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IL MAZZOLIN DEI FIORI...

Sandro Mazzola: “Spero che Pirlo resti alla Juve, così l’Inter vince…”

MILAN, ITALY - APRIL 28:  Alessandro Sandro Mazzola awarded by Inter Forever before the serie A match between FC Internazionale and Juventus at Stadio Giuseppe Meazza on April 28, 2018 in Milan, Italy.  (Photo by Marco Luzzani - Inter/FC Internazionale via Getty Images)

L’ex giocatore dell’Inter ha ripercorso alcune fasi salienti della sua carriera, ricordando il padre Valentino, storico capitano del Grande Torino, soffermandosi anche sul calcio attuale, dall’Inter di Conte alla Juventus di Andrea Pirlo

Redazione DDD

Sandro Mazzola è stato un dirigente sportivo ed un ex calciatore italiano, campione d’Europa nel 1968 e vicecampione del mondo nel 1970 con la Nazionale Italiana. Viene considerato come uno dei migliori calciatori italiani di sempre. Figlio di Valentino, storico capitano del “Grande Torino“, ha legato il proprio nome a quello dell’Inter, con la quale ha giocato ben 17 anni, dal 1960 al 1977, collezionato in totale 565 presenze e 158 reti e vinto quattro campionati nazionalidue Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Dell’Inter è stato anche capitano per sette stagioni, succedendo a Mario Corso. A maggio si commemora la tragedia di Superga. Ci racconti del Grande Torino? Ho pochi ricordi. Ero la mascotte della squadra granata vista la mia giovane età. Nel derby della Mole tra Juventus e Torino, ero a bordocampo a guardare mio papà che era capitano, dall’altra parte c’era il capitano della Juve. Andavamo a centrocampo durante il riscaldamento e ci facevamo le boccacce uno con l’altro”.

 Sandro Mazzola contro la Dinamo Bucarest nel 1964 a Milano

Che ricordi hai di tuo papà? “Di mio papà - la risposta di Sandro Mazzola a FootballNews 24 - rammento che mi teneva per mano per le vie di Torino. Mi portava nei negozi e tutti lo salutavano, perché tutti lo conoscevano. Poi quando tornavamo a casa, io volevo giocare a pallone con lui nel cortile e mi accontentava. E’ stato un grande maestro per me, mi faceva vedere come si calciava di sinistro, di destro. Stare con lui era bellissimo, purtroppo se n’è andato via troppo presto“. Hai avuto un grande amore in tutta la tua carriera, l’Inter. Che ricordi hai di questo sodalizio vincente con la squadra milanese? L’Inter è stata l’unica squadra che ha voluto puntare su di me e ha avuto il coraggio di tenermi. Giocavo per una vecchia squadra che si chiamava Cimilanese, piccola realtà dell’oratorio. Questa era l’unica che prima aveva puntato su di me. Ho avuto, poi, la fortuna di essere acquistato dalla squadra milanese. Cambiò la mia vita in tutto e per tutto. C’è da dire che io feci un provino con la squadra nerazzurra quand’ero ragazzino, ma mi scartarono. Il tecnico della Cimilanese mi disse allora “Vieni a giocare con noi“.

Chi ti ha portato in nerazzurro? Benito Lorenzi, un ex giocatore dell’Inter. Veniva sempre convocato in Nazionale, ma non giocava mai. Giocavano sempre i giocatori del Torino che erano 9. Rimase esterrefatto dalla figura di mio padre quando, un giorno, andò dal commissario tecnico della Nazionale e gli disse “Questo lo convochi sempre, ma non lo fai mai giocare, fallo giocare qualche volta, mister”. Da quel momento, mio padre fu come un Dio per lui. Un giorno, poi, viste le mie qualità alla Cimilanese, Benito, che era diventato un osservatore dell’Inter, mi portò in nerazzurro. Dalla Cimilanese all’Inter ho fatto un bel passo. Non ci credetti subito a quest’improvviso salto di qualità, era tutto un mondo diverso. Mi sono preso, però, una bella rivincita nei confronti della squadra che mi scartò tempo addietro. Ho davvero dimostrato il mio valore”. Hai mai pensato di lasciare l’Inter? È stato mai corteggiato da altri club? Certo che sono stato corteggiato da tante squadre. Con maggiore insistenza, mi ha fatto la corte la Juventus, nella persona di Giampiero Boniperti. Ad un certo punto della mia carriera, potevo anche trasferirmi in bianconero. Avevo il contratto in scadenza con l’Inter e un giorno, nel campo di allenamento, vidi una macchina targata Torino. Era proprio Giampiero, che mi disse se volevo prendermi un caffè con lui. Chiacchierammo tanto quel giorno ed ammise, di nascosto, che tifava per mio padre quando giocava al Torino. Uscì i documenti e mi offrì la possibilità di concludere la carriera alla Juve. Gli risposi che ci dovevo pensare. Arrivai a casa e non volevo mangiare. Ad un certo punto, mia madre preoccupata, mi disse “Insomma mi puoi dire cos’hai?”. E gli raccontai l’accaduto, gli rivelai che la Juve mi aveva sedotto, che Boniperti mi aveva offerto un bell’ingaggio. Mia madre però, rispose “Non andare alla Juve. Papà si rivolterebbe nella tomba”. Così non se ne fece nulla”.

Che idea ti sei fatto della crisi finanziaria dell’Inter in questo momento? Se fossi dirigente cosa faresti per oltrepassare questo problema? Bisogna essere dentro la società per dire di più. E’ un bel problema. Si deve valutare tutto. E’ necessario vedere se i giovani sono davvero validi. Poi si può valutare se possano prendere il posto di un titolare, che potrebbe essere venduto per riequilibrare i conti. Importante sarebbe valutare i giocatori ad uno ad uno. Analizzare cosa possono fare e poi decidere se privarsi di qualcuno o meno. Io, quando sono entrato a fare l’amministratore delegato della squadra nerazzurra, ricordo che eravamo in deficit. 3 anni dopo abbiamo riequilibrato il tutto con investimenti mirati e cessioni dolorose. Cessioni che, però, non hanno compromesso la competitività della squadra. Oggi, non saprei. Non sono più un dirigente della squadra”. Da dirigente comprasti il grande Javier Zanetti, come lo hai scoperto? Volevo un altro calciatore della sua squadra ai tempi, il centravanti. Costava troppo e non potevamo permettercelo. Andai a seguire questa squadra in Argentina, però, mi innamorai di Javier e dissi “Cavolo, questo è davvero forte” (ride ndr). Dopo l’allenamento mi fermai con lui per parlargli, per capire che tipo era. Mi fece una bella impressione, mi disse che all’Inter sarebbe venuto di corsa. Mi piacque molto. Tanto che poi sono tornato a Milano con l’accordo per il calciatore in mano“.

Hai un bel rapporto con Massimo Moratti. Ci parla del personaggio? “Più che con lui, io avevo un gran rapporto con suo padre, Angelo, davvero un grande personaggio. Ha rivoluzionato il modo di gestire una squadra di calcio. Con lui, gli auguri di Natale non si facevano in sede, ma si andava tutti a casa sua e ci dava una medaglietta d’oro. Era un personaggio unico. Non faceva notare il distacco tra il presidente di una società e i suoi dipendenti. Anzi, ci faceva sentire importanti allo stesso modo. Veniva a vedere gli allenamenti, ti faceva il discorsetto. Poi, quando c’era un calciatore in difficoltà, lo chiamava, gli metteva una mano sulla spalla e cercava in tutti i modi di rincuorarlo. Veramente, era una persona squisita“. Conte resterà sulla panchina dell’Inter la prossima stagione? Dipende come va con questa situazione finanziaria. Se si risolve come io spero, penso di si. Penso sia una bella persona e un grande allenatore. A me piace tanto Antonio“.

Che effetto ti fa vedere Mourinho, uno dei fautori del Triplete nerazzurro nel 2010, il prossimo anno sulla panchina della Roma? “Guardi, io non ho mai seguito una squadra per un personaggio. Non le nego che con lui è diverso. Quando l’ho visto la prima volta all’Inter, mi sono innamorato della sua personalità, della sua professionalità, della sua grinta. Mi sono subito sentito suo tifoso. Mi farà un certo effetto vederlo su un’altra panchina in Italia che non sia quella nerazzurra”. In questo momento la Juve è in seria difficoltà. Daresti ancora fiducia a Pirlo? Pirlo è stato un centrocampista importante, un grandissimo campione. Da allenatore, era normale sarebbe andato un po’ in difficoltà, perché è al suo primo anno in panchina. Credo che un anno no può capitare a chiunque. Di calcio, però, ne capisce parecchio. Si deve valutare alla fine dell’anno, tirare una linea e fare un resoconto. Come dico sempre, il problema non è solo l’allenatore, ma sono anche i calciatori. Comunque io da interista lo terrei, così la Juve non vince” (ride).

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