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L’Atalanta e le lezioni di bon ton: il tifo contro tutto italiano e Gasperini, Cesare Maldini sul 6-0 non saltava…

LISBON, PORTUGAL - AUGUST 12: Gian Piero Gasperini, Manager of Atalanta gives his team instructions during the UEFA Champions League Quarter Final match between Atalanta and Paris Saint-Germain at Estadio do Sport Lisboa e Benfica on August 12, 2020 in Lisbon, Portugal. (Photo by Rafael Marchante/Pool via Getty Images)

Tifo contro post-Psg: non contro l'Atalanta...il tema è Gasperini

Redazione DDD

di Max Bambara -

Subito dopo il fischio finale di Atalanta-PSG, si sono scatenati i tanti maestrini del pensiero debole (in Italia da sempre in servizio permanente ed effettivo), lesti a riprendere e poi a rimproverare pubblicamente quei tifosi di altre squadre che, legittimamente, avevano tifato per l'eliminazione dei bergamaschi dalle coppe europee e se ne compiacevano sui social. La tesi emergente, divenuta in pochi minuti sentenza inappellabile e, nel contempo, dogma indiscutibile, era che tifare contro una squadra italiana in Europa non ha senso; bisogna addirittura vergognarsi di farlo. Bisogna provare ancora più vergogna inoltre se questa squadra rappresenta una città come Bergamo, martoriata dalla pandemia nei mesi scorsi. A tal proposito, è bene sin da subito chiarire come utilizzare i morti come pretesto per sostenere una propria opinione (legittima, ma pur sempre opinabile) non è mai opportuno. Diventa un boomerang che ti torna indietro e che manca di rispetto chi, purtroppo, ha perso la vita. Mai mischiare le cose serie con lo sport. In troppi tuttavia, fra i giornalisti e fra un certo tipo di stampa, hanno cavalcato questo manifesto del pensiero moralista, reprimendo quei tifosi che, sui social, erano lieti dell'eliminazione dell'Atalanta dalla Champions League. Probabilmente si è persa ormai la contestualizzazione dello spirito del calcio nel nostro paese e si pretende di dare lezioni di moralità e di poter scrivere, magari, una “carta dei doveri del tifoso”. Il tutto in una materia in cui la rivalità sportiva e la spontaneità dovrebbero avere assoluta prevalenza su ogni altro sentimento.

Gian Piero Gasperini a Lisbona

Gian Piero Gasperini a Lisbona

Il tifo in fondo è la cosa più naturale del mondo e chi ama il calcio dovrebbe essere libero di sostenere la propria squadra del cuore e di approcciare soggettivamente alle rivalità con le altre squadre, senza curarsi di questioni di altra natura. Ed invece, singolarmente, gli appassionati di calcio italiano hanno scoperto che dopo la privazione del calcio negli stadi e dopo le bacchettate fuori luogo del ministro Spadafora sugli "eccessi" del calcio, adesso sono persino iniziate le lezioncine di bon ton per i tifosi che devono iniziare a distinguere cosa è giusto e cosa è sbagliato. In futuro, chissà, in questo processo ormai avviato di statolatria dilagante e liberticida, ci verranno finanche spiegati i modi giusti per esultare ad un gol e verranno bandite le parole meno nobili che spesso campeggiano sugli striscioni negli stadi. Peccato perché in questo modo si produce solo un risultato certo, ovverosia la perdita di credibilità da parte del sistema che finisce per sbeffeggiare il tifoso che, avrà certamente un milione e duecentomila difetti, ma contribuisce con la sua passione e coi suoi sacrifici economici al mantenimento del sistema.

Ci si chiede pertanto, dove sta il rispetto del tifoso in questa paradossale alzata di scudi verso il tifo contro che, nel calcio, esiste sin dalla notte dei tempi? Per caso, secondo i benpensanti, i tifosi sono obbligati a rimanere reclusi all'interno del recinto ideologico del politicamente corretto? Per rimanere al tema suggerito dal campo, l'Atalanta merita certamente soltanto applausi per questo suo percorso europeo. Applausi e doverosi riconoscimenti perché il merito, nello sport, va sempre sottolineato. La rivalità sportiva che in tanti possono iniziare ad avere e l'antipatia naturale verso il modo di stare al mondo del suo allenatore non sono concetti che precludono questi riconoscimenti. Tuttavia esistono e vanno rispettati. Gian Piero Gasperini è libero di offendere un giornalista colpevole di avanzare, a suo giudizio, soltanto domande scomode; è altrettanto libero di porsi in maniera maleducata verso i colleghi o di fare i saltelli di scherno verso gli avversari dopo un 5-0 casalingo.

Certe cose però rimangono impresse nella memoria e nella sensibilità di chi ama il calcio, a prescindere dall'appartenenza e dall'amore per una maglia. Catalogare, com'è accaduto, i tifosi del Milan quali "rosiconi" attribuendo il loro tifo contro l’Atalanta alla pesante sconfitta subita a dicembre scorso contro la squadra di Gasperini non è cosa buona e giusta e non è intellettualmente onesto. Provate a chiedere ad un tifoso interista una opinione su Cesare Maldini: non troverete un solo parere negativo, nonostante l'indimenticabile papà di Paolo sia ancora oggi ricordato per un derby del 2001 in cui sconfisse l'Inter per 6-0. A differenza di Gasperini, Maldini non si mise a fare i saltelli ai cori dei tifosi; ebbe talmente rispetto per l'avversario che, ad un certo punto, decise di togliere Shevchenko dal campo per non infierire su un pugile alle corde. Massimo rispetto per l'Atalanta ed onore al suo percorso europeo. Il tifo però è una cosa troppo importante e troppo spontanea per diventare oggetto di lezioncine improvvisate e di ipocriti moralismi da due soldi. Lasciamo liberi i tifosi di avere le loro simpatie e le loro antipatie sportive. E, soprattutto, lasciamo in pace i morti che non meritano strumentalizzazioni inutili.

 

 

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