LA VARIABILE NON TRASCURABILE DEL FFP...

Boban, una posizione non coerente

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Non si possono chiedere investimenti importanti ad un club che ha appena sottoscritto il settlement agreement

Redazione DDD

di Max Bambara -

In un’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport in questa settimana, Zvonimir Boban è stato, come sempre, molto affettuoso nel suo approccio al Milan. L’ex numero 10 croato, d’altronde, non ha mai nascosto il suo grande legame con i colori rossoneri, nonostante le sue contese legali con il fondo Elliott, il precedente proprietario del club rossonero. Sembra passato un secolo da quando il fondo di Paul Singer licenziava Boban nell’inverno del 2020. Ed invece, soltanto due anni e mezzo dopo, il Milan è tornato competitivo, gioca in Champions League per il secondo anno consecutivo ed è tornato a far splendere l’agognato tricolore sulle sue maglie dopo ben 11 anni di attesa.

Senza nulla togliere...

Per i milanisti Boban è rimasto il grande “Zorro”, colui che ha giocato titolare il 18 maggio 1994 nella partita del secolo che ha regalato al Milan la quinta Coppa dei Campioni della sua storia e colui che ha preso per mano il Milan nella primavera del 1999, conducendolo alla vittoria del 16esimo scudetto.  C’è tanto di Boban, tuttavia, anche in questo Milan, perché la prima campagna acquisti del nuovo corso (nell’estate del 2019) ha visto protagonisti Maldini e Massara insieme a Zvonimir Boban. In quella sessione di mercato il Milan è riuscito a portare a casa le fondamenta vere della sua attuale rosa (Rafael Leao, Ismael Bennacer, Theo Hernandez, Ante Rebic e Rade Krunic). Il valore di mercato dei primi tre, oggi, sfiora i 250 milioni di euro complessivi.

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Boban, tuttavia, nella sua intervista di lunedì scorso, ha detto una frase sintomatica di una sua visione, legittima, ma assolutamente fuori contesto rispetto all’attuale situazione del calcio. All’ex centrocampista della Nazionale croata era stato chiesto a che punto fosse il Milan nel suo processo di crescita? La risposta di Boban è stata la seguente: "Ci sono giocatori che valgono la Champions e ruoli da rinforzare, dipende dalle ambizioni societarie, da quanto si vuole investire per arrivare al top. Bisogna pensare in grande, sennò è difficile che il Milan torni quello di una volta". Detto col massimo del rispetto per l’uomo Boban, quanto lui dice in questo passaggio è impossibile e non ha presupposti fattivi di realizzabilità nel contesto attuale. Infatti il Milan non può decidere quanto investire sulla base dei desiderata dei propri azionisti perché è vincolato a quelli che sono i suoi ricavi. La dirigenza del Milan, anche se lo volesse, non può sforare determinati parametri, chiedendo alla sua proprietà di “mettere soldi” (espressione odiosa nonché spesso abusata) per finanziare acquisti importanti, utili ad alzare il livello qualitativo della rosa. Il Milan, come “quasi tutti” gli altri club europei, deve fare i conti con il FPF e con un settlement agreement da poco sottoscritto con l’UEFA. Tutto questo Zvone dovrebbe saperlo bene, in quanto da un anno e mezzo è diventato Head of Football dell’UEFA. Come si può pertanto sostenere e far veicolare a mezzo stampa il concetto che un club che ha appena sottoscritto un SA con l’UEFA e che, pertanto, in caso di mancato rispetto dello stesso, può incorrere in sanzioni, dovrebbe investire maggiormente per arrivare al top? Il Milan di oggi segue l’unico percorso possibile, ossia quello della crescita graduale, sostenibile, senza passi più lunghi delle proprie gambe.

Nella posizione di Boban, su quest’argomento, si scorge un’incoerenza di fondo che non si può non rilevare. Boban, da uomo UEFA, crede fermamente nel FPF, ma da uomo di calcio ritiene che il Milan dovrebbe avere una visione di investimenti meno frenata, simile a quella del primo Berlusconi (1986-94). Ciò è sostanzialmente irrealizzabile perché sarebbe come avere la botte piena e la moglie ubriaca. Sul punto, tre anni e mezzo fa, Adriano Galliani, l’ex amministratore delegato del Milan di Berlusconi è stato estremamente lapidario: “Noi abbiamo preso un Milan con due istanze di fallimento, fuori dalle coppe e siamo riusciti a vincere scudetto, Coppa dei Campioni e Intercontinentale in soli tre anni. Oggi non sarebbe possibile. Se ci fosse stato il Financial Fair Play quando abbiamo comprato noi il Milan, non avremmo vinto cinque Champions League, ma avremmo lottato per la salvezza”. Chiunque, Boban compreso, può continuare a difendere la normativa liberticida del FPF introdotto dall’UEFA per rendere il calcio più popolare e più accessibile a tutte le squadre, ottenendo invece un risultato opposto, con una élite di squadre che si è stratificata ed una serie di società che vorrebbero crescere ma sono bloccate da lacci e lacciuoli normativi. Ciò che non è possibile fare, invece, è sostenere che un club possa o debba investire maggiormente dopo aver sottoscritto un settlement agreement con l’UEFA, in seguito al quale le libere scelte di mercato di un club diventano condizionate da una serie di vincoli molto stretti e non dipendenti dalle volontà degli azionisti di quel club.

 

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