derbyderbyderby rubriche cinegol L’irrequietezza di Gasperini e l’annientamento totale di Conte: “La dolce vita” dipinge Roma-Napoli

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L’irrequietezza di Gasperini e l’annientamento totale di Conte: “La dolce vita” dipinge Roma-Napoli

L’irrequietezza di Gasperini e l’annientamento totale di Conte: “La dolce vita” dipinge Roma-Napoli - immagine 1
La sfida di stasera tra le prime classificate non può lasciare indifferenti: la gara è stata riletta con la lente del capolavoro italiano "La dolce vita", con un focus sui percorsi esistenziali dei due allenatori.
Pietro Rusconi

Roma-Napoli non sarà una partita qualunque. La sfida che decide la testa del campionato italiano merita un film adeguato. Roma e Napoli sono luoghi dove la produttività culturale è stata particolarmente importante, soprattutto nel cinema. Sfondi di fiabe e favole ma anche protagoniste esse stesse della narrazione, personificate. Questo match ha bisogno di un simbolo e nessuno rappresenta meglio Roma e l'essenza italiana come "La dolce vita" di Federico Fellini (1960).

"La dolce vita" per Roma-Napoli

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Fare una sinossi accurata del film richiederebbe troppi caratteri, un articolo intero sarebbe il minimo da dedicare a questa stesura. Ma la bellezza del lungometraggio felliniano sta anche in questo; estrapolare e raccogliere alcuni spezzoni del film senza perdersi nell'ordine sequenziale degli avvenimenti. Perciò, per Roma-Napoli, è stata selezionata una scena in particolare: la cena a casa dell'intellettuale Steiner. Tuttavia, in breve, il film narra la storia di un giornalista, Marcello Rubini che attraversa la cosiddetta "dolce vita" romana degli anni '50. In questa atmosfera si circonda di vari personaggi: da intellettuali ad aristocratici, passando per attori e prostitute. Questa vita permette al protagonista di campare ma non lo soddisfa: essendo vuota e decadente, gli lascia una grande solitudine e altrettanta malinconia esistenziale.

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La Roma del Gasp interpretata da Marcello Mastroianni

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Per l'occasione, si è deciso di considerare solo un episodio del film: la discussione a cena fra Marcello e l'amico intellettuale Steiner. La conversazione è molto densa ma rimane fra le migliori della storia del cinema e riflette due personalità, visioni e concezioni della vita differenti. In questo dualismo, la Roma del Gasp è rappresentata dal personaggio del giornalista Marcello Rubini e il Napoli di Conte da Steiner.

Marcello vede in Steiner un modello da seguire e imitare. Lo invidia per la vita da intellettuale realizzato che conduce. Una famiglia buona e dolce, amici partecipi dell'alta cultura e un lavoro da scrittore serio. In tutto ciò il giornalista vede la salvezza dalla sua mondanità, una scappatoia dalla futilità del suo lavoro da paparazzo, utile per arrivare ad una pace esistenziale. Allo stesso modo Gasperini crede che sia arrivato il momento di richiedere e costruire ciò che merita: una Roma da scudetto. Gli anni all'Atalanta sono stati irripetibili e quello che ha fatto entra nella categoria del miracoloso. Ma addosso gli è sempre rimasta appiccicata l'etichetta dell'allenatore non da grande club, funzionale ad un contesto senza pressioni. Così il tecnico di Grugliasco ha finalmente scelto di misurarsi con le aspettative di un top club, così come Marcello avrebbe dovuto firmare un contratto con un editore serio.

Roma Gasperini

Nessuno più di Conte può fungere da modello per un'esistenza da allenatore realizzata pienamente. In Italia è semplicemente imbattibile (5 scudetti con 3 squadre diverse) e agli occhi del Gasp è la scelta giusta per arrivare alla vittoria e alla salvezza esistenziale. Inoltre, in Roma-Napoli, ci saranno proprio alcune trame di gioco comuni: dalla difesa a 3 all'ossessione per i quinti di centrocampo, passando per l'intensa riaggressione e la marcata verticalità.

Antonio Conte, lo Steiner del Napoli

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Nella discussione con Marcello, Steiner però fa cadere le fondamenta dell'idealizzazione del giornalista. La sua esistenza è solo apparentemente realizzata e pacificata. In realtà vive in una gabbia dorata, fatta sì di cultura e affetti ma profondamente organizzata e prevista, troppo perfetta. Anche l'intellettuale, a modo suo, ha come ispirazione per migliorare la propria vita la miserabile esistenza di Marcello, considerandola più desiderabile.

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Antonio Conte dovrebbe idealmente rappresentare l'insoddisfazione nella realizzazione. Seppur il tecnico salentino sia meno serafico dell'attore del film e più soggetto a escandescenze, la sua pace esiste. Conte vince sempre, ovunque va. La vittoria porta con sé una certa dose di tranquillità che permette un'esistenza chiara e certa. L'allenatore del Napoli sa che questa vittoria è vista come un pregio da tutti, ma al contempo rimane anche per lui una gabbia dorata. Antonio rimane rinchiuso nel suo tatticismo prevedibile, super organizzato, codificato e controllato. Questa struttura perfetta non è altro che un'illusione come la sua apparente felicità alle feste scudetto. Il suo stile di gioco funziona perché è rigido e freddo, quasi da distaccarsi dal calore della vita stessa. Questa perdita subconscia supera l'apparente gioia per la vittoria e come ogni ciclo contiano, porterà all'annientamento finale.