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IL 2020 DEL MILAN

Il 2020 rossonero: le mosse che hanno cambiato la dimensione del Milan

MILAN, ITALY - NOVEMBER 08:  Zlatan Ibrahimovic of AC Milan reacts during the Serie A match between AC Milan and Hellas Verona FC at Stadio Giuseppe Meazza on November 8, 2020 in Milan, Italy.  (Photo by Emilio Andreoli/Getty Images)

Un anno fa di questi tempi i tifosi rossoneri si leccavano ancora le ferite. Oggi è tutto diverso: ecco cos'è successo....

Redazione DDD

di Max Bambara -

A inizio 2020, il ritorno a Milano di Zlatan Ibrahimovic veniva accolto con piacere dopo una sconfitta come quella di Bergamo che aveva assunto contorni apocalittici. Nessuno tuttavia si sarebbe potuto aspettare l’anno che abbiamo vissuto dal punto di vista sportivo, anche provando a fare uno sforzo di innegabile ottimismo. Le considerazioni che accompagnavano il ritorno a Milano di Ibra erano di altra natura. Qualcuno sosteneva che era un ottimo modo per far rimarginare quella ferita apertasi nell’estate del 2012. Qualcun altro invece riteneva che Ibra avrebbe potuto attaccare al muro tutti quei giocatori che non si impegnavano abbastanza e che, a detta di molti, non erano degni della gloriosa maglia del Milan. In realtà Ibra è entrato nell’universo rossonero con un approccio estremamente morbido. Non ha voluto forzare la mano con la pressione perché, da uomo intelligente, si è reso conto che su un gruppo così giovane non bisognava avere un approccio troppo diretto. Esattamente nel mese di gennaio di un anno fa è nata la rivoluzione milanista che ha portato a ciò che oggi è diventato il Milan. Il primo passo è stato il cambio di sistema di gioco. Negli anni il 433 ad esterni invertiti aveva regalato discreti momenti di calcio, ma era stato anche il principale limite ad una crescita della dimensione offensiva rossonera. L’iniziale 442, poi nel giro di un mese trasformatosi in un 4231, ha impresso in questa squadra un marchio di fabbrica offensivo che, perfettamente, si adattava alle caratteristiche dei giocatori in organico. Quattro i passaggi chiave: l’arrivo di un regista difensivo come Kjaer, lo spostamento di Kessié nella posizione di mediano basso nei due in mezzo, la collocazione di Calhanoglu nel ruolo di trequartista, il lancio di Rebic come esterno sinistro offensivo.

(Photo by Emilio Andreoli/Getty Images)

In quattro mosse Pioli ha ribaltato il Milan come un calzino creando i presupposti per una base tecnica preziosa sulla quale il club ha potuto nel tempo innestare nuove risorse. Ma il vero capolavoro della società sono state le cessioni. Dopo aver ceduto in precedenza Cutrone al Wolves per oltre 20 milioni di euro, la dirigenza rossonera ha ceduto anche Suso e Piatek nella sessione di mercato di gennaio del 2020 per quasi 50 milioni compressivi e, in estate, ha ceduto Paquetá per 20 milioni di euro. Parliamo di circa 90 milioni di euro entrati in cassa nel Milan nel giro di un anno (dall’estate 2019 all’estate 2020), soldi veri non bruscolini, la cui importanza non può essere sottovalutata. Due di queste cessioni hanno portato plusvalenze pure (Cutrone e Suso) e, comunque, tutti e quattro questi giocatori non sono attualmente titolari nei club che li hanno acquistati. Il Milan insomma nel 2020 ha svolato non soltanto sul piano dei risultati, ma anche sul piano tecnico, del bilancio e dell’entusiasmo. Non lo ha fatto andando a prendere giocatori sul mercato con colpi milionari, bensì lavorando su sé stesso, valorizzando quelle risorse che potevano essere valorizzate ed intuendo invece quali giocatori erano ormai fuori dal progetto tecnico perché arrivati alla fine della loro traiettoria positiva. In tanti per esempio si chiedono come abbia fatto Piatek a trasformarsi da implacabile cecchino a centravanti normale. La spiegazione è nella storia del calcio. Pensiamo ad El Shaarawy: nei primi sei mesi di Milan sembrava un fenomeno. Poi si è fermato. Nel calcio la continuità è il valore che conta di più. Se esplodi, devi poi dimostrare di poter reggere il peso della pressione e del calcio ad un certo livello. Non tutti ce la fanno. Succede. La bravura di un club sta nel capire la differenza fra un exploit momentaneo e un valore tecnico di alta portata. I ricordi piacevoli restano, ma senza nessun rimpianto. Oggi il Milan non dipende da un giocatore. La bufala secondo cui la squadra rossonera senza Ibra non vale nulla, non regge al raffronto numerico: sia con Ibra, sia senza lo svedese, il Milan ha una media gol di oltre 2 a partita. La svolta mentale sta tutta in questo dato e di ciò va dato ampio merito a Stefano Pioli. Il 2020 milanista è tutto qui. Un anno che ci ha insegnato tanto, che ci ha visto risorgere dalle ceneri, passando dall’onta di un’umiliazione all’orgoglio di ciò che siamo adesso: un tesoro prezioso che ci teniamo stretti e che siamo desiderosi di rivedere presto sul campo per le emozioni che ci porta.

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