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CI PENSAVA SEMPRE DON ALFREDO...

DDD Story – Alfredo Di Stefano e il 5-0 al Barça: lusso, belle donne e Clasico…

9 Jul 2001:  Zinedine Zidane of France is presented with his shirt by Real Madrid President Florentino Perez and Di Stefano during a press conference to announce his signing for Real Madrid from Juventus of Italy, at the Palacio De Hielo in Madrid, Spain. Mandatory Credit: Allsport UK/ALLSPORT

Di Stefano al Barça o Di Stefano al Real? Decise tutto Francisco Franco, il Generalissimo...

Redazione DDD

di Luigi Furini -

Era amante del denaro, del lusso, delle donne dei gol. Portava un cognome italiano (il padre era di Capri) ma ha fatto la fortuna del Real Madrid. Era d’accordo con il Torino, in segno di riconoscenza dopo la tragedia di Superga, ma il profumo dei soldi lo ha portato sempre da un’altra parte. Alfredo Di Stefano, la “saeta rubia”, la freccia bionda, forse il più forte calciatore di tutti i tempi, nasce a Buenos Aires, il 4 luglio 1926. Il padre lo segnala al River Plate, che lo prende nel settore giovanile. Il ragazzino se la cava in tutti i ruoli: terzino, centrocampista, centravanti. Realizza anche una rete di pugno precedendo Maradona di un po’ di anni. Una volta lo mettono in porta (per infortunio del titolare) e fa la sua figura. Il 1949 è l’anno della svolta. E’ d’accordo con il Torino, in Argentina c’è un po’ di crisi, ma poi, invogliato dai soldi, scappa (in effetti è fuggito di notte) dai Millonarios di Bogotà (però la Colombia non è iscritta alla Fifa). Resta lì tre anni. Nel 1952 è in tournée in Spagna. Il Millonarios batte il Real (4-2), lui segna una doppietta e Santiago Bernabeu lo vuole con i “blancos”. Ma c’è un problema: negli stessi giorni il Barcellona prende Di Stefano dal River Plate e la Fifa ritiene regolare questo trasferimento. E qui entra in scena il “Generalissimo”, ovvero il dittatore Francisco Franco (tifoso del Real). Ci sono discussioni infinite: la “saeta rubia” può giocare con il Real oppure è valido il trasferimento al Barca?

 (Photo by Central Press/Getty Images)

(Photo by Central Press/Getty Images)

Naturalmente finisce al Real. Per i “blancos” è la svolta. Finora  hanno vinto solo due scudetti, sei ne ha vinti il Barca e quattro l’Atletico Madrid, che è il club più importante della capitale. Ma “don Alfredo” si presenta con una tripletta in un “Clasico” finito 5-0. Poi, a furia di gol e di giocate, porta la squadra di Bernabeu a vincere scudetti e Coppe dei campioni (cinque di fila, con Di Stefano che riesce a segnare in ciascuna partita di finale). La sua popolarità alle stelle. A inizio stagione 1963-64, il Real fa una tournée in Venezuela. I giocatori sono in albergo quando lui viene rapito da uomini armati del Fronte di Liberazione Nazionale del Venezuela. Tre giorni dopo viene liberato, incolume, senza pagamento del riscatto, ma l’azione (di propaganda) è servita perché tutti i giornali del mondo ne parlano per giorni. Il 1964 è il suo ultimo anno a Madrid, dopo 8 campionati e varie coppe (chiuderà la carriera, in totale, con 893 gol in 1126 incontri). Ha meno fortuna in Nazionale. Gioca sei partite con l’Argentina e 31 con la Spagna (si era naturalizzato, come avveniva spesso in quegli anni). Nel 1965 smette. Torna in Argentina per allenare il Boca Juniors e diventa, per forza, un “traditore”. Poi ancora in Spagna e nel 1981 il coronamento di un sogno: la panchina del Real al posto del dimissionario Vujadin Boskov. Da Madrid non si sposta più. Prende casa vicino al “Bernabeu” e per il resto dei suoi giorni (è morto nel 2014) continua a camminare lungo i giardinetti attorno allo stadio.

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