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FLACHI FRA VIOLA E SAMP

Francesco Flachi: “Capisco Prandelli, la Fiorentina adesso non è un gruppo”

GENOA, ITALY - JANUARY 12: Francesco Flachi ex player of UC Sampdoria before the Serie A match between UC Sampdoria and Brescia Calcio at Stadio Luigi Ferraris on January 12, 2020 in Genoa, Italy. (Photo by Paolo Rattini/Getty Images)

L’amore viscerale per la Fiorentina, la passione per i colori blucerchiati, i gol e il rapporto con compagni e allenatori: Francesco Flachi ha ripercorso le tappe principali della propria carriera

Redazione DDD

Mai banale Francesco Flachi, come un gol in rovesciata, simbolo principe di spontaneità e specialità della casa. Un gesto tecnico che lo dipinge senza filtri nel momento stesso in cui, attraverso una rotazione quasi innaturale del corpo, si passa dalla posizione iniziale a quella proverbiale a testa in giù. Metafora di vita, allegoria di un’esistenza divisa equamente tra memorabili gesta e crolli inaspettati. Un amore viscerale per la Fiorentina, una passione irrefrenabile per la Sampdoria. Fiorentina-Cosenza, primo gol in maglia viola. Cosa hai provato a vedere il tuo nome sul tabellino dei marcatori accanto a quelli di Effenberg e Batistuta? Cosa si prova, da fiorentino doc, ad esultare sotto la Fiesole? “Il massimo per un ragazzo che, come me, nasce in curva. É successo tutto in fretta: ho fatto tutta la trafila del settore giovanile - ha raccontato Flachi a FootballNews24 - qualche volta mi sono allenato con la prima squadra e poi è arrivata la svolta in occasione del Torneo Anglo-Italiano. Mancava qualche giocatore e, di conseguenza, ho avuto l’opportunità di confrontarmi con i grandi in partite ufficiali. Mi ricordo che sono entrato in campo mentre stavamo perdendo 1-0 contro il Portsmouth, decidendo la partita con un gol e un assist per Banchelli. Da quel momento in poi sono rimasto in prima squadra, esordendo a Cesena e debuttando subito dopo al Franchi già con la maglia numero 10 indosso. Venti giorni prima salivo gli scalini per entrare in Curva Fiesole, venti giorni dopo entravo nello stadio dei miei sogni dall’ingresso principale. É stato tutto talmente veloce che non ci ho nemmeno pensato e forse è stato meglio così, perché non avevo tante pressioni e questo mi ha permesso di gestire al meglio anche questa situazione. Con il Cosenza il primo gol in Serie B, un’emozione bellissima e indescrivibile per un tifoso della Fiorentina come me“.

 (Photo by Michael Steele/Getty Images)

(Photo by Michael Steele/Getty Images)

L’1 aprile è stato il compleanno di Giancarlo Antognoni. Cosa rappresenta per un tifoso viola? “Antognoni rappresenta la storia del calcio fiorentino, è il simbolo di Firenze sia come giocatore che come persona per tutto quello che ha fatto per questi colori. Io ho avuto il piacere di conoscerlo e sono d’accordo su tutto quello che viene detto di lui, è una persona eccezionale. Ha sempre detto che il fiorentino ti restituisce tanto se tu gli dimostri rispetto con i fatti e non con le parole e penso che siano parole sacrosante. Facendo un piccolo paragone, lui per Firenze rappresenta quello che io ho rappresentato per Genova“.

Da Iachini a Prandelli fino al Iachini bis. Prima di andarsene, proprio Prandelli ha confessato di non rispecchiarsi più nel calcio di oggi. Ti trovi d’accordo con lui? “É cambiato tutto, prima avevamo più personalità, più appartenenza alla maglia che si indossava. Ora si lavora molto sul singolo giocatore e non sul gruppo e, anche se non sono nel mondo del calcio da tanto tempo, un gruppo lo si riconosce subito. La Fiorentina, in questo momento, non lo è. In generale c’è più freddezza nei confronti dei tifosi, mentre è forse uno degli aspetti più belli camminare in mezzo alla gente sia quando le cose vanno bene che quando invece non vanno per il verso giusto. Bisogna rimanere ancora più uniti nelle difficoltà, i giocatori devono prendersi le proprie responsabilità anche nelle interviste. Queste cose non ci sono più, anche perché i calciatori non fanno nemmeno in tempo ad affezionarsi che vanno via e, dopo qualche partita giocata bene, il loro valore di mercato sale alle stelle. Questo incide sullo spogliatoio, i social hanno cambiato tutto: ai nostri tempi il gruppo era sacrosanto, guai se trapelava qualcosa all’esterno. Non solo Prandelli, anche Allegri ha detto qualcosa di simile in una recente intervista. Il tutto e subito è sbagliato, si dà troppa importanza in poco tempo al singolo e questo ti porta a sentirti immediatamente appagato e a non sudarti il raggiungimento di un certo livello. La nostra epoca è cresciuta sulla strada, si è fatta le ossa giocando con i più grandi, prendendo gli schiaffi, imparando la malizia e la voglia di non perdere mai. Se perdevamo e dovevamo andare al ristorante, si cancellava subito la prenotazione…Quando da piccolo iniziavi a giocare, non c’erano 2-3 bambini bravi, ce n’erano 22, quindi quando li saltavi voleva dire che valevi veramente. Oggi facciamo ancora troppa fatica, forse anche perché c’è ancora troppa poca gente nel calcio che ha vissuto veramente questo sport“.

Dall’amore viscerale per la Fiorentina a quello per la Sampdoria. C’è stato un episodio preciso dopo il quale hai pensato che saresti potuto diventare una bandiera blucerchiata? “Il primo anno a Genova ho fatto fatica perché, arrivando a parametro zero, non ero stato scelto dall’allenatore, ma dalla società. L’arrivo di Cagni ha cambiato tutto, perché mi ha dato fiducia. Mi ha sempre detto ‘Io ti ho dato fiducia, più di quello non potevo fare. Dopo sei stato bravo tu’. Anche il rapporto con gli allenatori, ai miei tempi, era molto diverso. Non avevi tutto questa confidenza, gli allenatori cercavano di scuoterti, di motivarti, alle volte si arrivava anche faccia a faccia per tenere alta l’attenzione perfino durante gli allenamenti. Quando si perdeva non volava una mosca fino all’ultima mezzora della partitella del martedì. Noi eravamo preoccupati della reazione del tecnico il giorno dopo, oggi vedo tanti allenatori che, anche in caso di sconfitta, abbracciano allegramente i propri giocatori a fine partita. C’è poca appartenenza, una volta lo spogliatoio si condivideva e non ottieni i risultati che ha conquistato la Sampdoria in quegli anni senza la forza del gruppo”.

Terzo marcatore di tutti i tempi nella storia della Sampdoria dopo i gemelli del gol Vialli e Mancini. Qual è stato il gol più bello segnato in maglia blucerchiata? “Sarebbe facile ricordare un gol segnato in rovesciata, invece dico quello realizzato contro il Messina che ci ha dato la sicurezza della permanenza in Serie B. Quello è stato un anno un po’ particolare perché, nonostante avessimo una squadra costruita per tornare in Serie A, abbiamo incontrato grandi difficoltà, rischiando di retrocedere in Serie C. Mi ricordo che la scadenza del mio contratto era vicina, avevo già fatto quasi 60 reti tra campionato e coppa e mi voleva il Monaco. Non ho accettato, anche per un sentimento di riconoscenza nei confronti del popolo blucerchiato, e quella forse è stata la svolta nella storia d’amore tra Francesco Flachi e la Sampdoria“.

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