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IL MILAN NON SI E' INDEBOLITO

162 punti Milan, valori indiscutibili e aspetti migliorabili

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Due anni di Milan ad altissimi livelli. I 162 punti in due anni solari sono lì a dimostrare come questa squadra sia ormai una realtà incontestabile.

Redazione DDD

di Max Bambara -

Negli ultimi due anni solari il Milan ha giocato 76 partite di campionato (il girone di ritorno 2019-20, il campionato 2020-21 ed il girone d’andata della stagione in corso), raccogliendo 162 punti, con una media punti di 2,13 a partita. Il tracciato rossonero pertanto è netto e quando un percorso va avanti con costanza da due anni non si può parlare di momenti episodici, bensì va sottolineata la forza della squadra. In Serie A il Milan se la gioca con tutti e non ha timori reverenziali nei confronti di nessuno; in Europa invece il sentiero da percorrere è ancora lungo perché il ritardo accumulato in questi anni richiede più tempo per poter essere colmato. I tifosi milanisti, tuttavia, vivono da qualche mese uno stato particolare dei propri pensieri. Non c’è più l’euforia di un anno fa quando il primo posto a Natale poteva ritenersi assolutamente inaspettato per quanto programmato in estate. Semmai, all’euforia è subentrata la consapevolezza della forza di questa squadra che è data dai numeri poc’anzi evidenziati e dalla continuità, aspetti che hanno una pregnanza indiscutibile. Alla consapevolezza si aggiunge senza dubbio l’orgoglio, perché non si può non essere fieri di quanto fatto dal club, dallo staff tecnico e dai giocatori. Vi è pero un altro sentimento a cui è difficile dare forma con un solo sostantivo. Definirlo insoddisfazione sarebbe troppo, classificarlo come speranza non ne renderebbe l’effettiva dimensione. Il milanista, in sostanza, vorrebbe provare a competere sino alla fine per lo scudetto contro l’Inter.

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Non chiede la vittoria ad ogni costo anche perché chiunque lo faccia, nel calcio, non comprende l’episodicità di questo sport. Chiede, però, di provarci. Ne ha colto il senso proprio Paolo Maldini che, nel pre-gara di Empoli Milan è stato molto cristallino nelle sue dichiarazioni: “siamo in linea con l'anno scorso, abbiamo fatto un'impresa. Ricordo che ad inizio anno non tutti mettevano il Milan tra le prime quattro. Dobbiamo renderci conto da dove siamo partiti, ma questo non vuol dire che rinunciamo ai nostri obiettivi, se ci sarà la possibilità di vincere noi proveremo a farlo, è il nostro lavoro e ce lo impone e il nostro DNA”. Dichiarazioni chiare che rimarcano il lavoro svolto con grande serietà e che spiegano perfettamente quanto sia forte nella società il convincimento che questo gruppo possa già battersi per portare a casa un titolo. Tre sono le criticità sulle quali il Milan è chiamato a misurarsi nel 2022, nel tentativo di migliorarsi e di provare a vincere qualcosa di importante almeno in Italia. Inprimis c’è la flessibilità tattica. Ad Empoli, la mossa di Kessié trequartista è stata molto utile al di là dei due gol messi a tabellino dal giocatore ivoriano. Il Milan da due anni gioca sempre allo stesso modo, con gli stessi principi di gioco e con scarse deroghe alla propria identità. Avere delle declinazioni diverse del proprio modo di stare in campo (cosa avvenuta con successo nelle ultime 5 partite della scorsa stagione) è quell’arricchimento necessario per poter vincere qualche partita mettendo la componente gestionale davanti a quella spettacolare. Vi è poi il nodo infortuni. Anche il tecnico rossonero, nei giorni scorsi, ha riconosciuto come sul tema ci sia stata qualche sbavatura. “Abbiamo alzato il livello di prevenzione e recupero. Il numero d'infortuni muscolari a novembre è stato troppo elevato ed alla lunga la puoi pagare”. Questa consapevolezza è molto importante perché il primo passo per risolvere un problema è quello di ammetterne l’esistenza. Il tecnico emiliano ha riconosciuto la necessità di alzare il livello della prevenzione e ciò fa capire come la questione, in casa rossonera, sia stata posta, esaminata e doverosamente ponderata. Vi è infine il problema principale, ossia la sostituzione dell’infortunato Simon Kjaer. Non si tratta di un’operazione semplice, perché il danese è un leader vero, uno di quelli che in campo parla anche quando tiene la bocca chiusa per quanto sono carismatici i suoi sguardi e le sue smorfie. Il Milan di questa stagione ha un tratto comune con il Milan 2009-2010: quel Milan quando poteva schierare la coppia difensiva formata da Nesta e Thiago Silva era una squadra di assoluto livello. Senza Nesta però perdeva qualcosa in sicurezze, distanze fra i reparti, carisma. Mutatis mutandis, la situazione di questo Milan è la medesima: quando gioca la coppia Kjaer Tomori c’è un Milan; senza quella coppia cambia qualcosa a livello di equilibri difensivi. Il Milan è così chiamato a fare qualcosa per dare al tecnico un’alternativa in più. Di certo andrà responsabilizzato Romagnoli (reduce da una serie di buone prestazioni) e andranno valorizzate risorse che già nella scorsa stagione hanno rappresentato elementi utili e positivi (Gabbia e Kalulu). Al Milan però, oggi, manca un leader difensivo. Riuscire a trovarlo nella sessione di mercato di gennaio non sarà semplice perché chi ha i giocatori buoni se li tiene. Bisognerà saper sfruttare le occasioni giuste, consapevoli del fatto che si tratta di una scelta strategicamente molto delicata e dalla quale possono dipendere i destini della stagione rossonera.

 

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