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editoriali

Fabio Capello e Stefano Pioli: lo stesso risultato, 5-0, ma due destini opposti come conseguenza

Fabio Capello a San Siro nel 1996

Ricorrenze numeriche, destini opposti: nel 1997-98, quando il Milan perse 5-0 in campionato cambiò l’allenatore alla fine della stagione; stavolta, dopo il 5-0 di Bergamo, Pioli si è meritato la conferma

Redazione DDD

di Max Bambara -

Poco più di sette mesi fa, il Milan perdeva 5-0 in casa dell’Atalanta. Una sconfitta forte, profonda, dagli inevitabili strascichi umorali. Sulla panchina rossonera, Stefano Pioli appariva come il classico “dead man walking”. Pensare di invertire la rotta in quel momento appariva più un’idea utopistica che un vero e proprio progetto reale. Il Milan non perdeva 5-0 in campionato contro un avversario da oltre 20 anni: era il maggio 1998 e, nella cornice pomeridiana dello stadio Olimpico, la squadra rossonera venne travolta dalla Roma di Zeman che inflisse al Milan una lezione indimenticabile. Quel 5-0 fu, all’epoca, un chiaro segnale d’insofferenza della squadra verso l’allenatore. Il gruppo rossonero, nei fatti, non sopportava più Fabio Capello e quella partita seguiva ad una clamorosa finale di ritorno di Coppa Italia, persa dal Milan contro la Lazio; i capitolini erano sotto 1-0 (dopo aver perso l’andata 1-0) ma in dieci minuti riuscirono nell’impresa di fare 3 gol al Milan (il gol decisivo lo realizzò Alessandro Nesta). Capello insomma aveva perso completamente il controllo dello spogliatoio e quel 5-0 contro la Roma fu solo un segnale molto chiaro lanciato dalla squadra alla società.

Fabio Capello a San Siro nel dicembre 2019

Sette mesi fa così, qualcuno ha incautamente paragonato le due situazioni, prefigurando una squadra che non seguiva più l’allenatore. Nulla di più sbagliato perché il 5-0 subito dal Milan contro l’Atalanta non aveva altre comunanze con quella situazione, al di fuori della similitudine numerica. Quel pomeriggio di Bergamo venne semmai fuori una doppia contraddizione: psicologica e tattica. Dal punto di vista mentale quel Milan era confuso; non sapeva cosa fare in campo perché in pochi mesi aveva avuto tre allenatori diversi e tre metodologie di allenamento e di impostazione didattica non equiparabili. Dal punto di vista tattico invece, quella squadra era un vero e proprio ibrido, schiava della convinzione che soltanto il 4-3-3 fosse l’unico modo capace di dare equilibrio e riferimenti sicuri. Bergamo è stato probabilmente il punto più basso toccato dal Milan negli ultimi anni, ma è stato anche il trampolino da cui effettuare la risalita, producendo in seno alla squadra uno shock mentale positivo ed una svolta tattica ormai non più rimandabile. Il tracollo di Bergamo ha infatti reso evidente quanto fosse necessario inserire giocatori di personalità e di esperienza all’interno della rosa (vedasi l’arrivo di Kjaer) e quanto non fosse rimandabile l’arrivo a Milan di Ibrahimovic. Zlatan, nei fatti, ha cambiato il Milan con la sua sola presenza, ancor prima che col contributo tecnico (comunque fondamentale sul piano dei gol e degli assist). Pertanto, mentre il 5-0 subito da Capello contro la Roma fu la certificazione di un fallimento e la parola fine sulla sua esperienza rossonera, il 5-0 di Bergamo è stato invece l’inizio di un Milan nuovo, che nell’arco dei mesi è riuscito a porre finalmente le basi per una squadra capace di giocarsi un posto in Champions League nella prossima stagione. Dal post Bergamo, Stefano Pioli ha perso soltanto 2 partite su 21, tenendo una media di oltre due punti a partita. Insomma, dati alla mano, due risultati terribilmente uguali nella tragica dimensione numerica hanno dato esiti opposti sulla storia professionale nel Milan di Fabio Capello e di Stefano Pioli.

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