- Notizie Calcio
- Calcio Italiano
- Editoriali
- Calcio Estero
- Altri Sport
- Rubriche
- Redazione
calcio italiano
di Max Bambara
C’è una grande differenza fra un discorso di campo ed un discorso da bar. Il primo affonda le sue basi sull’analisi; il secondo le affonda nei meandri incantevoli del battutismo fine a sé stesso. Questa distinzione ci aiuta ad introdurre un tema scomodo: Bryan Cristante. Per molti milanisti un rimpianto. A mio personale avviso, l’esempio più calzante della bellezza e della particolarità del calcio. Vengo al punto. Il ragazzo oggi viene indicato, dai più, come errore di mercato del Milan che, nell’estate 2014, lo cedette al Benfica e col ricavato andò a prendere Jack Bonaventura. In realtà, in quel tempo il Milan fece una valutazione che, successivamente, si è poi rivelata corretta: ha bocciato il Cristante regista ad alto livello. Non a caso, nel suo peregrinare fra Benfica, Palermo e Pescara, il buon Bryan ha fatto fatica persino a giocare da titolare in quanto i suoi tempi di gioco come posizionale davanti alla difesa erano troppo lenti per un calcio come quello moderno.
A Bergamo, sono stati bravissimi sia il giocatore e sia soprattutto Gasperini a ragionare su un cambio di ruolo: non più giocatore posizionale con l’onere di dare i tempi alla squadra, bensì centrocampista incursore abile a sfruttare gli spazie dipendente dai tempi di gioco della squadra. La rivoluzione copernicana su Cristante è stata compiuta da Gasperini perché la valutazione del Milan sul Cristante regista era corretta. Bravo il giocatore a crederci ma la sua crescita, graduale, non avrebbe mai potuto avvenire se fosse rimasto di proprietà del Milan perché le società di provincia non hanno interesse a far giocare i giocatori in prestito di altre squadre e, da qualche tempo, è stata abolita la comproprietà. I piccoli club valorizzano, preferibilmente, il materiale proprio e l’esempio di Cristante ricorda molto quello di Matteo Darmian. Anche lui fu bocciato dal Milan come difensore centrale, anche lui fu bravissimo a reinventarsi esterno difensivo in altri ambienti e con pressioni minori.
La parabola di Cristante lo ha portato ad essere un ottimo giocatore di Serie A. Se sia un giocatore da grande club, oggi, è però valutazione ancora prematura, forse eccessiva. Non basta mezza stagione di livello alto per dare certezze assolute ed incontestabili. L’annata di Bertolacci al Genoa 2014-2015 insegna tanto. Ci sono maglie che pesano più del loro valore specifico e ci sono stadi dove esprimere sé stessi rimane un obiettivo a coefficiente di difficoltà molto più alto. Il Milan, all’epoca, ha fatto un’operazione conveniente anche in ragione dell’arrivo di Bonaventura. Rimpiangere ciò che è oggi Cristante non ha senso: senza quella cessione sarebbe ancora un giocatore incompiuto e probabilmente mal sopportato dall’esigente pubblico di San Siro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA