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Fischi e tifosi, il diritto di contestare

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Moralismi ed ipocrisie sui fischi a Donnarumma

Redazione DDD

di Max Bambara -

Non è vero che il tifoso ha sempre ragione; ci sono volte che alcune prese di posizione dei tifosi sono contestabili, altre in cui ci sono argomentazioni valide. Il tifoso, come ogni componente del mondo del calcio, può sbagliare, ma ha il diritto di esprimere sempre civilmente le proprie idee e la propria visione delle cose. Questo semplice assunto è stato ribaltato mercoledì sera, con tanti sepolcri imbiancati, presunti detentori della verità, della sportività e del pensiero unico, che si sono permessi di contestare il comportamento dei milanisti allo stadio che, in occasione della partita della Nazionale contro la Spagna, hanno fischiato Donnarumma. Ognuno di noi, da quando i ricordi del calcio ne sorreggono la memoria, può ricordare che i fischi allo stadio contro certi giocatori sono stati sempre una parte integrante del contesto, sia che fossero giocatori avversari, sia che fossero giocatori che vestivano la stessa maglia per la quale tenevano i fischianti. A tutti, sin da piccoli, è stato insegnato che la contestazione civile, priva di offese personali e di comportamenti non in linea con il buonsenso, va sempre accettata, a differenza della contestazione violenta che, invece, va sempre e solo condannata. Con il caso Donnarumma è stata completamente sovvertita questa regola aurea e tanti soloni, con l’aria da benpensanti, hanno ritenuto di dover dispensare le loro pillole di moralità pelosa, non richiesta da nessuno. I tifosi milanisti che hanno osato fischiare Donnarumma sono stati offesi volgarmente. C’è chi li ha definiti ignoranti, chi li ha bollati come incivili, chi ha persino vergato un articolo in cui li ha etichettati come teppisti e chi, dall’alto del proprio rigore morale, ha proposto un assurdo parallelo fra i fischiatori ed i razzisti.

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(Photo by Claudio Villa/Getty Images)

In sostanza non si può contestare civilmente il portiere della Nazionale italiana, ma si possono offendere pubblicamente i tifosi del Milan (visto che coloro che si sono trovati allo stadio mercoledì sera rappresentano il sentimento comune di quasi tutto il popolo milanista). Nessuno di questi sepolcri imbiancati si è preoccupato di porre una riflessione sul perché, a distanza di mesi, il popolo milanista sia così risentito verso il proprio ex portiere, simbolo di un calcio che non piace, fatto di irriconoscenza, di silenzi strategici, di quella autoreferenzialità cieca nella quale alcuni giocatori scelgono di confinarsi, incuranti delle ragioni di chi, con la propria passione, è la benzina ed il cuore pulsante di questo sport. Nulla di tutto ciò. Zitti e muti devono stare i tifosi secondo lor signori, perché i giocatori della Nazionale non si fischiano, altrimenti il reato di lesa maestà trova declinazioni truci nell’ignoranza, nel razzismo, persino nella delinquenza. Il tema della serata di mercoledì non avrebbero dovuto essere i fischi a Donnarumma, bensì il motivo degli stessi. Sarebbe stato opportuno, magari, provare a porsi qualche interrogativo su un giocattolo che, a lungo andare, rischia di rompersi perché se viene meno la passione dei tifosi crolla tutto. Nessuno ha contestato la scelta del giocatore; sono state contestate le modalità e tutto ciò che oggi Donnarumma rappresenta in quel mercato delle vacche grasse che porta tanto latte nei vari retrobottega dei procuratori, sottraendolo alle fattorie dei club che investono sui vivai e sulle strutture. La gente, in questo caso i milanisti, è meno stupida di quanto i soloni della moralità spicciola possono pensare. Se si toglie il diritto di contestare e di esprimere un dissenso, si confina il calcio in un universo aristocratico, antitetico a sé stesso. Donnarumma è stato un simbolo, ma ciò che veniva e viene contestato è un intero mondo che la gente comune sta iniziando a sentire sempre più distante dalla propria visione del calcio.

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