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Guillermo Giacomazzi: “Mercato del Lecce? Voto 10! I giallorossi disputeranno i playoff”

VERONA, ITALY - MAY 13:  Guillermo Giacomazzi of US Lecce shows his dejection during the Serie A match between AC Chievo Verona and US Lecce at Stadio Marc'Antonio Bentegodi on May 13, 2012 in Verona, Italy.  (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

Parla Guillermo Giacomazzi, ex centrocampista del Lecce e bandiera dei giallorossi

Redazione DDD

L’uruguaiano Guillermo Giacomazzi ha ripercorso l’importante esperienza con la maglia giallorossa, che ha indossato dal 2001 al 2013, salvo le brevi parentesi con Palermo ed Empoli. Giacomazzi si è espresso sul percorso dell’attuale squadra salentina e più in generale sul campionato di Serie B, indicandoci quali siano, a suo parere, le squadre più attrezzate per conquistare e affrontare la Serie A. A Guillermo, la prima domanda di SuperNews: Dove è iniziata la tua carriera calcistica? E come sei approdato al Lecce? "Io sono uruguaiano. Il mio percorso calcistico inizia a Montevideo, la mia città e capitale dell’Uruguay. La mia prima squadra professionistica è stata il Bella Vista. Avevo appena compiuto 17 anni. Dopo aver vinto il campionato ed esserci qualificati per la Copa Libertadores con il Bella Vista, mi ha acquistato il Peñarol, un club importante in Uruguay, che ha vinto molti titoli internazionali. Ho giocato due anni in questa squadra: ho disputato coppe internazionali e sono stato convocato per la prima volta nella Nazionale maggiore. Dopo il secondo anno con il Peñarol, Pantaleo Corvino e la famiglia Semeraro si sono interessati a me. Nel 1999 c’era stata una trattativa che è saltata all’ultimo con il Vicenza, così come è saltata quella con il Torino, nello stesso anno. La squadra che si è fatta avanti, nel 2000-2001, è stata il Lecce: Corvino mi ha acquistato dopo l’ultimo anno con il Peñarol".

(Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

(Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

Lecce è stata la tua tappa calcistica più importante. Con i giallorossi hai vinto un campionato di Serie B nel 2009-2010 e sei diventato indubbiamente una bandiera di questo club. Che ricordi hai del periodo salentino? "Sono stato a Lecce per tantissimi anni. Io e i miei compagni abbiamo vinto il campionato di Serie B, nel 2009, ma ne abbiamo vinti anche altri. Ci sono tantissimi ricordi: le bellissime vittorie contro le grandi, le promozioni, le salvezze conquistate in Serie A. Con la maglia giallorossa ho interpretato diversi ruoli. Ricordo che, fin da subito, fui impiegato come centrocampista offensivo, quando io, al contrario, ho sempre giocato come centrocampista difensivo. Da quando nella mia prima trasferta segnai due gol contro il Piacenza, l’allenatore si convinse ad assegnarmi quel ruolo. Molti mi vedevano nei panni dell’attaccante. All’inizio non ero contento del ruolo, non mi piaceva, ma, successivamente, sono tornare a giocare dove mi sono sempre sentito a mio agio".

Come valuti il mercato del direttore sportivo Corvino? "Fare mercato, in una situazione economica difficile come questa, è una cosa che non deve essere sottovalutata. Corvino è riuscito a portare a Lecce tanti ragazzi di qualità e di prospettiva, senza spendere troppi soldi. I frutti di un mercato del genere si vedranno in futuro. Inoltre, il Lecce dispone di giocatori esperti come Mancosu, Meccariello, Pisacane, Lucioni. Mi sembrano nomi importanti per un campionato di Serie B. Credo che il mercato fatto da Corvino sia stato ottimale: è riuscito nell’intento di amalgamare l’esperienza alla freschezza di questi nuovi ragazzi. Reputo da voto 10 il mercato del direttore sportivo. Purtroppo, a volte nel calcio non c’è proporzionalità diretta tra buon mercato e rendimento della squadra, perché questo è uno sport fatto anche di episodi e situazioni particolari, momenti in cui serve personalità e capacità di leggere le partite. Ancora i risultati non sono quelli che tutti quelli che tifano Lecce si aspettano, ma c’è ancora tempo: mancano ancora tante partite da giocare e l’obiettivo è lì vicino, non è lontano. Il Lecce ha passato un momento abbastanza complicato, ma nell’ultima partita la squadra ha voluto dimostrare di esserci ancora. Non sarà facile giocare con squadre che devono salvarsi. Anche il Pescara, che reputo una squadra forte, con tanti ragazzi di prospettiva, è ultima in classifica. Sabato 27 febbraio il Lecce giocherà proprio contro i biancazzurri, e non sarà assolutamente semplice. La Serie B è un campionato difficile, in cui la squadra più equilibrata è quella che arriva più lontano".

I giallorossi disputeranno i playoff? "Sì, secondo me sì. Il Lecce dispone di una rosa completa e di un bravo allenatore. Non arrivare ai playoff sarebbe una delusione, credo che tutti siano consapevoli di questo. Tuttavia, sono sicuro che i giallorossi arriveranno a disputare i playoff, perché la squadra è forte. Bisogna essere uniti". Cosa pensi dei recenti e clamorosi errori arbitrali e dell’assenza del Var nel campionato di Serie B? "Io vengo dal calcio in cui questa tecnologia non esisteva. Ho perso tante partite a causa dell’assenza di un sistema come il Var. È una tecnologia che cerca di diminuire gli errori, anche sta togliendo un po’ di ‘folklore’ al calcio, ai suoi tifosi. A volte, bisogna attendere un po’ prima di capire se è gol o meno, se è rigore o no, se è fallo o meno, ma sicuramente è un sistema che garantisce più giustizia. C’è da dire che anche in sala Var si sbaglia, perché è difficile leggere correttamente alcuni episodi. Tuttavia, è normale che, in un campionato privo del Var, si pensi a quanto sia necessaria una tecnologia del genere. Al momento, però, dobbiamo accettare questa condizione. Sicuramente, il VAR può aiutare gli arbitri, aiuta a commettere meno errori, ma gli errori, in fin dei conti, si commettono sempre. Inoltre, ci tengo a devo fare i complimenti agli arbitri italiani: sono davvero bravi. Seguo anche altri campionati oltre la Serie A, e noto una grande differenza tra gli arbitri italiani e quelli di altre realtà europee. Quando giocavo, negli anni novanta e duemila, c’era sudditanza psicologica, ma oggi gli arbitri dirigono le gare anche in stadi vuoti, quindi gli errori li fanno non per pressione psicologica, ma per una valutazione errata dell’episodio. Tutto questo fa parte del gioco".

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