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GHEZZI IN PORTA, COSÌ LE SCARPE NON SI ROMPEVANO...

DDD Story – Lo chiamavano Kamikaze: fra gol, derby, donne e politica

DDD Story – Lo chiamavano Kamikaze: fra gol, derby, donne e politica

Giorgio Ghezzi tra il veleno di Lorenzi e il violino di Altafini...

Redazione DDD

di Luigi Furini -

Era per tutti “Kamikaze” per le sue uscite coraggiose e spettacolari. E’ un tifosissimo dell’Inter, difende la porta nerazzurra dal 1951 al ’58, ma la Coppa dei Campioni la vince con il Milan. E’ una storia bellissima, quella di Giorgio Ghezzi, nato a Cesenatico nel 1930. Una storia di calcio, di donne, di gelosie, di grandi amicizie e grandi rivalità. E di politica, perché Ghezzi è il primo sindacalista dei calciatori, si dichiara comunista (suo padre è sindaco di Cesenatico per il Pci) e lui stesso, terminata la carriera, sarà consigliere comunista nella cittadina romagnola. Sua madre, maestra del paese, non vuole che giochi a calcio. “Si rompono le scarpe”, gli dice. “Gioco in porta, che si rompono meno”, risponde lui. Si fa le ossa nel Rimini e nel Modena e, nel 1951, a soli 21 anni arriva all’Inter. Ruba il posto da titolare a Nane Franzosi, detto “camomilla” per via dell’ansia che lo prende prima di ogni partita. Il debutto è buono, ma la stampa lo attacca, soprattutto Gianni Brera. “Non ha paura fuori dai pali – scrive – ma le sue uscite sembrano dettate dalla disperazione”. I giornali scrivono di lui per la sua relazione con Edy Campagnoli, la valletta di Mike Buongiorno a “Lascia o raddoppia”. Lei è bellissima, elegante, molto discreta. In tivù parla poco, la chiamano “la valletta muta”, si limita a passare le buste ai concorrenti.

L’incantesimo, però, finisce nel 1958. Nonostante due campionati vinti, l’Inter non lo vuole più e lo vende al Genoa. Non solo, la sua “fidanzatina” si innamora e sposa un altro portiere, Lorenzo Buffon quello del Milan. Ghezzi non la prende bene, ma si mette in testa di tornare a Milano il più in fretta possibile. Infatti, nel 1959, il sogno si avvera. Il Milan lo vuole in porta proprio al posto di Buffon (che, in effetti, viene venduto al Genoa). I giornali impazziscono. Lui, naturalmente, accetta. “Non capivo più niente”, dirà più avanti. In più aveva saputo che fra Edy e Lorenzo (ovvero la Campagnoli e Buffon) le cose andavano male.  Però con la “valletta muta” è tutto finito. Giorgio Ghezzi si dedica al Milan con tutte le sue forze. Vince il campionato nel 1962 e c’è lui, in porta, nel 1963 nella finale di Londra fra Milan e Benfica per vincere la Coppa dei campioni. “Per fortuna – dirà – si è giocato nel pomeriggio, avevo il terrore dei riflettori, quando c’era da giocare la sera, qualche volta dicevo di essere ammalato”. Gioca la sua ultima partita nel 1965 e torna a Cesenatico. Che cosa fa? Costruisce un hotel davanti al mare e lo chiama “Internazionale” (al cuor non si comanda). Al piano terra c’è un locale da ballo, anche un teatrino dove arrivano a esibirsi tutti gli artisti del momento. Cantanti, attori, cabarettisti, sono di casa a Cesenatico che diventa una meta mondana. Vanno a a trovarlo anche i suoi ex compagni di squadra, Angelillo, Rivera, “Veleno” Lorenzi. Ci va anche Altafini, che al Milan lo chiamava “violino” perché prima di ogni gara era teso, intrattabile, non parlava e non mangiava.

L’albergo c’è ancora, tappezzato all’esterno da grandi foto di Ghezzi con le maglie dell’Inter e del Milan. Lui, invece, dopo una breve parentesi come consigliere Pci in Comune, se ne è andato, colpito da un infarto nel dicembre 1990.

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