AD UN CERTO PUNTO KOSTIC...

Il calcio, mistero senza fine

INTER KO A TORINO
Bene Doveri allo Stadium, bene Orsato all’Olimpico.

Redazione DDD

analisi Facebook di Roberto Beccantini -

Sembrava che la camomilla di Allegri avesse i minuti contati: un’occasione di Dzeko; una, più grossa, di Dumfries; bacini assortiti degli dei. Invece no, è saltata per aria l’Inter. Succede, quando sei più forte ma non lo fai pesare. Il 2-0 della Juventus affiora, guerriero, da un secondo tempo che Calhanoglu aveva introdotto impegnando Szczesny.

D’improvviso, si è acceso Kostic

Fin lì, uno dei peggiori. Cornice della cornice. Periferia della periferia. Si scrolla Barella e arma il destro di Rabiot per la volata che spacca l’equilibrio bigio e grigio. Offre a Danilo, su corner, la girata del raddoppio confiscata, per mani-comio, dal Var. Costringe Onana a salvarsi di palo. Smarca Fagioli per la rete che, complice Gosens, blinda il risultato. Tutto d’un fiato. Tutto in 45’. Tutto di corsa.

Il calcio, mistero senza fine- immagine 2

Calcio, mistero senza fine buffo. Allegri, la «palla al piede» della Juventus, soffre e butta giù dalla torre Inzaghi, lo stratega che, in Europa, aveva eliminato il Barça. Lau-Toro avrebbe potuto pareggiare, ma Szczesny l’ha murato. Dopodiché, cambi di qua e cambi di là (due soli, Madama) e un destino che la garra di Bremer, al rientro, Danilo e Rabiot, i migliori, ha coccolato sino a farselo amico. Ha saputo soffrire, la Juventus, pallida e generica, ma tosta: comunque. E poi, passata la tempesta, fatale e letale.

Non avrei tolto Dimarco, che in avvio aveva spremuto Cuadrado. Avrei inserito Chiesa, sì, ma non al posto di Milik, l’unico traliccio che proteggeva i campanili della difesa (a proposito: 7 reti, la più munita). Non aveva mai battuto una Grande, Allegri. Continua a non batterle, Inzaghino. Miretti trequartista o giù di lì era ingabbiato. Non Fagioli, più mobile e, al secondo gol consecutivo, più ficcante. Piano piano, Barella è calato e Rabiot cresciuto, di Kostic ho scritto, di Dumfries lo faccio adesso: male, alla distanza. Dallo Stadium esce un verdetto che «elimina» l’Inter, scivolata a 11 punti dal Napoli e scavalcata dai rivali. Per Allegri, è la quarta vittoria di fila. Ha trasformato la camomilla in adrenalina. Calcio naif, il suo: non cancellerà mai Haifa ma aiuta a sbarcare il lunario. Finalmente i giovani: per forza. Sempre Kostic: per scelta. In attesa di Chiesa e Di Maria, oggi spiccioli domani chissà.

Due parole, per concludere, sul derby della capitale. Roma zero Lazio uno. Coreografia da 9, livello da 5 (scarso). L’ha risolto un harakiri di Ibanez, non nuovo a questo genere di regali, scartato da Pedro e trasformato da Felipe Anderson (al quale, nella ripresa, Rui Patricio avrebbe negato il raddoppio). In generale: una traversa di Zaniolo, tra i meno peggio, una tonnellata di mischie, Abraham non pervenuto e la classica sfida da eccesso di zero domata da un episodio. Mancavano Dybala, Wijnaldum, Immobile e Milinkovic-Savic: fantasia e munizioni. Si è visto. Mourinho ha subìto gli eventi, al di là dei cambi. Sarri, lui, ha lavorato di corto muso. Più attento che creativo. A occhio, una Lazio «normale»: non sua. Non ho colto, però, segni di tristezza nella tuta.

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