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La palla te la devi portare anche a letto, Renato Cesarini: dai “funebreros” alle 8mila lire di stipendio

Zona Cesarini ma non solo...

Redazione DDD

di Luigi Furini -

“Un gol segnato in zona Cesarini”. Quante volte l’abbiamo detto o sentito dire. Sono passati quasi 90 anni da quel gol. Era il 13 dicembre 1931. A Torino, nel fango e sotto la pioggia, si gioca Italia-Ungheria. A pochi minuti dalla fine il risultato è bloccato sul 2-2. Renato Cesarini fa quasi un fallo verso un suo compagno di squadra, l’ala destra Costantino, ed entra in area. Poi finge di passare a Orsi e invece insacca, spiazzando il portiere. E’ il gol della vittoria perché l’arbitro non fa neanche rimettere la palla al centro. Una settimana dopo, il 20 dicembre, l’Inter vince a Roma con una rete a un minuto dalla fine. I giornali parlano di gol “in zona Cesarini”. E’ la consacrazione di Cè, marchigiano di Senigallia, nato nel 1906 e portato in Argentina dai genitori quando aveva solo nove mesi. Il papà fa il calzolaio. La famiglia vive nel barrio Palermo, il quartiere dei poveri. Renato fa mille lavori, il pugile, l’artista di strada, il radiocronista, il suonatore in un’orchestra. Ma non chiedetegli di aggiustare le scarpe. Gioca nel Chacarita, con il campo vicino al cimitero, tanto che i giocatori sono chiamati “funebreros”, cioè becchini. Lo vedono quelli della Juventus e nel 1929 lo portano in Italia. Gli danno 8 mila lire di stipendio a mese. Bastano per fare una vita da nababbi. Cesarini porta gemelli d’oro e cravatte di seta. Un giorno, Edoardo Agnelli, padre di Gianni e di Umberto, lo vede in un ristorante in orario di allenamento, e gli fa portare una bottiglia di champagne, come per ricordargli chi comanda alla Juve. Lui chiama il cameriere e ne ordina cinque “per il dottor Edoardo”, con allegato un biglietto: “Domani vinciamo e segno”. Sarà così. Cesarini sarà protagonista dei cinque scudetti consecutivi vinti dai bianconeri.

Segnerà altri tre gol allo scadere del tempo, contro l’Alessandria nel 1931, contro la Lazio nel ’32 e contro il Genoa nel ‘33. In Nazionale il Ct Vittorio Pozzo lo convoca di malavoglia. Preferisce giocatori più ordinati. Però ha bisogno di Cesarini, per marcare un certo Cirri, durante una gara contro la Spagna. Il Cè non molla Cirri per un solo istante. Anzi, il giocatore spagnolo, con i nervi a pezzi, lascia il campo con 15 minuti di anticipo. E Cesarini lo segue negli spogliatoi. A fine partita Pozzo lo rimprovera severo, ma Cesarini ha pronta la battuta: “Quando una sentinella ha una consegna, deve rispettarla fino in fondo”. A Torino, nella centrale piazza Castello, apre un locale da ballo. Gli orchestrali sono vestiti da gauchos e si può ballare il tango fino alle prime ore dell’alba. E Cesarini è lì, a costo di arrivare all’allenamento, il giorno dopo, con ancora addosso il pigiama. Passa le notti nei locali, fumando sigarette, sempre il bicchiere in mano e circondato da belle donne. Nel 1935 torna in Argentina: prima al Chacarita e poi al River Plate. Ai ragazzini dice: “Ragasso, la pelota te la devi portare anche nel letto”. Durante gli allenamenti, lui che era stato acrobata, ama attraversare il campo con la palla al piede, senza farla cadere a terra. Muore a Buenos Aires nel 1969.

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