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HA ROTTO LA MALEDIZIONE

Giroud, il ritorno degli occhi di fuoco e della numero 9 sulle spalle

Giroud, il ritorno degli occhi di fuoco e della numero 9 sulle spalle - immagine 1

Giroud ha gli occhi di fuoco che hanno conquistato il pubblico milanista e che lo avvicina moltissimo ad Inzaghi, entrato nelle grazie dei tifosi del Milan per la sua capacità di dare vere scariche elettriche e di essere in empatia con loro

Redazione DDD

di Max Bambara -

La doppia cifra realizzativa è sempre un traguardo notevole per un attaccante nel corso di una stagione agonistica. Vale per tutti e non può non valere anche per un centravanti esperto come l’attuale numero nove del Milan Olivier Giroud. Un tempo non troppo lontano si sosteneva che l’attaccante migliore fosse quello capace ogni anno di terminare la stagione in doppia cifra. D’altronde la costanza di rendimento declinata su più stagioni è l’elemento principe che evidenzia il discrimine perfetto fra un grande attaccante ed un buon attaccante. In pochi forse sanno che con il gol del 3-0 sulla Lazio, Olivier Giroud è andato in doppia cifra realizzativa per la dodicesima stagione consecutiva. Pochissimi attaccanti in Europa hanno numeri del genere. Dalla stagione 2010-11, invece, Giroud ha segnato con una continuità incredibile. E non lo ha fatto in campionati di basso livello, bensì in 3 dei 5 paesi che ospitano le principali leghe europee. Il centravanti francese, infatti, ha segnato 39 reti in 85 partite in Francia con la maglia del Montpellier, 144 gol in 372 partite in Inghilterra con le maglie di Arsenal e Chelsea e 10 gol in 22 partite in Italia con la maglia del Milan. In totale parliamo di 193 reti in 12 anni giocati ai massimi livelli. Pochi attaccanti possono vantare uno score simile. Pochissimi attaccanti, peraltro, hanno la personalità ed il carisma di Giroud. Già perché servivano proprio questi prerequisiti, insieme alle spalle larghe, per superare la maledizione della maglia numero nove che, in quel di Milanello, albergava ormai da quasi dieci anni, ossia da quando Filippo Inzaghi aveva deciso di appendere gli scarpini al chiodo per intraprendere la carriera di allenatore. Certe credenze, a volte, vanno oltre la scaramanzia e diventano dei veri e propri tormentoni. Per superarle ci vogliono tante cose. Prima di Giroud quella maglia è stata indossata da Pato, da Andre Silva, da Higuain. Tutta gente di altissimo livello tecnico. Il talento però, senza il furore, diventa una camomilla dal sapore stantio e dal retrogusto inapprezzabile. Giroud non ha la velocità di Pato né la bravura tecnica nello stretto di Higuain. Però ha gli occhi di fuoco che questi due giocatori, nel Milan, non sono riusciti ad avere per ragioni diverse. Pato per limiti caratteriali, Higuain perché, da giocatore nevrile, dà il massimo soltanto dove si sente coccolato. Giroud dopo il primo mese rossonero estremamente positivo (buon rendimento nelle amichevoli e doppietta contro il Cagliari alla seconda giornata), era entrato in un cono d’ombra che avrebbe potuto incupirlo, finanche abbatterlo.

Giroud, il ritorno degli occhi di fuoco e della numero 9 sulle spalle- immagine 2

Prima la positività al COVID 19, poi l’infortunio alla schiena in quel di Liverpool, infine la lesione al flessore della coscia contro l’Atletico Madrid. Il vero Olivier i tifosi rossoneri lo hanno potuto riammirare soltanto da gennaio di quest’anno. Un gol su rigore contro la Roma, un gol fondamentale per il passaggio del turno contro il Genoa in Coppa Italia (col Milan che si trovava sotto per 1-0), una doppietta decisiva nel derby che ha cambiato l’umore della stagione ed una doppietta fulminea contro la Lazio nei quarti di finale di Coppa Italia. Il tutto abbinato a prestazioni importanti, presenza fisica notevole (andrebbero evidenziati i contrasti aerei vinti nel derby contro Skriniar e De Vrji) e una personalità spiccata e debordante, che lo ha portato a creare un’empatia unica con il popolo rossonero. Il Milan si è messo in casa un grandissimo attaccante ed una straordinaria persona, un giocatore capace di avere carisma e di esercitare leadership sui compagni, nonché in grado di trascinare il pubblico in un clima di immedesimazione mentale che soltanto Pippo Inzaghi era riuscito a creare nei suoi trascorsi rossoneri. Non sono più necessari, quindi, i numeri realizzativi per dimostrare che la maledizione della maglia numero nove non sussiste più: è sufficiente osservare come Olivier Giroud esulta insieme al suo pubblico dopo un gol. Quel clima empatico, di inzaghiana memoria, sembra rivivere finalmente un ambito e desiderato secondo tempo.

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