editoriali

Crescita sostenibile: Gazidis lo aveva detto ma in pochi gli avevano creduto…

il mercato del Milan fino ai primi di agosto ha chiarito cosa intendesse dire il Ceo rossonero alla fine del mese di maggio

Dopo i 5 acquisti del Milan, tornano alla mente le dichiarazioni rilasciate alla Gazzetta dello Sport dall'ad del Milan alla fine dello scorso mese di maggio...

Redazione Derby Derby Derby

di Max Bambara -

Nella sua intervista di fine maggio alla Gazzetta dello Sport, l'amministratore delegato del Milan Ivan Gazidis ha parlato di un club che deve proiettarsi nel futuro senza cercare scorciatoie bensì attraverso una "crescita sostenibile". Tale dizione è stata probabilmente sottovalutata da tanti opinionisti sportivi che, non a caso, hanno dipinto il Milan come un club che avrebbe dovuto svolgere i conti della serva per provare a fare degli investimenti sul mercato.

Non è stato così, dato che, ai primi d'agosto dell'estate 2019 ed a soltanto un mese dalla chiusura del calciomercato, il Milan è la società che ha speso più di tutte in Serie A per quello che concerne il costo dei cartellini. Il Milan ha infatti acquistato 5 giocatori (oltre a Kessiè che era stato preso in prestito con obbligo di riscatto maturato nel bilancio corrente) con denaro liquido, senza ricorrere a singolari formule di pagamento, senza prestiti onerosi con diritti oppure obblighi condizionati a determinate condizioni. Nulla di tutto ciò è avvenuto. Si è acquistato con denaro contante, vero, reale. La società rossonera, in questa estate 2019, è stata estremamente seria e oculata nelle sue valutazioni sul valore dei giocatori. Ha fatto scelte precise e coraggiose, senza farsi travolgere da troppi refoli di vento, lesti a descrivere come catastrofico un derby di mercato perso. Nel calciomercato non si vince e non si perde. Si rilancia o si rinuncia.

I casi Sensi, Kabak e Veretout sono pertanto l'emblema assoluto della sicurezza in sè stesso di questo Milan. Nessuna paura del giudizio degli altri, nessuna scelta figlia del timore. I giocatori hanno un costo, una valutazione, un potenziale ingaggio. Se si va oltre il Milan si ferma, fedele alle proprie convinzioni, consapevoli che il mondo non finisce su un singolo nome. Non si è scelto di fare un acquisto per la paura di passare per rifiutati. Il calcio è sentimento, ma non umoralità. Il sentimento si rifugia sempre nell'appartenenza e non ha la pretesa di rinnegare l’analisi; l'umoralità invece trova casa nelle polemiche vuote, tirate per i capelli, poste senza una base logica ed empirica.

Ma torniamo al concetto iniziale: come si coniuga l’idea di una crescita sostenibile con i 114 milioni sinora spesi in entrata (20 Hernandez, 8 Krunic, 16 Bennacer, 35 Leao, 11 Duarte e 24 Kessiè che, come detto, ricade in questo bilancio), a fronte dei soli 38 milioni incassati in uscita (18 Cutrone, 10 Locatelli, 5 Djalo, 4,5 Gustavo Gomez e 0,5 Simic)? Orbene, quando si valuta il mercato di una squadra l'errore fondamentale che viene spesso commesso è quello di giudicarlo soltanto in base al mero player trading. Ed invece il Milan, grazie ai 76 milioni netti investiti finora sul parco giocatori, ha potuto ridarsi una struttura contabile e di bilancio più solida e lineare.

Nel bilancio 2018-19 il costo totale della rosa del Milan (composto da stipendi lordi, ammortamenti e spese per i prestiti) sfiorava i 212 milioni di euro. Pesavano gli oltre 120 milioni di stipendi lordi, i 73 milioni di ammortamenti e ben 17 milioni di euro previsti come costo dei giocatori presti in prestito (9 per Higuain, 3 per Castillejo, 5 per Bakayoko).  Grazie a questa disponibilità agli investimenti da parte del fondo Elliott, il Milan potrebbe ragionevolmente (a fine mercato) abbassare di 30-40 milioni il costo totale della rosa. Gli ammortamenti probabilmente rimarranno quasi sullo stesso livello, ma la spesa per i prestiti verrà ridotta a zero e il costo degli stipendi lordi potrebbe rimanere al di sotto di quota 100 milioni di euro.

In sostanza, spendere tanto adesso per spendere meno in futuro e per dare al Milan una rosa con maggiore prospettiva tecnica e patrimoniale, ristrutturando il rapporto fra il costo della rosa ed i ricavi che, nell'ultimo bilancio, ha sfiorato il 90% e che nel prossimo potrebbe scendere sotto il 70%. Quando Gazidis parlava di "crescita sostenibile”, probabilmente, aveva già in mente tutto ciò.

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