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Stoke City-Notts County 1891, quando il rigore non esisteva: “Qui ci vuole una pena più forte…”

Omaggio all'inventore del calcio di rigore...

Era stato un portiere, William McCrum, il primo a lamentarsi

Redazione DDD

di Luigi Furini -

“Qui ci vuole una pena più forte”, pensano gli esperti. Siamo alla fine dell’800. Ecco che cosa è successo quando il rigore non esisteva. E’ la primavera del 1891. In Coppa d’Inghilterra si gioca Stoke City-Notts County. La squadra ospite è in vantaggio di un gol, ma i padroni di casa attaccano. Un tiro dello Stoke sta per finire in rete quando un difensore avversario, sulla riga di porta, ferma la palla con la mano. L‘arbitro decreta la punizione diretta. I difensori si mettono in barriera sulla linea di porta, l’attaccante dello Stoke batte forte, ma il pallone viene deviato in corner e la partita finisce. “E’ ingiusto – pensano all’International Board -. Dobbiamo inserire una penalità maggiore, un penalty”. Nasce così il calcio di rigore, entrato nel regolamento da campionato successivo.

Se ne discuteva da tempo, perché erano frequenti, in punti vicini alla porta, falli di mano o interventi pericolosi per evitare che gli attaccanti andassero in gol. Dall’altra parte, anche i portieri venivano travolti e rischiavano la pelle. Ed era stato un portiere, William McCrum, il primo a lamentarsi. La sua squadra andava male (zero punti in 14 giornate) ma, al di là di questo, non si potevano accettare comportamenti di certi attaccanti, con tackle durissimi e quasi impuniti. Così, prima ancora dell’entrata in vigore della “regola 14”, quella appunto che assegna il rigore, alcune squadre avevano deciso, di comune accordo, che in caso di grave fallo in area, chi subiva il torto aveva diritto a un “tiro libero”, a 12 yard (ovvero 11 metri) dalla riga di porta. E non ci dovevano essere avversari fra chi tirava e il portiere (anche se, all’inizio, si dava diritto al portiere di avanzare verso il pallone ai 5,50 metri, ovvero la metà di 11). Poi le regole sono via via cambiate e ora, all’estremo difensore, è richiesto di mantenere almeno un piede sulla riga di porta.

E di cambiamenti, il tiro di rigore ne ha subiti parecchi. Per esempio, nel 1893, in Aston Villa – Stoke City, l’arbitro fischia un rigore al 90’. E il portiere che cosa fa? Prende la palla e la manda in tribuna. Il tempo perché il pallone torni in campo e l’arbitro decreta la fine dell’incontro. Da allora si stabilisce che il rigore va comunque battuto. E si stabilisce, siamo nel 1902, di segnare in area anche il punto esatto di battuta (ovvero si disegna il dischetto) perché,  fino ad allora, era l’attaccante che poteva scegliere da dove tirare, purchè a 11 metri dalla porta. Secondo la cultura inglese, sbagliare un rigore è peccato gravissimo. E avevano pensato, addirittura, di punire con l’arresto il calciatore che, per manifesta incapacità, avesse sbagliato il tiro dagli undici metri. Poi questa regola non è mai entrata in vigore. Chissà come sarebbe finita per Martin Palermo, centravanti dell’Albiceleste che, nel 1999 in Copa America, ha sbagliato 3 rigori nella gara Argentina-Colombia (finita 0-3).

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