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La chimera della discrezionalità: il dopo Milan-Juventus di coppa Italia

MILAN, ITALY - FEBRUARY 13:  Theo Hernandez of AC Milan walks off after getting a red card during the Coppa Italia Semi Final match between AC Milan and Juventus at Stadio Giuseppe Meazza on February 13, 2020 in Milan, Italy.  (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

Discrezionalità, la bussola che ha inevitabilmente condizionato l'andamento della partita fra Milan e Juventus in coppa Italia

Redazione DDD

di Max Bambara -

Nessuno può discutere la forza della Juventus. In tanti, semmai, discutono un metro arbitrale diverso rispetto al resto del campionato italiano e alquanto sui generis rispetto al metro arbitrale che c’è in Europa. Non è piaggeria o incapacità di riconoscere i meriti avversari. Nello sport è importante vincere, ma è ancor più importante saper vincere. Dal punto di osservazione milanista ormai, si assiste a queste partite con un certo disincanto. Della gara di giovedì sera per esempio tutti hanno mandato in archivio subito tutto. Non vale la pena farsi il sangue amaro per un problema di sistema che tutti fingono di non vedere, ma che è invece palese. Quando la Juventus sta bene d’altronde, non ci sono arbitri che tengano. Ha una squadra talmente forte che le partite può vincerle come e quando vuole. In qualsiasi momento. Ed anche quando non sta bene, la squadra bianconera ha una batteria di solisti che, in un lampo, possono risolvere la gara con una giocata da fuoriclasse.

Se tuttavia, in un certo momento della stagione la Juventus trova un avversario talmente bravo da limitare i suoi solisti in una giornata in cui non riesce ad esprimersi, ecco che subentrano le interpretazioni arbitrali in cui la discrezionalità dei direttori di gara diviene un fattore. Incidente, impattante, determinante. Ci sono tre episodi di giovedì sera che ne riassumono il concetto: l’ammonizione a Ibra, l’ammonizione a Theo Hernandez ed il rigore per il fallo di mani di Calabria. Sono tre casi in cui l’arbitro impatta sulla partita e ne diventa il protagonista. Abbiamo visto tante volte, in Serie A, la manata o la sbracciata in faccia all’avversario non sanzionata con il cartellino giallo (a norma di regolamento ad esempio, era molto più da ammonizione la sbracciata di Kessiè su Cuadrado). Giovedì Ibrahimovic, diffidato, ha preso il giallo su questa situazione. Era anche il primo fallo che lo svedese commetteva e ciò lo ha anche inibito nel prosieguo della partita, perchè normalmente quando stacchi di testa tendi ad allargare le braccia.

La sbracciata insomma può capitare anche come evento accidentale e non può sempre essere fonte di ammonizione. Altra cosa è la gomitata con la quale un giocatore carica dolosamente il braccio per procurare un danno all’avversario. Quella va sempre sanzionata col provvedimento più severo, ma non era questo il caso evidentemente. L’ammonizione a Theo Hernandez poi è stato l’evento che ha condizionato l’umore della squadra in campo, portandola ad essere nervosa e quindi a rimanere in inferiorità numerica negli ultimi 20 minuti di gara. Davanti agli occhi dell’arbitro Dybala è andato dritto su Bennacer con una spalla energica senza alcuna possibilità di prendere il pallone. Avrebbe dovuto essere giallo per l’argentino ma Valeri, incredibilmente, ha ignorato tutto e un istante dopo ha sanzionato l’ostruzione di Theo Hernandez su Dybala (a norma da giallo anch’essa), che è il classico fallo figlio del campo.

Chiunque ha giocato a calcio infatti (in Serie A o nei campetti di periferia), sa benissimo che quel tipo di fallo viene quasi indotto dall’arbitro nel momento in cui non fischia una netta infrazione su un compagno. Si chiama legge del campo. Chi guarda la partita in televisione, adagiato su un comodo divano, potrà dottorare sul fatto che Theo Hernandez quel fallo non doveva farlo, perché avrebbe dovuto ragionare e valutare il fatto che si trovava in diffida. Questa tesi però non tiene conto della legge del campo. Può sostenerla chi non ha mai giocato a pallone e non riesce a capisce che, per ovvie ragioni, in certi momenti la parte istintiva è prevalente su quella razionale nei giocatori perché la difesa del compagno è un aspetto preminente rispetto alle valutazioni strategiche inerenti la partita. C’è infine l’episodio del fallo di mano di Calabria su cui Valeri inizialmente non aveva dato rigore. Recatosi al VAR, il direttore di gara ha poi cambiato decisione andando contro le linee guida del designatore arbitrale.

In tanti parlano infatti di norme poco chiare. Questo è senza dubbio vero in linea generale, ma nel caso di specie la situazione è invece chiarissima. Sul punto era stato proprio Rizzoli a sgomberare il campo dagli equivoci, spiegando che al difendente di spalle in ricaduta da uno stacco, non si può fischiare rigore per un braccio leggermente largo, comunque in linea con la dinamica dell’azione (caso Cerri nella prima giornata, con rigore concesso al Brescia e poi riconosciuto pubblicamente come errore dal designatore). In sostanza l’arbitro in campo, coadiuvato dal VAR, ha preso una decisione antitetica alle linee guida fornite dal designatore in questa stagione. Siamo ad una commedia dell’assurdo o ad un pittoresco gioco delle tre carte? Al Milan, comunque, ci si è fatti il callo a queste dinamiche e a questa discrezionalità arbitrale che potremmo definire variabile. Per restare ai tempi recenti, nel marzo del 2017, Juventus Milan finì 2-1 con un rigore per un fallo di mano discutibile, realizzato poi da Dybala.

Oltre un anno dopo, nel novembre 2018, Benatia già ammonito fermò un’azione di Higuain con fallo di mano in area: avrebbe dovuto essere rigore e secondo giallo per il difensore che ha fermato una chiara occasione da gol, mentre l’arbitro diede solo il rigore (inspiegabilmente) dopo essere stato richiamato al VAR. Soltanto due mesi dopo (nel gennaio del 2019), nella finale di Supercoppa italiana, ci fu un rigore non dato al 90' per un fallo netto su Conti che l’arbitro pensò bene di non andare nemmeno a rivedere al monitor. Ancora qualche mese dopo, nello scorso girone di ritorno, ci fu un fallo di mano solare di Alex Sandro in area di rigore, clamorosamente non fischiato, nonostante l’arbitro fosse stato richiamato al VAR.

La storia insomma continua ed è sempre noiosamente la stessa. I primi svantaggiati da queste situazioni sono i tifosi della Juventus che hanno una grande squadra abituata ad essere arbitrata con un metro “singolare” in Italia e con un metro normale in Europa: non a caso la casella dei titoli italiani è da sempre ricchissima e quella dei titoli europei langue dai tempi in cui la lira era ancora la moneta avente corso legale in Italia. Forse è proprio per questi motivi che, quando gli fischiano contro un rigore solare in un quarto di finale contro il Real Madrid, gridano allo scandalo e si strappano le vesti in pubblica piazza. Dal “loro” personalissimo punto di vista, hanno persino ragione…

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