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Il tifo

Storia, ultras e rivalità: Padova-Venezia vista dagli spalti

Padova Venezia
Dalle piazze alle calli, il derby Padova-Venezia racconta uno scontro di identità: ultras, sfottò, coreografie e antagonismi che affondano le radici nella storia recente e nella cultura veneta
Silvia Cannas Simontacchi
Silvia Cannas Simontacchi

Sabato 22 novembre, ore 17.15. Allo Stadio Euganeo è di scena Padova-Venezia, una delle rivalità più autentiche e identitarie di un calcio italiano ancora fatto di campanili. Un derby relativamente giovane rispetto ad altri nel Veneto, ma non per questo meno carico di tensione emotiva: da giorni, infatti, si discute la possibilità di bloccare la trasferta ai tifosi ospiti per motivi di sicurezza.

“Venezia la bella, Padova sua sorella”, recita un detto popolare. Eppure, in campo è guerra. E sugli spalti anche. Negli anni non sono mancati episodi di violenza tra le due tifoserie: l’ultimo risale al 19 luglio scorso, quando gli ultras si sono scontrati in un autogrill lungo l’A27.

Tra piazza e campanile: l’orgoglio padovano

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La tifoseria biancoscudata ha sempre avuto una componente ultras ben visibile, legata a un’identità forte e radicata. Come in molte città italiane, anche a Padova il movimento nasce verso la fine degli anni Settanta, mentre le contestazioni studentesche cedevano il passo alla lotta armata. La piazza era calda, ma la squadra navigava nelle acque stagnanti della Serie C2, fresca di retrocessione. Sarebbe servito l’entusiasmo di un gruppo di ragazzi di 17 anni, il Magico Padova, a riportare sugli spalti 20.000 padovani e trascinare il club fino alla promozione. Ed era solo l’inizio.

Con gruppi storici come i Leoni della Nord, gli H.A.G. (Hell’s Angels Ghetto) e Fronte Opposto alle spalle, i tifosi biancoscudati si distinguono per l’orgoglio campanilistico e uno stile di tifo all’inglese. La loro fama, però, ha anche un lato oscuro: l’orientamento politico verso l’estrema destra e i frequenti tafferugli con la polizia e altri ultras, spesso armati di fumogeni, aste di bandiere, manganelli e fibbie di cinture.

Tra i molti collettivi che animano o hanno animato la Curva Nord, prima di sciogliersi o confluire in nuove realtà, il Padova può vantare di averne avuto anche uno tutto al femminile: le Galline Padovane.

Tra Mestre e la laguna: sangue arancioneroverde

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Ma ai tifosi ospiti non piace certo farsi attendere. Nelle giornate di trasferta, il prepartita comincia nei bar, poi ci si muove in gruppi in gruppi compatti e rumorosi, spesso in motonave, accompagnati da canti, bandiere e fumogeni colorati.

La tifoseria del Venezia FC è un ecosistema vivace e stratificato. Le sue radici affondano tra gli anni Settanta e Ottanta, con la formazione dei primi gruppi ultras veneziani – Panthers, Gioventù Neroverde e Brigate Neroverdidestinati a trasformarsi dopo la fusione tra Venezia e Mestre nel 1987, e a confluire nell’Ultras Unione. La Curva Sud, dedicata a Michael Groppello, è il cuore del tifo organizzato. Qui gli ultras esprimono un’identità cittadina forte, che passa attraverso slogan, tag e riferimenti culturali pop.

Ma oltre al legame con la squadra e con la città lagunare, il tifo veneziano ha anche una dimensione comunitaria: durante l’emergenza Coronavirus, che mise Venezia in ginocchio, gli ultras proposero di devolvere i rimborsi degli abbonamenti non usufruiti alle strutture sanitarie, ma anche in occasione dell’acqua alta alcuni gruppi si sono mobilitati si sono mobilitati per la comunità, dimostrando come il tifo possa essere anche un impegno civico e sociale.

Padova-Venezia, coreografie, cori e simboli

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Anche le coreografie, i cori e gli sfottò del derby tra Padova e Venezia raccontano la rivalità tra due identità che si fronteggiano da decenni, ognuna forte delle proprie radici. Dai guanti bianchi e rossi sollevati verso il cielo nel 1992 alle scenografie arancioneroverdi ispirate alla laguna, ogni gesto sugli spalti diventa un modo per riaffermare appartenenza, orgoglio e differenze. Gli sfottò – tra campagnoli da un lato e magna alghe dall’altro – fanno parte del gioco, così come i cori che riscaldano la partita.

In questo mix di simboli, voci e colori, il derby trova la sua vitalità, trasformando ogni incontro in un rito capace di unire e dividere, ma soprattutto raccontare due città.