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Gianfranco Zola: “Adoro Mertens, sono felice per Joao Pedro, Di Francesco deve solo trovare equilibrio difensivo”

CAGLIARI, ITALY - OCTOBER 15:  Carlo Catte, Tommaso Giulini, Gianfranco Zola, Stefano Filucchi and Mario Passetti pose for a photo during the Serie A match between Cagliari Calcio and Genoa CFC at Stadio Sant'Elia on October 15, 2017 in Cagliari, Italy.  (Photo by Enrico Locci/Getty Images)

L’ex giocatore e allenatore del Cagliari ha parlato di tanti temi a Il Cagliari: al soprannome Magic Box nel Chelsea al passaggio da giocatore nel suo Cagliari, che poi ha anche allenato

Redazione DDD

Gianfranco Zola, ospite a Videolina e Radiolina in streaming, nella trasmissione Il Cagliari in diretta, si è raccontato: "Purtroppo la situazione Covid non ha permesso sia a me che e alla mia famiglia di rientrare in Inghilterra. Lì non si è in sicurezza. Mio figlio sta svolgendo la didattica a distanza. Al Chelsea il soprannome Magic Box mi venne dato dai tifosi, ma il motivo reale non l’ho mai saputo. Forse per il mio modo di giocare. In quel periodo non era facile arrivare lì. Insieme a me ci furono Vialli e Di Matteo, per fare due nomi. Il passaggio dal Chelsea non è stato per nulla difficile, anche perché ci sono arrivato con lo spirito giusto e l’idea giusta. Avevo una grande motivazione, ovvero quella di giocare nella squadra della mia regione, per la quale facevo tifo di ragazzino. Volevo fortemente fare bene nel club e chiudere la mia carriera in rossoblù. Questa situazione mi ha indubbiamente aiutato ad entrare subito e immedesimarmi nel progetto. Inoltre aver trovato dei ragazzi fantastici, mi ha aiutato tantissimo. La mia carriera attuale? Dopo l’ultima esperienza in panchina, ho deciso di staccarmi un attimo dal calcio e focalizzarmi su cose personali e sulla famiglia, cosa che per tanti anni non ho fatto da giocatore e poi allenatore. Il gol di testa alla Juventus? Non so se il più bello ma certamente il più sentito e voluto sì”.

 (Photo by Enrico Locci/Getty Images)

(Photo by Enrico Locci/Getty Images)

Calciocasteddu.it ha raccolto anche i passaggi relativi ad altri temi: "La panchina del Cagliari? Fare l’allenatore della mia squadra del cuore è stato un azzardo, anche perché sono arrivato a stagione iniziata in una squadra che non era mia. Ho cercato di dare il massimo e tutto me stesso. Purtroppo non sono riuscito a incidere. La squadra aveva un grande potenziale, ma c’erano dei giovani che soffrivano le difficoltà e non riuscivano a dare il meglio di loro stessi. Per me un grosso dispiacere, ma le circostanze non hanno aiutato. Joao Pedro? Quando arrivai io non giocava regolarmente e aveva un ruolo diverso. Dopo qualche allenamento, io e Gigi Casiraghi avevamo capito che potesse avere un grande potenziale. I risultati ora si vedono. In fase offensiva è devastante. Controlla subito la palla e tira in porta. Rispetto ai miei tempi è cambiato parecchio. A me piace Mertens del Napoli, che sta a metà tra un attaccante e una mezza punta. Rispetto al sottoscritto è più attaccante, così come Insigne. Da giovane ero molto timido, avevo difficoltà nel mettere assieme due parole di fila. Maradona? Immenso. Quando ti era vicino sentivi la sua presenza. Una persona di grande spessore. mi ricordo che ero emozionato e non sapevo che cosa dire quando mi parlava”.

La squadra di oggi: “Il Cagliari dal punto di vista offensivo gioca molto bene, esattamente come tutte le squadre allenate da Di Francesco, ma è ancora in una fase in cui non sta esprimendo tutti il suo valore. Dal punto di vista difensivo forse deve trovare ancora il giusto equilibrio, ma sono sicuro che farà bene. Sono stato calciatore e per me il calcio senza pubblico non è calcio. Una delle motivazioni più forti è far divertire gli spettatori e dare emozioni. Vedere le partite senza tifosi, anche se capisco ci siano giuste motivazioni per il Covid, non è la stessa cosa“.

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