DDD
I migliori video scelti dal nostro canale

ddd

L’esigenza di un Milan più italiano: una necessità suggerita dalla storia e dalla tradizione del club

BERGAMO, ITALY - DECEMBER 22:  Alessio Romagnoli of AC Milan shouts to his team-mates during the Serie A match between Atalanta BC and AC Milan at Gewiss Stadium on December 22, 2019 in Bergamo, Italy.  (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

L’ultimo Milan capace di arrivare in Champions League (nel 2013) aveva inoltre ben 7 giocatori italiani fra i titolari

Redazione DDD

di Max Bambara -

Negli ultimi due anni di presidenza rossonera, Silvio Berlusconi era solito ripetere una frase: “se non dovessi riuscire a vendere il Milan, non potendo sostenere gli stessi costi del passato, punterò ad una squadra giovane e fortemente italiana”.  In quel momento storico molti tifosi milanisti storcevano il naso dinanzi a questa ipotesi (all’inizio paventata e solo nell’ultimo anni parzialmente realizzata), perché veniva vista esclusivamente nell’ottica di un ridimensionamento assoluto, privo di una reale e lungimirante prospettiva. In realtà il presidente Berlusconi, con quel proposito, stava semplicemente impartendo una lezione di storia rossonera dall’alto di un piedistallo dorato, in cui la componente empirico-conoscitiva aveva un peso non indifferente.

Da quando infatti il mercato degli stranieri è stato riaperto in Italia (sostanzialmente dall’inizio degli anni 80), il Milan è riuscito ad ottenere risultati soltanto quando ha avuto una squadra con una forte componente italiana. Se volgiamo lo sguardo al Milan attuale invece, possiamo subito notare un aspetto abbastanza singolare ed in aperta controtendenza con gli ultimi anni: su 24 giocatori attualmente a disposizione del Mister Stefano Pioli, sono presenti soltanto 7 italiani. In tanti non lo direbbero dato che il Milan negli ultimi anni è stato una squadra con tanti ragazzi italiani in prima squadra provenienti dal settore giovanile, eppure ad oggi tre quarti della rosa milanista è composta da giocatori di nazionalità straniera.

Non è tutto: dei 7 giocatori italiani a disposizione dell’allenatore, soltanto 3 sono da considerarsi titolari: parliamo di Gigio Donnarumma, di Alessio Romagnoli e di Andrea Conti (spesso in ballottaggio con Davide Calabria). Insomma parliamo di un Milan che, senza dubbio, sta iniziando a smarrire quell’impronta marcatamente italiana, storicamente propedeutica per ottenere risultati. Gli ultimi 40 anni sono un esempio abbastanza evidente per darne dimostrazione. Il Milan di Arrigo Sacchi aveva un gruppo storico di 8 italiani e di soli 3 stranieri (i tre famosissimi olandesi.). Il Milan di Capello aveva qualche straniero in più (Savicevic, Boban e Papin si aggiunsero ai noti tulipani), ma manteneva lo stesso storico gruppo italiano.

Nel 1997 poi, quando Fabio Capello fece ritorno al Milan dopo l’anno trascorso a Madrid, si fece costruire una squadra a sua immagine e somiglianza, con tanti giocatori fisicamente impattanti, ma con una componente straniera eccessivamente prevalente. Il suo Milan stagione 1997-98 arrivò decimo in campionato per tante ragioni. Una fra queste era la perdita d’identità di una squadra che aveva sempre avuto un nucleo duro autarchico. Gli unici italiani sopravvissuti alla rivoluzione capelliana, fra i titolari, furono Maldini e Albertini. Molto meno Costacurta. Il Milan della stagione seguente invece, ripristinata la “maggioranza minima” di 6 italiani titolari (Abbiati, Sala, Costacurta, Maldini, Albertini ed Ambrosini), vinse il campionato in una volata finale entusiasmante contro l’emergente Lazio di Sergio Cragnotti.

Successivamente, il Milan di Carlo Ancelotti ebbe la fortuna di poter contare sempre su un nucleo importante di giocatori italiani: ai vecchi Costacurta e Maldini infatti, si erano aggiunti Abbiati, Nesta, Gattuso, Pirlo, Inzaghi e Ambrosini. A Manchester c’erano in campo 6 italiani su 11 giocatori. Ad Atene 7 su 11. Anche l’ultimo Milan vincente, quello allenato da Massimiliano Allegri, aveva un gruppo storico italiano, seppur composto da tanti giocatori arrivati ormai all’ultimo giro di valzer (solo limitandoci ai titolari Abbiati, Abate, Zambrotta, Nesta, Ambrosini e Gattuso). L’ultimo Milan capace di arrivare in Champions League (nel 2013) aveva inoltre ben 7 giocatori italiani fra i titolari (Abbiati, Abate, De Sciglio, Montolivo, Ambrosini, Balotelli ed El Shaarawy), mentre l’ultimo Milan capace di vincere un trofeo (dicembre 2016 a Doha) contava ben 8 italiani fra i titolari (gli unici stranieri erano Bacca, Suso e Kucka).

Insomma la regola generale, vigente in casa rossonera, dice che senza un gruppo storico forte di giocatori italiani, riuscire a raggiungere risultati è praticamente impossibile. Il Milan non è l’Inter che ha vinto la sua ultima Champions League con 11 stranieri titolari su 11. Il Milan, senza un nucleo di giocatori italiani, fa fatica a darsi un senso. In vista del mercato estivo, la società ben farebbe a tenere in considerazione questa contingenza figlia del passato; il Milan ha bisogno di ridarsi uno spogliatoio prevalentemente italiano per rimettersi sui binari corretti. Giusto e corretto ponderare tutti i nomi, ma ogni squadra è figlia della sua storia e la tradizione storica di un club va rispettata e va sempre tenuta nella giusta considerazione.

Potresti esserti perso