derbyderbyderby rubriche cinegol Le Sliding Doors fermano l’Italia Femminile sulla Glory Road

Così fa male

Le Sliding Doors fermano l’Italia Femminile sulla Glory Road

Italia Femminile
Un sogno lungo un minuto: l’Italia si ferma a un passo dalla storia, ma lascia un segno indelebile
Vincenzo Bellino
Vincenzo Bellino Redattore 

Così fa male. Fa male perché il destino ci ha voltato le spalle un attimo prima del lieto fine, quando il sogno sembrava finalmente realtà. L’Italia Femminile saluta l’Europeo 2025 in semifinale, sconfitta 2-1 dall’Inghilterra ai tempi supplementari. Un risultato che pesa più di quanto dica il punteggio, perché arriva a un solo minuto dalla gloria.

Sessanta secondi. Non uno di meno. Tanto mancava al triplice fischio quando il gol di Agyemang ha congelato il sorriso delle azzurre, allungando la sfida oltre il 90'. E da lì, il destino ha cambiato binario. Un rigore concesso per un’ingenuità di Serturini (se così la si può definire, ndr) — trasformato da Kelly sulla ribattuta dopo la prima prodezza di Giuliani — ha scritto l’epilogo più crudele per la selezione di Soncin.

“Un minuto può essere un’eternità, se credi che in quel minuto le cose possano cambiare”.Lo ha detto Cristiana Girelli(in una recente intervista a DAZN), simbolo e capitana di questa Nazionale. Lei che, contro la Norvegia, proprio negli istanti conclusivi della sfida contro le scandinave, aveva firmato il gol che ci aveva portati fin qui. Ma stavolta, quel minuto è stato il confine tra ciò che poteva essere e ciò che non sarà mai.

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Come un finale alternativo mai girato. Come una porta che si apre, o che si chiude, cambiando per sempre la direzione di una storia. È bastato un dettaglio, un attimo: Severini, da zero metri, calcia addosso al portiere inglese. Il gol del 2-0 è lì, a portata di piede. Ma quella porta si richiude. E con lei, la via per la finale.

Il calcio, come la vita, è fatto di scelte e incroci. Basta un rimbalzo, una decisione, uno slancio d’istinto. E tutto cambia. È successo tutto lì, nei 31 minuti finali che valgono una vita sportiva. E se qualcosa fosse andata diversamente? Se la direttrice dell'incontro avesse interpretato quel contatto in altro modo? Se il pallone di Severini avesse preso una traiettoria diversa? Le Sliding Doors del calcio, una dopo l’altra, hanno ribaltato il nostro finale.

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Ma questa storia non è solo beffa e rimpianto. È anche cammino, una Glory Road percorsa con coraggio, disciplina e visione. Andrea Soncin ha preso in mano questa squadra senza esperienza nel calcio femminile. Ha accettato la sfida, ha ricostruito, ha creduto. Ha scelto di allenare non solo una Nazionale, ma un’idea. Quella che il talento non ha genere. Che lo spirito non si misura nei trofei, ma nel modo in cui si combatte.

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Come Don Haskins nel 1966 con i Texas Western Miners, anche Soncin ha rotto un paradigma. Haskins cambiò per sempre la storia del basket universitario schierando per la prima volta un quintetto interamente afroamericano in un’America razzista, vincendo il titolo NCAA e lasciando un’eredità sociale oltre che sportiva. Soncin non ha vinto un trofeo, ma ha fatto molto di più: ha reso credibile un movimento che solo due anni fa ha ottenuto il professionismo, colmando con visione e carattere un gap di dodici anni rispetto all’Inghilterra.

L’Italia non era la favorita, ma è diventata indimenticabile. Ha messo in discussione gerarchie, ha battuto avversarie con più mezzi, ha giocato con idee e cuore. Ha acceso qualcosa. Non solo nei suoi tifosi, ma in chiunque abbia assistito al torneo con occhi sinceri. È stata una squadra bella, viva, fragile e feroce. E per questo, profondamente vera.

Italia

Alla fine, le lacrime non cancellano il cammino, ma lo rendono umano. Resta un’immagine: le azzurre a terra, stremate, gli occhi lucidi che guardano un cielo svizzero che non è stato clemente, ma che le ha viste volare. Resta un coro, un’emozione condivisa, un “noi” che ha unito un Paese intero, minuto dopo minuto.

E sì, un minuto può essere un’eternità. In quel minuto, abbiamo creduto. In quel minuto, siamo stati tutti azzurri. Anche se le porte si sono chiuse. Anche se non ci sarà una finale. Questa squadra ci ha portati comunque lontano. E forse, è proprio questo il finale giusto.