derbyderbyderby calcio italiano ESCL. – Enzo Raiola: “Pinamonti da top club, vi dico il futuro di Balotelli. Gravenberch-Milan? Mai vicino”
Esclusiva

ESCL. – Enzo Raiola: “Pinamonti da top club, vi dico il futuro di Balotelli. Gravenberch-Milan? Mai vicino”

Nancy Gonzalez Ruiz
Nancy Gonzalez Ruiz
L’agente Vincenzo Raiola parla dei suoi assistiti: dal futuro di Mario Balotelli alle voci su Gravenberch al Milan, fino ai retroscena su Van de Ven, Cocchi e i giovani talenti da seguire
00:27 min

In esclusiva ai nostri microfoni, Enzo Raiola – cugino di Mino e tra i procuratori più influenti del panorama italiano – racconta il momento e alcuni retroscena dei suoi giocatori. Non solo Mario Balotelli e Andrea Pinamonti, ma anche Kluivert, Gravenberch, Van de Ven, Cocchi e giovani promesse come Andrea Natali (Bayer Leverkusen) e Zanaga (Empoli), su cui il procuratore italiano ha deciso di scommettere.

L'intervista completa a Enzo Raiola

Oggi il mercato è cambiato profondamente: l’utilizzo di dati, algoritmi e intelligenza artificiale sta influenzando anche la scelta dei giocatori. In che direzione sta andando il calciomercato da questo punto di vista?

"Anche noi, come agenzia, stiamo sviluppando un sistema interno di raccolta dati. All’inizio ero scettico, perché vengo da una scuola “vecchio stampo” nella ricerca e valutazione dei giocatori. Per me, quell’approccio deve rimanere immutato. I dati oggi aiutano su molti aspetti, evidenziando caratteristiche del calciatore, ma continuo a credere nell’osservazione diretta: seguire il giocatore dal vivo resta fondamentale. Per noi agenti è altrettanto importante conoscere il “dietro le quinte”: la vita fuori dal campo, come cura la professione, l’ambiente che lo circonda. Sono informazioni fondamentali per capire la prospettiva futura di un calciatore e il suo percorso di crescita".

Non c’è il rischio che questa “datafication” del calcio penalizzi l’intuizione di un direttore sportivo e l’attitudine umana di un giocatore?

"In Italia il sistema di valutazione, per la maggior parte, è ancora molto tradizionale. Tanti direttori sportivi si affidano ancora a metodi “classici”, basati su conoscenze dirette, rapporti e osservazioni dal vivo. Il modello basato sui dati è più utilizzato da società di proprietà americana, che importano un approccio simile a quello dell’NBA. Ma qui il metodo tradizionale resta predominante, soprattutto tra i direttori sportivi 'vecchio stampo'".

In questo contesto sempre più guidato da modelli predittivi e intelligenze artificiali, quanto conta ancora il ruolo del procuratore e delle famiglie?

"Il ruolo del procuratore resta centrale. L’algoritmo può dirti tante cose, ma un agente deve conoscere la persona oltre al calciatore. La famiglia ha un ruolo fondamentale, soprattutto con i giovani. Nella mia agenzia lavoriamo con i ragazzi fin da quando sono molto giovani, costruendo un progetto che parte dal settore giovanile e arriva alla carriera professionistica. Oggi, dopo tanti anni, seguiamo anche i figli dei nostri ex giocatori, qualcuno dei quali è diventato allenatore o direttore sportivo. In Italia l’aspetto familiare è predominante: i genitori influenzano molto le scelte dei figli. In Nord Europa, invece, le famiglie lasciano più libertà, consentendo ai ragazzi di sbagliare e maturare. Io credo che la famiglia sia importante per dare sostegno emotivo e caratteriale, ma dovrebbe evitare di intromettersi troppo nelle dinamiche tecniche. L’equilibrio è essenziale".

Come è cambiato il tuo lavoro negli ultimi dieci anni?

"Non è cambiato nella sostanza, ma nella gestione. Penso a quando seguivo giocatori come Jack Bonaventura: la gestione di un ragazzo come lui era diversa rispetto a quella di un ventenne di oggi. I giovani di oggi sono più impazienti: con i social e la velocità delle informazioni, pretendono risultati immediati. I ragazzi di qualche anno fa avevano più pazienza, sapevano aspettare. Il cambiamento riguarda soprattutto la mentalità con cui noi agenti dobbiamo approcciare la nuova generazione. Dal 2000 in poi c’è stato un cambio radicale: oggi bisogna adattarsi a un mondo molto più rapido e mediaticamente complesso, anche nei rapporti con club e direttori sportivi, che talvolta usano sistemi di analisi più basati sui dati che sull’osservazione diretta".

Qual è stato il trasferimento più complicato che hai gestito? E quello che ti ha dato più soddisfazione?

"Non c’è un trasferimento “più complicato” in assoluto, ogni operazione ha le sue difficoltà. Spesso non sono le trattative più costose a essere le più complesse, ma quelle in cui bisogna trovare un punto d’incontro tra club con esigenze molto diverse. I prestiti, ad esempio, possono sembrare semplici, ma quando ci sono opzioni di acquisto o clausole particolari, la gestione si complica. Ogni trasferimento, piccolo o grande che sia, richiede attenzione, pazienza e capacità di mediazione"

A proposito di prestiti, Pinamonti ha fatto bene al Genoa, ma ora è tornato al Sassuolo. È possibile rivederlo lì nella prossima stagione?

"Su Pinamonti ho sempre detto una cosa: nulla togliendo al Sassuolo o al Genoa, credo che Andrea abbia raggiunto la maturità giusta per giocare in un club di alta classifica. Quest’anno al Genoa ha fatto un salto di qualità: si è caricato la squadra sulle spalle, si è responsabilizzato più di qualche anno fa. Per me è pronto per un grande club, sia in Italia che all’estero. Naturalmente è ancora un giocatore del Sassuolo e darà il massimo finché indosserà quella maglia, ma sono convinto che presto possa fare il salto in una squadra di vertice. Andrea oggi è molto molto attenzionato: sia in Italia che all'estero diversi club stanno seguendo la sua situazione con grande interesse".

Justin Kluivert ha disputato una stagione positiva al Bournemouth. In Serie A, invece, ha riscontrato diverse difficoltà: cosa non ha funzionato in Italia?

"Credo che Justin abbia pagato l’arrivo in Italia troppo giovane. Venire dall’Olanda alla Serie A non è semplice: il campionato è diverso, la pressione è più alta. A Roma, poi, la piazza è particolarmente esigente: stadio, tifosi, aspettative, tutte pressioni che possono pesare su un ragazzo di vent’anni. Forse avrebbe avuto bisogno di più tempo e di un percorso di crescita più graduale. In Inghilterra, invece, ha trovato un ambiente dove si è espresso con più libertà e i risultati si sono visti".

Gravenberch al Milan è stato un tema nel sia nel 2023 che l’anno scorso. Quanto sono state vicine le parti?

"L’interesse per Ryan non è arrivato solo dal Milan, ma anche da altri club italiani. È sempre stato un giocatore molto seguito, già dai tempi dell’Ajax. Però non c’è mai stata una vera trattativa con un club italiano: ci sono stati apprezzamenti, sondaggi, ma mai un tavolo aperto per il suo trasferimento in Italia".

Parliamo di Mario Balotelli. Ci sono contatti con qualche club italiano? Possiamo rivederlo in Serie A o quale sarà il suo futuro?

"L’anno scorso Mario ha fatto una scelta di cuore e di vita, decidendo di restare in Italia nella speranza di trovare un club. Alla fine c’è stata un’opportunità, ma le cose non sono andate come si sperava. Mario ha sempre avuto molte richieste dall’estero e continua ad averne, ma oggi lo vedo difficile rientrare in Serie A, soprattutto dopo quest’ultima esperienza non positiva. Non per mancanza di impegno, perché ha dato tutto per dimostrare il proprio valore, ma non ha trovato le condizioni ideali. Gli dissi già l’anno scorso che avrebbe dovuto valutare le offerte dall’estero, che erano importanti. Lui ha scelto l’Italia e io ho rispettato la sua volontà. Oggi non ci sono trattative avviate per lui in Italia: valuteremo altre soluzioni, ma la decisione finale spetta a lui. Torino? C’è stato un colloquio con la proprietà granata per valutare la fattibilità, ma poi il Genoa si è mosso rapidamente e Mario ha preferito accettare la loro proposta".

Torniamo in Premier League. Van de Ven sta facendo molto bene al Tottenham. In passato poteva arrivare anche in Italia?

"Qualche anno fa c’era stata una possibilità con il Pisa. Van de Ven allora giocava al Volendam, nella seconda divisione olandese, e il Pisa fu la prima società italiana a chiedere informazioni su di lui. Ricordo bene quella situazione perché il Pisa, avendo una proprietà americana, guardava molto ai dati e fu il primo club a fare un’offerta. Parliamo di circa cinque anni fa. Devo dare merito al Pisa per averci creduto per primo. lla fine, però, le richieste economiche del club olandese erano troppo alte e l’operazione non si concretizzò. L’anno successivo Van de Ven andò al Wolfsburg, e da lì i costi sono aumentati, rendendo impossibile un suo ritorno nel mirino dei club italiani".

Per quanto riguarda l’Inter, possiamo aspettarci di vedere Matteo Cocchi in prima squadra o è più probabile un prestito?

"Su Matteo ho sempre ricevuto grandi apprezzamenti dai dirigenti dell’Inter. Quest’anno il suo allenatore in prima squadra (Chivu ndr) è lo stesso che lo ha seguito in Primavera, quindi lo conosce bene. Dopo due stagioni giocate sotto età, penso che sia pronto per confrontarsi con il calcio dei grandi. L’Inter ha avviato il progetto Under 23, ma stiamo valutando la scelta migliore per lui: restare e provare a ritagliarsi spazio, o andare in prestito per giocare con continuità".

Ci puoi fare un nome interessante da tenere d’occhio nei prossimi anni?

"Tra i 17 e i 18 anni vi dico di tenere d’occhio Andrea Natali, figlio di Cesare Natali (ex Atalanta, Bologna, Torino e Fiorentina ndr). Si sta allenando con la prima squadra del Bayer Leverkusen e ha già giocato nell’Under 19. Un altro nome è Zanaga, attaccante dell’Empoli, classe 2008. Sono due profili che, per età e potenziale, meritano menzione speciale. Ovviamente ci sono tanti altri giovani interessanti, ma preferisco non parlarne troppo per lasciarli crescere senza pressione"