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Abel Balbo, Scudetto con la Roma emozione unica: “Daniele, benvenuto in Argentina e al Boca”

24 Aug 2000:  Gabriel Batistuta with his new Roma team mates Abel Balbo and Sergej Gurenko during the Pre-Season Friendly match against AEK Athens at the Stadio Olimpico in Rome.   Mandatory Credit: Claudio Villa /Allsport

Intervista a Daniele De Rossi

Redazione DDD

“Devi avere cinque qualità per essere un campione: testa, cuore, coraggio, talento e  fortuna: se le hai arrivi", firmato Abel Balbo. Nato per giocare a calcio. ​Abel Balbo​, classe 1966, dall’Argentina all’Italia, il percorso inverso di ​Daniele De  Rossi​. La sua carriera da professionista inizia in Argentina ma prosegue in Italia dove rimane (scudettato)  fino al 2002. Newell’s Old Boys (1987) e River Plate (1988). Poi Udinese (1989-1993), Roma (1993-1998), Parma  (1998) e Fiorentina (1999). Chiude come detto in bellezza ancora alla ​Roma​ (2000-2002) con il mitico scudetto  del ​milione di tifosi al Circo Massimo​. Tornerà in Argentina, al ​Boca Junior​, per chiudere definitivamente la  carriera nel 2003.

Anche con la nazionale argentina la sua carriera è stata sfolgorante: ha giocato ​tre mondiali​ (1990, 1994, 1998)  convocato da tre diversi C.T. (Bilardo, Basile, Passarella) e ​due Coppa America​ (1989, 1995). In entrambe le  competizioni è stato protagonista di momenti esaltanti per la sua nazione.

All’inizio del 2009 Balbo diventa l’allenatore del ​Treviso​ ma dopo 4 partite si dimette. La ragione è la  disorganizzazione del club. Nel 2010 diventa invece responsabile dell’area tecnica dell’Arezzo. Da ultima in  classifica, e probabile retrocessione, l’Arezzo sale al sesto posto in meno di tre mesi. E sempre con l’Arezzo,  dopo un brevissimo prologo nel 2011, Balbo torna ad allenare.

Abel, ha chiesto Football News nella sua intervista - https://footballnews24.it/notizie/roma/abel-balbo-la-roma-e-le-cinque-qualita-dei-campioni/ - sei stato dirigente sportivo, allenatore e calciatore: quale il ruolo più bello e quale quello più  difficile?​ “Il ruolo più bello è stato quello di calciatore, senz’altro. Il più difficile quello da allenatore: lì devi  gestire molte altre cose”.  Abel, puoi dirci quali sono secondo te le differenze principali tra il calcio italiano e quello argentino?​ “Il  calcio argentino si basa soprattutto sulla tecnica, sulla fantasia e sull’individualità del giocatore. Il calcio  italiano è molto tecnico, si cura più la parte fisica e tattica. Dunque, se levo la fantasia al giocatore, cambia il  nesso. In Argentina il giocatore ha molta più libertà di esprimersi”. 

Cosa pensi dell’arrivo di De Rossi al Boca? E come mai, secondo te, nella storia del calcio argentino solo  tre calciatori italiani sono arrivati nel massimo campionato dell’Argentina? “​Penso che l’arrivo di Daniele  al Boca sia una cosa molta importante per il Boca, per l’Argentina, per il calcio argentino. E anche per  Daniele stesso. È un’esperienza unica, un’esperienza in un Club come pochi al mondo dove c’è un tifo molto  particolare. Vivrà emozioni che non dimenticherà mai e conoscerà un altro paese. Penso che per lui sarà  molto bello. Sono arrivati pochi giocatori italiani in Argentina penso soprattutto per una questione  economica. Dal Sudamerica i giocatori vanno in Europa dove il potere economico è più grande e possono  guadagnare di più e avere una carriera diversa. In Europa si giocano competizioni come la Champions  League: in Argentina non potrebbero giocarla”. 

Quali sono al momento i tuoi rapporti con gli ex compagni di squadra a cominciare da Maradona e  Totti? “​Ho avuto una carriera in cui non ho mai litigato con nessuno, e i rapporti con i miei ex compagni di  squadra sono fantastici, compresi Maradona e Francesco. Li ricordo con affetto e quando ci incontriamo ci  salutiamo con calore. Logicamente non ci frequentiamo perché abbiamo vite diverse e soprattutto abitiamo  in posti diversi”. Qual è l’emozione calcistica più forte che ricordi di avere avuto in Italia? “​L’emozione più forte che ho  vissuto è stata vincere lo scudetto con la Roma e vincere lo scudetto in Italia con una squadra come la  Roma è stata un’emozione unica. Devi essere anche fortunato e capitare al posto giusto al momento giusto  perché vincere così pochi scudetti in tanti anni vuol dire che devi essere una persona fortunata”. 

Tutti i tifosi della Roma ti chiederebbero cosa ne pensi dell’addio di Francesco Totti? “​Penso, come tutti i  tifosi, ad una grande tristezza perché è andato via un grandissimo campione, un grandissimo giocatore una  grande persona. Però l’età arriva per tutti e forse il momento era quello giusto, lascia il calcio da  grandissimo, senza continuare a giocare in una condizione in cui solo fisicamente – e non tecnicamente e  mentalmente – non sarebbe più in grado di competere con i ragazzi più giovani”. 

Abel sei stato un giocatore di assoluta importanza sia in Serie A che in nazionale. In molti si chiedono  come mai nella tua esperienza di allenatore e di dirigente non sei riuscito ad incidere come ci si sarebbe aspettato da un fuoriclasse come tu sei. “​Non sono riuscito ad incidere soprattutto perché non è stata la  mia prima scelta. La mia prima scelta è stata la famiglia, a cui ho sempre dato la priorità. Sia l’allenatore  che da dirigente l’ho fatto così, senza grandi pretese e ambizioni. E poi per arrivare ad avere successo in quei  campi devi avere la struttura, società i giocatori e anche fortuna. Non dipende solo dalla bravura  dell’allenatore o del dirigente”.  Come nasce il professionista Balbo? Raccontaci brevissimamente i tuoi anni al Newell’s Old Boys prima  e al River Plate poi. “​Il professionista nasce da piccolo, da quando avevo 6 anni. Avevo già in mente che  volevo giocare in serie A e da allora ho lavorato per questo fino all’esordio. Ho dedicato la mia vita  esclusivamente al calcio, lasciando da parte tutto. Volevo solo giocare al calcio. È stata facile anche perché  poi ho avuto il talento che mi ha aiutato. A tutti i ragazzi che iniziano dico sempre che devono possedere  cinque qualità per essere un calciatore di successo: testa, cuore, coraggio, talento e fortuna: se hai queste  qualità arrivi. Prima se te ne mancava una forse arrivavi, oggi è tutto così competitivo che non può mancare  nulla, devi possederle tutte per essere un giocatore di Serie A di alto livello”.

 

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