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Caso plusvalenze: quando la gestione del club è anti-economica

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Se l’illecito è difficile da provare, la malagestio della Juventus è evidente. I paragoni con altre vicende del passato sono totalmente infondati e strumentali

Redazione DDD

di Max Bambara -

L’avvocato Leandro Cantamessa, nell’enucleare il suo punto di vista sul caso “plusvalenze-Juventus”, si è espresso in termini fortemente dubitativi sulla possibilità che, da questa vicenda, la squadra bianconera possa trarne pregiudizio sia sul piano penale, sia sul piano della giustizia sportiva: “è molto difficile provare che le parti abbiano scientemente voluto concludere un affare fittizio. È complicato perché non esiste un listino prezzi nel calcio. Le variabili sono infinite, basta pensare a Zaniolo con l'Inter che ha venduto un calciatore che poche settimane dopo si è rivalutato a dismisura”. D’altronde, in un sistema di libero mercato le valutazioni dei giocatori sono rilasciate al libero convincimento delle parti e provare il dolo specifico da parte di un club diventa impresa complicata, in quanto si possono processare i fatti, ma non di certo le intenzioni. Arduo pertanto pensare che le accuse al momento formulate verso la società juventina possano trovare accoglimento in un’eventuale sede dibattimentale. La questione, semmai, andrebbe affrontata dal punto di vista gestionale, senza tirare in mezzo eventuali illeciti (comunque difficilmente provabili).

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Innanzitutto usciamo dall’equivoco dei paragoni impropri perché questa vicenda non può essere parametrata ad altre vicende del passato come invece, sin troppo strumentalmente, in tanti si affrettano a fare. Paragonare l’attuale situazione della Juventus con il caso plusvalenze che vide coinvolte Inter e Milan oltre dieci anni fa (l’accusa si chiuse con un proscioglimento per entrambe le società meneghine), non è assolutamente cosa buona e giusta. Tutt’altro. Il termine di paragone non regge a causa dell’evidente distonia fra le cifre. Qui si contestano oltre 280 milioni di euro di potenziali plusvalenze fittizie; all’epoca si contestavano una decina di milioni di euro di plusvalenze fittizie. Per dare una dimensione ancor più significativa, si deve evidenziare come la cifra contestata alla Juventus come plusvalenze fittizie rappresenti quasi il 60% del suo attuale fatturato, mentre le cifre contestate all’epoca alle due milanesi rappresentavano a malapena il 5% del fatturato dei club.

Se, pertanto, il principio cardine rimane indiscutibile (è molto difficile provare un affare fittizio fra due club, concluso dolosamente al fine di artefare il bilancio), le analisi e le considerazioni che ne derivano non possono che essere molto diverse.

La Juventus negli ultimi anni ha infatti vissuto al di sopra delle proprie possibilità, perché le plusvalenze fittizie (o gonfiate) sono una sorta di cambiale: al beneficio sull’esercizio di bilancio corrente, corrisponde un aumento dei costi negli anni a venire.

Non a caso, la Juventus, fra il 2019 ed il 2021, ha dovuto varare due aumenti di capitale per circa 700 milioni di euro complessivi, una cifra che non sarà stata versata con piacere dalla EXOR. Non è casuale che, da qualche mese, un dirigente di fiducia della famiglia Elkan (Arrivabene) sia stato nominato AD della Juventus al fine di occuparsi precipuamente della situazione contabile del club torinese. Se, pertanto, è alquanto complicato provare l’esistenza di un illecito dal punto di vista penale, è invece molto semplice prendere atto dello sfascio gestionale della Juventus degli ultimi anni, uno sfascio che ha portato il club ad assumere decisioni che hanno confinato l’aspetto sportivo ad un piano secondario, incentivando l’esodo di Cristiano Ronaldo senza aver un piano alternativo reale per sostituirlo.

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