sono fiducioso che siamo sulla buona strada".
L’allenatore ha ricordato di essere stato a lungo vice di De Francesco e ha ammesso che, anche per questo, il suo credo tattico si era orientato verso un 4-3-3 propositivo. "Noi abbiamo cercato di portare qui dei giocatori funzionali a quello che dovevamo fare", ha detto, aggiungendo che la costruzione della rosa era avvenuta con calma: "Abbiamo avuto pazienza e con calma siamo riusciti a formare una squadra che sia abbastanza funzionale per quello che dovevamo fare". Tomei ha precisato che solo il tempo e le evoluzioni dei singoli gli avrebbero fatto capire se avevano fatto un buon lavoro: "Poi sicuramente sarà il tempo e saranno le evoluzioni dei ragazzi a farci capire se abbiamo fatto un buon lavoro o meno".
Tomei ha definito l’allenatore come una figura che deve saper prendere spunti da più fonti, anche al di là dell’esperienza diretta con De Francesco. "Apprendimento costante, ma poi io sono una persona molto curiosa", ha spiegato, e ha sottolineato come la curiosità lo abbia spinto a sperimentare e ad ampliare il proprio bagaglio professionale. Ha richiamato inoltre il ruolo della tecnologia, che secondo lui ha offerto un vantaggio rispetto al passato permettendo di analizzare qualsiasi avversario e qualsiasi stile di gioco: "La tecnologia ti permetteva di poter analizzare qualsiasi squadra, qualsiasi allenatore", ha detto, concludendo che la curiosità gli ha consentito di imparare ogni giorno da tutti.
Sulla svolta personale che lo ha portato a diventare allenatore, ha raccontato che durante la carriera da calciatore non si era mai immaginato alla guida di una panchina: "Io quando giocavo l'unica cosa della quale ero sicuro è che non avrei mai fatto allenatore, perché è un lavoro oggettivamente abbastanza complicato". Tuttavia, dopo il ritiro si è appassionato al lavoro con i più giovani; ha iniziato dai settori giovanili e da esperienze locali ed ha osservato che quel percorso è cresciuto progressivamente: "Quando poi sei dentro è normale che le cose sono andate molto bene in tutti gli anni, a parte qualche piccola parentesi, però siamo stati sempre in ascesa". L’esperienza lo ha travolto come un vortice e la passione si è consolidata fino a trasformarsi in una scelta naturale.
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