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Milan, le dichiarazioni mensili di Mirabelli e il rischio di apparire il maestrino della penna rossa

CAGLIARI, ITALY - JANUARY 21:  Massimiliano Mirabelli, chief sport officer of Milan  during the serie A match between Cagliari Calcio and AC Milan at Stadio Sant'Elia on January 21, 2018 in Cagliari, Italy.  (Photo by Enrico Locci/Getty Images)

Loquacità inopportuna: troppe dichiarazioni fuori luogo di Mirabelli e troppi riferimenti continui al Milan

Redazione DDD

di Max Bambara -

Con la solita cadenza mensile sono arrivate, puntualissime, le dichiarazioni di aprile sul Milan di Massimiliano Mirabelli, ex direttore sportivo del club rossonero, da quasi due anni disoccupato di lusso in attesa di una nuova avventura in un’altra squadra. Stona come al solito Mirabelli nel suo tentativo, non proprio riuscito, di rivalutare il suo lavoro in seno al Milan, sminuendo più o meno velatamente tutto ciò che il club meneghino ha fatto, o ha tentato di fare, negli ultimi due anni. Per il dirigente calabrese, l’addio al Milan del luglio 2018 è stato evidentemente un momento molto difficile, un boccone amaro non digeribile, magari per il suo ego, magari per le aspettative che aveva in relazione al suo percorso da dirigente o forse per una semplice questione di ambizione.

La vita tuttavia va avanti e quel che Massimiliano Mirabelli non ha colto finora è che questo continuare a parlare del Milan con toni da maestrino della penna rossa (De Amicis ci perdonerà se prendiamo in prestito questa metafora dal suo Cuore) non gli porterà di certo benefici professionali. Anche ieri, intervistato sul suo argomento preferito, si è lasciato andare a qualche dichiarazione dal doppio sapore, condita da un milanismo d’opportunità, col retrogusto inevitabile della lezioncina da imparare. L’ex direttore dell’area tecnica milanista infatti è convinto che, nell’estate del 2017, la società abbia fatto il massimo possibile per arrivare a rinnovare il contratto di Donnarumma che, ad un certo punto, sembrava vicino a lasciare il Milan.

A ciò, Mirabelli ha accompagnato la solita e mai assente battuta sulle commissioni: “noi non abbiamo pagato un euro di commissioni”. Come se il denaro fosse ben speso se dato in emolumenti, ma diventasse improvvisamente sterco del demonio se usato per saldare le competenze dei procuratori. Il problema di fondo in tutte queste battutine al vetriolo che, da quasi due anni, l’ex DS rossonero indirizza verso la società rossonera, è che non trovano mai un contraltare che gli ricordi i suoi errori dell’estate 2017 che, purtroppo, il Milan sta ancora pagando di bilancio in bilancio. Massimiliano Mirabelli infatti, nel pieno esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri dirigenziali, ha potuto spendere una somma molto importante che, fra entrate ed uscite, si aggira attorno ai 160 milioni di euro. Nessun dirigente del Milan, passato o presente, ha avuto a disposizione tanta abbondanza.

Se mettiamo da parte Leonardo Bonucci, giocatore di alto livello e dall’indiscutibile carriera, i tre giocatori più pagati da Mirabelli sono stati Andrè Silva (36 milioni), Frank Kessiè (28 milioni) e Andrea Conti (27 milioni). Sono, mal contati, 91 milioni di euro. Questi giocatori, presentati come potenziali top player, avrebbero dovuto essere la base futura del Milan, sia in ragione dell’impegno di spesa molto oneroso previsto in bilancio e sia in virtù dei relativi costi degli ammortamenti spalmati su base quinquennale. Ed invece, purtroppo, Andrè Silva si è rivelato un giocatore di talento, ma dalle scarsissime doti caratteriali e temperamentali. Kessiè invece ha fatto vedere tante qualità compensate da tantissimi difetti, mentre Andre Conti, penalizzato da un infortunio al ginocchio, non ha mai nemmeno lontanamente ripetuto la stagione di Bergamo dell’anno pre Milan.

Appare fondato il sospetto per cui i vecchi guerrieri della precedente stagione 2016-17 (messi alla porta quasi a costo zero per fare spazio ai nuovi costosissimi acquisti mirabelliani) avrebbero potuto offrire un rendimento migliore anche per ragioni di esperienza acquisita. D’altronde Carlos Bacca è ad oggi, dopo Ibrahimovic nella stagione 2011-12, il centravanti del Milan che ha segnato di più in un biennio (33 gol); Kucka poi rimane uno di quei giocatori sempre rimpianti dai tifosi milanisti per il suo cuore e la sua abnegazione, mentre Abate resta un soldatino ordinato che anche nell’ultima stagione ha dato un contributo importante e fattivo. Di tutto ciò però, nessuno pare mai chiedere conto al loquace Massimiliano Mirabelli, il quale viene così usato come un ottimo spargitore di benzina ogni volta che si cerca di mettere il Milan in una sorta di luce opaca e negativa.

E lui, senza farsi pregare più di tanto e senza badare troppo alla forma (aspetto col quale da sempre familiarizza poco), non rinuncia mai alle sue dosi mensili di nafta da spargere con precisione svizzera nei dintorni di Casa Milan. L’occasione forse gli pare troppo ghiotta per ottenere un posto al sole nel giardino della visibilità mediatica, ma in realtà contribuisce soltanto a far passare il messaggio di un dirigente che non ha ancora chiuso col passato e che quindi non è ancora pronto a ricominciare. Non di rimpianti d’altronde vive la carriera di un dirigente. E le punture al veleno, mitigate da un poco credibile spirito di bandiera (non basta un anno di lavoro per sentirsi della famiglia rossonera) finiscono più per danneggiare la sua figura professionale che il Milan, da sempre indifferente alle opinioni del suo ex direttore sportivo.

 

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