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LA GESTIONE DELLE PARTITE IN EUROPA

Champions rossonera, analisi di un percorso

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Il valore dell’esperienza e la necessità di rendere più ampia la proposta di gioco rossonera

Redazione DDD

di Max Bambara -

L’eliminazione del Milan dalla Champions League fa parte dell’ordine naturale delle cose e va accettata, al netto di qualche errore arbitrale e dei troppi infortuni che non hanno mai permesso a Stefano Pioli di schierare l'undici titolare. Il Milan di oggi ha enormi margini di crescita e, soprattutto, ha un grande potenziale; tuttavia, i tempi per esprimerlo in Europa non sono ancora maturi. Bisogna partire da un postulato fondamentale: l'attuale proposta di gioco del Milan è valida ed ha presupposti moderni che sono stati elogiati persino da Arrigo Sacchi, un signore che raramente dispensa elogi tanto per farlo. Ad oggi comunque, l’impianto di gioco del Milan, pur lodevole, non è sufficiente se l’obiettivo è quello di alzare il livello nei prossimi anni. La squadra infatti si esprime al meglio quando riesce ad alzare l’intensità ed i ritmi di gioco. La prima mezz'ora di gara contro l'Atletico Madrid ne è un chiaro ed evidente esempio. Il Milan non eccelle però nel possesso palla ragionato e nella lettura dei momenti della gara. L’istintività e la gioventù sono valori che, visti dalla parte opposta della medaglia, possono diventare disvalori nel momento in cui si richiede ad una squadra di fare un salto di qualità sul piano della gestione dei match, acquisendo una mentalità conservativa nell’alveo di un’impostazione del gioco offensiva. Alcune ricorrenze non sono quindi una casualità. Il Milan è passato in vantaggio contro il Liverpool e contro l’Atletico Madrid sia all’andata e sia al ritorno. Alla fine della fiera però sono venute tre sconfitte ed una sola vittoria, con ben tre rimonte da parte degli avversari. Tre indizi non sono una casualità, ma indicano una tendenza. Quando il Milan deve gestire le gare, in Europa, va in difficoltà e ciò non dipende soltanto dalla forza dell’avversario, da qualche episodio arbitrale spiacevole o dalla questione infortuni. La squadra rossonera si è dimostrata valida nell’aggredire le partite al momento giusto, tanto che si è trovata in vantaggio quattro volte su quattro contro due squadre che sono state finaliste di Champions League negli ultimi anni. Ciò è un elemento di valore che non è possibile non considerare.

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(Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

Il salto di qualità pertanto deve arrivare relativamente all’attuale proposta di gioco che deve evolversi, implementarsi, consolidarsi, virare verso alternative all’intensità ed ai ritmi alti, aggiungendo qualità nella gestione del pallone. In quest'ottica, i ruoli nei quali il Milan è chiamato prossimamente ad alzare il suo livello sono il numero 7 ed il numero 10. Servono due alternative con caratteristiche diverse rispetto agli ottimi Saelemekers e Brahim Diaz, due elementi che siano più strutturati e funzionali sia sul piano fisico, sia sul piano del palleggio di qualità che, in Europa, continua ad essere importante e necessario. In tale contesto l’arrivo a giugno del talentino del Bordeaux Yacine Adli sembra essere perfetto. Si tratta di un giocatore sul quale il club ha deciso di fare un investimento consapevole e lungimirante, perché parliamo di una mezzala di qualità con fisico impostato, tecnica sublime e letture del gioco particolarmente avanzate e raffinate. Riuscire a trasformarlo in un numero 10 europeo, capace di offrire, in fase d’uscita della palla, un’alternativa tecnica preziosa ad oggi sconosciuta quando la squadra si trova sotto pressione, diviene una scommessa affascinante, figlia di una visione strategica da parte del club rossonero. Il Milan è un progetto molto evoluto di grande squadra che può diventare tale con una cura maggiore delle situazioni di dettaglio. Le grandi squadre, infatti, non giocano a ritmi alti per 90 minuti. Scelgono, semmai, i momenti in cui giocare ad alta intensità per capitalizzare la propria supremazia. Le grandi squadre sanno rubare la palla e la sanno gestire. Quest'ultimo aspetto, anche per ragioni di esperienza, è mancato al Milan ed è una delle concause di questo percorso in Champions League. Ciò va evidenziato in un’ottica di crescita complessiva, prendendo atto del fatto che l’inesperienza è una tassa invisibile. All’inizio credi di poterla aggirare, ma quando sei costretto a pagarla ti rendi conto di quanto sia esosa. I tanti errori individuali del percorso rossonero in Champions sono figli dell’inesperienza, una nuvoletta che cammina accanto ai giocatori e che rende meno naturali certi gesti tecnici e certe giocate che, sul suolo nazionale, vengono eseguiti senza pensarci troppo. Perché non ci sono soltanto alcune maglie che pesano più rispetto ad altre. Ci sono anche alcune competizioni (la Champions League in primis) che impattano diversamente sulla psiche dei giocatori, in maniera preponderante rispetto ad altre.

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