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Torino, Giovanni Zichella: “Quagliarella e Balzaretti? Sentite cosa facevano a Torino… “

GENOA, ITALY - DECEMBER 08: Fabio Quagliarella of UC Sampdoria during the Serie A match between UC Sampdoria and Parma Calcio at Stadio Luigi Ferraris on December 8, 2019 in Genoa, Italy. (Photo by Paolo Rattini/Getty Images)

Giovanni Zichella, primo allenatore di Quagliarella, Balzaretti, Calaiò e Marchetti ai tempi del Torino, ha raccontato alcuni aneddoti particolari sui quattro giocatori.

Redazione DDD

Durante la sua carriera, ha chiesto a Zichella Football News 24,  da allenatore ha allenato molti giovani, tra cui Quagliarella, Balzaretti, Marchetti e Calaiò. Come si comportavano da ragazzi? "Balzaretti ha fatto fino agli allievi nazionali in panchina, non giocava mai, mai! Però ha avuto la costanza di non mollare, continuando a lavorare duramente e alla fine è sbocciato. Uguale Quagliarella, appena arrivato a Torino era in grossa difficoltà, faceva parecchia fatica, poi con il duro lavoro è riuscito ad arrivare dov'è ora. Calaiò invece sin da subito sembrava un marziano, sapevamo tutti che sarebbe finito in Serie A. Penso di aver allenato molti giocatori ben più forti di questi quattro che però non ce l'hanno fatta, loro erano dei campioni soprattutto sotto il punto di vista mentale. Ai tempi le squadre in Serie A erano 18, oggi 20, ed il posto per tutti non c'è, se non hai la testa per arrivarci non ci arrivi, quest'ultima è la qualità principale per finire tra i professionisti. Il 10% dei giocatori che hanno giocato o che giocano in A sono talenti, come Baggio, Del Piero, Cannavaro, Buffon o Donnarumma che sono nati con potenziali evidenti, il restante 90% sono costruiti, la loro fortuna sta nel trovare l'istruttore giusto. Ricordo che quando sono entrato a far parte dello staff del Torino, a 25 anni, dato che ero scarso a giocare decisi di allenare (ride; ndr), avevo davanti a me grandi maestri di calcio, che insegnavano prima a diventare uomini e solo poi a giocare a pallone. Se prima non sei uomo non puoi giocare".

Riguardo a questi quattro, ricorda qualche aneddoto particolare? "Ce ne sarebbero tanti però non sarebbe giusto nei loro confronti dirli (ride; ndr). Erano ragazzini e venivano da lontano: Quagliarella da Napoli, Calaiò da Palermo e Marchetti da Bassano Del Grappa. Quando arrivava sera, mi capitava spesso di trovargli in bagno a piangere per la nostalgia di casa, si nascondevano per non farsi vedere dai compagni. Questo fa parte della crescita di un giocatore, se te ne vai da casa a 14 anni ci sta che soffri. Al Torino venivano trattati come figli, era come se fossimo i loro genitori per il ruolo che avevamo".

E' ancora in contatto con loro? "Proprio pochi giorni fa ho sentito Calaiò che attualmente è il responsabile del settore giovanile della Salernitana, mi ha chiesto se potessi dargli una mano e gli ho risposto: "Emanuele, guarda che non abitiamo proprio vicino, ci sono 1000 km di distanza da casa mia a casa tua" (ride; ndr). Gli ho promesso che andrò a trovarlo per scambiare due chiacchiere, mi fa sempre piacere dare una mano ai miei ex calciatori".

Ora faccia finta di essere Roberto Mancini: se domani dovesse stilare la lista dei convocati per Euro 2020 convocherebbe Quagliarella? "A livello affettivo sì, è una persona a me molto cara, a livello tecnico però mi sento di dire che quest'anno, rispetto alla passata stagione, è meno decisivo, quindi non saprei. Se da qui a fine campionato segna 10 goal ci potrei pensare. Secondo il mio punto di vista il calcio non è scienza, è arte e gli artisti sono i calciatori, però la scienza, dunque i numeri in questo caso, possono dare una mano e quest'ultimi dicono che Quagliarella lo scorso anno era al top, ad oggi un po' meno. Mancini deve valutare anche quello".

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