È una prova di forza, di solidità e di maturità quella del Napoli, che per un'ora abbondante passeggia su una Fiorentina intorpidita, che si risveglia solamente per un disperato assalto nel finale.
Editoriale
L’editoriale di Fiorentina-Napoli: Hojlund ridisegna gli azzurri, serata nera per la Viola

Al Franchi, che storicamente per gli azzurri non è un campo facile, la squadra di Antonio Conte torna a brillare dopo due prestazioni vincenti ma non convincenti. Dimostra ancora una volta di essere la squadra da battere, di aver accettato senza paura l'investitura di grande favorita, disegnando nuove traiettorie per gli sviluppi futuri. La formazione di Pioli, invece, assiste imbambolata al palleggio di De Bruyne e compagni, ma trova qualche spunto interessante in un ultimo quarto d'ora di cuore. Ancora troppo poco viola, che ha però l'alibi di essere nella fase embrionale di un progetto in costruzione.
Hojlund ridisegna i confini del Napoli

A differenza delle prime due uscite stagionali, un po' scialbe e monotone, il Napoli del Franchi è apparso anche stilisticamente accettabile. Approccia con determinazione alla partita, mette immediatamente le tende nella metà campo avversaria e dopo appena 2 minuti trova la prima occasione del match e si procura il calcio di rigore all'interno della stessa azione. Da lì cominciano sessanta minuti di monologo intervallato da qualche pallone confusamente sporcato dalla Fiorentina, che si vede per la prima volta alla mezz'ora con una sgroppata di Sohm e poi, qualche minuto dopo, con un tentativo dalla distanza di Kean.
L'uomo più atteso della sfida era probabilmente Rasmus Hojlund, arrivato col fardello di un dilemma esistenziale che ancora lo imballa tra la grande promessa e l'abbaglio collettivo. La prova di ieri sera è una risposta più che centrata, non soltanto per il gol, da attaccante serio, ma anche e soprattutto per i nuovi orizzonti che uno come lui può aprire a questo Napoli. Da questo punto di vista è forse lui il più grande upgrade della squadra di Conte, anche più del "genio" De Bruyne.
Hojlund può offrire al Napoli un ventaglio di soluzioni fino ad ora inesplorate. Ha tenuto quasi tutti i palloni che gli sono stati recapitati, nonostante un Pongracic costantemente incollato alla sua schiena. E lo ha fatto con una forza, una qualità ed una pulizia che né Lucca e né Lukaku hanno. Ha dimostrato che oltre a poter fare il gioco di sponda tanto caro a Conte, con lui si può anche variare e attaccare la profondità, come in occasione del gol o di un'altra volata nella ripresa. In un sistema di gioco in cui il riferimento centrale è fondamentale, chi lo interpreta può fare tutta la differenza di questo mondo. E forse è proprio lì la chiave tra le prove opache delle prime due partite e quella sicuramente più vivace di ieri sera. Del resto, se è andato in campo da titolare dopo appena tre allenamenti un motivo ci deve essere.
Napoli, i cambi non hanno inciso

Ecco. Al 73' esce Hojlund ed entra Lucca e il Napoli non riesce più a tenere un pallone in avanti. Due passaggi sbagliati su quattro provati, zero duelli vinti su tre e 6 palloni persi sono il bilancio dei 20 minuti in campo dell'ex attaccante dell'Udinese. Non è di certo lui il responsabile del calo degli azzurri nel finale di partita, ma, per prendere in prestito una citazione di Max Allegri, "nel calcio esistono delle categorie".
Come Lucca, tuttavia, neanche gli altri cambi sono riusciti a dare al Napoli quello sprint necessario per reggere l'urto del finale di gara. Olivera è stato sistematicamente puntato e saltato da Dodò prima e Lamptey poi. Neres ed Elmas non sono mai riusciti ad entrare in partita, giocando pochi palloni e facendolo anche con una certa sufficienza. Se c'è una nota stonata della serata di Firenze del Napoli probabilmente è questa: nel momento del calo fisico dei titolari, i sostituti non sono riusciti a portare brillantezza. Da qui si arriva poi all'ultimo quarto d'ora in ritirata che non è affatto piaciuto ad Antonio Conte.
Fiorentina, qualche spunto da cui ripartire

Si resta a 2 punti dopo le prime 3 partite, e questo non può affatto essere un aspetto da lasciare al caso in questo avvio di stagione della Fiorentina. Non è però certamente della sconfitta di ieri sera che bisogna andare a cercare i rammarichi, quanto piuttosto nei punti lasciati nelle prime due giornate contro Cagliari e Torino. C'è veramente ben poco da dire del primo tempo della Viola, surclassata nei primi 30 minuti di gioco e poi comodamente domata nei successivi quindici. Schiacciata quando il Napoli aumentava i giri e impacciata in un goffo accenno di costruzione dal basso.
"L'avversario era forte e, quando ti trovi di fronte una squadra di questo livello, certe cose le paghi. Spesso la strategia della partita è importante e lo sviluppo è stato diverso da quello che ci aspettavamo", ha spiegato poi Pioli al termine della gara. Dzeko ha fatto tanta fatica lì davanti, non riuscendo né a dare un po' di peso all'attacco né a farsi trovare in appoggio per le uscite dalle retrovie. L'errore più grande, forse, è stato quello di lasciare Pongracic isolato nel corpo a corpo con Hojlund, da cui ne è uscito quasi sempre sconfitto. In generale: male. Tuttavia, non è tutto da buttare.
L'ingresso di Piccoli ha dato una verve differente all'attacco viola, così come Fazzini è riuscito a portare un po' di qualità in palleggio. La Fiorentina è venuta fuori contestualmente al crollo fisico del Napoli. Solamente lì ha trovato un po' di intraprendenza per provare a dire la propria nella partita, trovando prima il gol dell'1-3 (con la complicità di un fallo non sanzionato e di una evidente sbavatura di Milinkovic-Savic) e poi tentando un insperata rimonta nell'ultimo quarto di gara. Anche Sohm nel complesso è stato il migliore dei centrocampisti, mentre l'ingresso di Lamptey, in posizione di esterno davanti a Dodò, offre una traccia interessante per il futuro. La strada è ancora lunga, ma tra Como e Pisa deve necessariamente arrivare qualche punto.
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