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IL PORTOGALLO STA STRETTO...

Portogallo, Jorge Andrade: “Darwin Nunez rischia di lasciare la nostra Liga, come Luis Diaz…”

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Andrade giocava nella Juventus 2007-08 di Claudio Ranieri...

Redazione DDD

Il calcio portoghese nel corso degli anni ha sempre regalato grandi fuoriclasse, e attualmente sono molti i calciatori lusitani a dominare la scena internazionale. Parla l’ex campione Jorge Andrade, che ha vestito le maglie di Porto, Deportivo La Coruña e Juventus. Jorge, hai iniziato il tuo percorso come calciatore nello Estrela Amadora, club che adesso milita nella seconda liga portoghese, con una storia importante, e dove attualmente sei ambasciatore e delegato in campo della prima squadra. Raccontaci di questo tuo legame con il club. “Ho cominciato a giocare qui quando avevo appena 8 anni, abitavo vicinissimo allo stadio. Anche mio padre e mio fratello hanno giocato nello Estrela, per cui è stato un processo naturale. Ho avuto la fortuna di far parte della prima squadra quando la società è diventata un club professionistico, militando in prima liga. Allora avevano anche già vinto una Coppa del Portogallo. La crescita del club ha coinciso con la mia crescita come giocatore, allora fui allenato da Fernando Santos, attuale CT della Nazionale Portoghese, con il quale raggiungemmo nella stagione 97/98 il settimo posto nella liga, e poi ho fatto altri due anni con Jorge Jesus. Questo palco mi diede l’opportunità di essere contrattato dal Porto, che giocava in Champions League, e questo mi rese molto orgoglioso del mio percorso. Qui c’è sempre stata la volontà di dare spazio e risalto ai giovani di talento. Ricordo che a parte me, altri giocatori di livello internazionale hanno vestito questi colori, come Abel Xavier o Miguel, con cui ho disputato l’Euro2004. Sfortunatamente il club ha poi avuto dei problemi finanziari, che hanno coinciso con la discesa in seconda liga, e solo recentemente, con la fusione con un’altro club, si è riusciti a ripartire dalla terza liga e risalire subito fino alla seconda di nuovo, nel giro di un anno. Siamo in una fase di crescita e ristrutturazione, e sono stato chiamato per contribuire con la mia esperienza, tanto come consulente e delegato in campo, ma anche come ambasciatore di questo grande club“.

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Perrotta e Jorge Andrade in un Roma-Juve 2-2 del settembre 2007 (Photo by Newpress/Getty Images)

Esiste dunque un progetto concreto per tornare nei prossimi anni a militare nella Liga Portugal? “Sì, esiste un progetto che si sta sviluppando, poco a poco - rivela Andrade a EuropaCalcio.it - e che mira a riportare lo Estrela Amadora nel posto che merita, cioè nella prima liga. Stiamo lavorando sul recupero dell’identità del club, sul richiamare i tifosi allo stadio, che non ci fanno mai mancare il loro affetto, e il clima che si crea con loro è bellissimo, di assoluta prossimità”. Jorge, ti ha mai stuzzicato l’idea di fare l’allenatore? “In verità ho il patentino da allenatore, lo presi poco dopo aver smesso di giocare. Ho anche allenato un po’, soprattutto i più giovani, ma ho svolto anche ruoli da vice-allenatore. Sono stato vice in seconda liga, e anche in prima liga, facendo parte dello staff tecnico del Vitória di Setubal. Mi piace lavorare sul campo, ma le mie scelte tentano sempre di conciliare famiglia e lavoro. Sinceramente ho trovato un certo equilibrio come commentatore televisivo e mi piace molto. Allenare richiede dedizione totale al club, e sento che ancora non sono in questa fase, preferisco per ora continuare a gustarmi il calcio da altre prospettive”.

Tu sei stato nominato recentemente anche ambasciatore della Liga Portugal, rappresentando dunque il calcio portoghese e i suoi valori. Cosa significa per te ricoprire questo ruolo? “Per me è un riconoscimento molto grande del mio percorso, anche perché ho giocato all’estero molto tempo, soprattutto in Spagna e un po’ in Italia. Ho rappresentato il mio paese vestendo la maglia della nazionale, e ora posso farlo nuovamente come ambasciatore. Attraverso questa opportunità posso trasmettere la mia esperienza ai giovani che si interessano al calcio, ed è un onore per me far parte di questo progetto. Siamo 22 ambasciatori e rappresentiamo il paese da Nord a Sud, ed è un orgoglio per me poter rappresentare la Liga nel suo evento più importante che è appunto la Coppa di Lega”. Rimanendo in tema calcio portoghese, qualche settimana fa, l’allenatore del Benfica Nélson Veríssimo, ha dichiarato che il campionato portoghese è ottimo per far crescere i giocatori, ma non ha potere economico sufficiente per far rimanere grandi campioni, e si riferiva alle voci di mercato su Darwin Nuñez. Tu cosa ne pensi “Sono convinto che la lega portoghese svolga un grande ruolo come lega di formazione per tanti professionisti. È sicuramente una lega di transizione per molti giocatori che vengono dall’America Latina per esempio, e che qui hanno la possibilità di mettersi in mostra, per poi passare a giocare nel campionato spagnolo o italiano. Recentemente anche la Premier League si sta interessando molto a questi giocatori, un esempio su tutti, Luis Diaz del Liverpool. Credo che il nostro campionato dia l’opportunità di apprendere con rigore, siamo ricchi a livello tattico, ed è un campionato competitivo. Può sembrare che non sia così, ma se togliamo le tre grandi, nelle altre squadre si insegna la responsabilità di dover vincere, si spinge l’atleta a dare il massimo, e chi ha talento alla fine emerge. Probabilmente siamo ancora lontani dall’essere una lega forte come le altre, e questo si deve a una minore affluenza di spettatori, e alle differenze strutturali dei vari impianti. C’è un disequilibrio tra le tre big del campionato e gli altri club, e questo dipende molto dai diversi budget a disposizione. Si sta lavorando però, a livello strutturale, affinché la Liga Portugal riesca a riequilibrare questo gap tra le squadre partecipanti”.

È opinione comune che il calcio italiano stia attraversando una fase di declino, non tanto a livello di prestigio, ma in termini di qualità, e questo lo si nota soprattutto nelle competizioni europee. Qual è il tuo punto di vista sulle condizioni del calcio italiano? “Certamente negli anni 90′ il calcio italiano era in auge, e tutti i migliori calciatori stranieri volevano giocarci, come Maradona o Gullit. Negli anni 2000 quando l’Inter comprò Ronaldo fu un affare enorme e le squadre erano altamente competitive. Oggi, i club probabilmente non hanno più quel potere economico che gli permetta di avere rose così competitive come allora. Certamente la visione del calcio italiano è differente da quella inglese o spagnola, e anche il coinvolgimento dei tifosi è diverso. Se le cose vanno male, ci mettono poco a smettere di andare allo stadio. Se invece si vince, tutti vanno allo stadio. Il fatto che l’Italia non si sia qualificata al mondiale, ha certamente raffreddato l’affetto dei tifosi per la nazionale. Credo che ci sia bisogno di nuovi idoli che possano rappresentare una nuova Italia calcistica, con la quale le persone possano identificarsi”.

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