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IL FONDAMENTALE BENNACER

Il Milan e i suoi infortuni: guardarsi dentro per capirsi

MILAN, ITALY - FEBRUARY 07:  Davide Calabria of AC Milan in action during the Serie A match between AC Milan and FC Crotone at Stadio Giuseppe Meazza on February 07, 2021 in Milan, Italy. Sporting stadiums around Italy remain under strict restrictions due to the Coronavirus Pandemic as Government social distancing laws prohibit fans inside venues resulting in games being played behind closed doors. (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

I tanti infortuni, l’importanza di Bennacer, l’obiettivo reale più credibile: tutto quello che il Milan deve rendere chiaro a sé stesso nei prossimi tre mesi di questa stagione

Redazione DDD

di Max Bambara -

Ha ragione Davide Calabria quando sostiene che i giocatori del Milan devono guardarsi in faccia per capire che cosa vogliono fare da grandi: questo modo di pensare aiuta il gruppo a spronarsi, a non accontentarsi, a crescere nella mentalità. Tuttavia bisogna stare attenti a non passare lo steccato immaginario del buonsenso. C’è un verbo che viene usato poco nel vocabolario comune degli italiani: è il verbo ponderare. Significa considerare attentamente, ragionare pesando bene ciò che è accaduto e quello che potrà accadere, soppesando ogni elemento. Ecco se c’è una cosa che il Milan, inteso come ambiente, deve fare oggi, è proprio ponderare tutto ciò che è avvenuto in questa stagione. Perché la squadra ha espresso un valore importante, il processo di crescita è stato costruttivo e ragionato ed anche le sconfitte e i passi falsi sono stati momenti che hanno aiutato il gruppo a cementarsi ed a consolidarsi. Per questa ragione, il Milan deve pesare con attenzione quanto gli infortuni abbiano inciso sul suo percorso stagionale, deve rendersi conto di quanto un singolo giocatore sia fondamentale negli ingranaggi del gioco di Stefano Pioli e deve avere l’intelligenza di accettare che gli manca ancora uno step di crescita per essere davvero pronto per un obiettivo come lo scudetto.

 (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

(Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

Al netto delle situazioni fisiologiche e normalmente compatibili con l’incedere incessante di una stagione agonistica, bisogna evidenziare in primis come il Milan sia stato, senza dubbio, la squadra maggiormente penalizzata negli infortuni, se analizziamo quanto accaduto ai primi 14 giocatori della rosa dall’inizio della stagione sportiva. Per rendersene conto è opportuno considerare la formazione titolare (G. Donnarumma, Calabria, Kjaer, Romagnoli, Theo Hernandez, Bennacer, Kessiè, Saelemaekers, Calhanoglu, Rebic, Ibrahimovic) e le tre primissime alternative per ruolo (Gabbia per la difesa, Tonali per il centrocampo e Rafael Leao per l’attacco). Fra questi 14 elementi chiave, soltanto 5, ovverosia G. Donnarumma, Calabria, Tonali, Kessiè e Theo Hernandez, in campionato, non hanno saltato partite per infortuni seri che hanno comportato lunghi periodi di assenza. Donnarumma ha saltato soltanto la Roma all’andata per il COVID, Calabria ha saltato lo Spezia per squalifica, Tonali ha saltato una partita per squalifica ed una per infortunio, Kessiè ha saltato la Lazio per squalifica, mentre Theo Hernandez ne ha saltate una per squalifica, una per il COVID ed un’altra per scelta tecnica (contro il Genoa andò in panchina perché era affaticato).

In tutti gli altri casi, ci sono numeri impressionati in senso negativo. Si va dalle 4 partite saltate da Calhanoglu, Romagnoli e Saelemaekers, alle 5 saltate da Rafael Leao, sino alle 7 saltate da Kjaer. Ci sono poi le 8 partite saltate da Ante Rebic, le 10 partite saltate da Ibrahimovic, le 12 partite saltate da Gabbia e le 14 partite saltate da Ismael Bennacer. Sembra quasi un bollettino di guerra ed invece sono i numeri degli infortuni del Milan in 25 partite di campionato (ossia su due terzi di stagione). Il totale generale delle partite saltate sfiora il 40% del totale e questo è un dato davvero impressionante, che non può venire tralasciato. Stiamo commentando una situazione difficilmente gestibile per chiunque in quanto, nel calcio, quando si perdono troppi giocatori fondamentali non si può pretendere di avere la stessa armonia nella proposta di gioco, nella qualità complessiva e quindi anche nei risultati. Tutto questo significa punti persi in campionato e prestazioni non in linea con gli standard abituali, se è vero, come è vero, che certi meccanismi di gioco hanno bisogno di tempo per implementarsi e tanti elementi cardine non sono facilmente rimpiazzabili.

In molti, giustamente, sottolineano come l’assenza di Ibrahimovic sia quella maggiormente impattante sugli equilibri della squadra, vista la media gol di una rete a gara tenuta sinora dal centravanti svedese. Ciò è senza dubbio vero, anche se ci permettiamo di evidenziare come, in realtà, l’assenza più pesante e più sottovalutata per il Milan sia stata quella di Bennacer, il centrocampista algerino arrivato in sordina dalla provincia toscana. C’è infatti, sul piano meramente strutturale, un Milan con Bennacer ed un Milan senza Bennacer. Con l’ex giocatore dell’Empoli titolare, il Milan ha giocato le prime 8 gare di campionato, vincendone 6 e pareggiandone 2. Dopo Napoli Milan (ad oggi l’ultima gara giocata dalla squadra rossonera con la formazione titolare, praticamente un girone fa), Bennacer non c’è stato più per una serie di problematiche di natura muscolare che lo hanno condizionato a più riprese. Da quel giorno (era il 22 novembre 2020) il giocatore algerino ha giocato soltanto 3 partite con il Milan (75 minuti col Parma, 25 minuti con il Bologna e 65 minuti con lo Spezia al rientro e completamente senza ritmo partita). In sostanza, se guardiamo alla polpa della questione, è dal mese di novembre (ossia da tre mesi e mezzo) che il Milan sta facendo a meno del suo regista titolare ed un’assenza così pesante non può non ripercuotersi sugli equilibri della squadra rossonera. Perché Bennacer è un giocatore raro, assolutamente unico nel Milan, capace di dare certezze ai compagni e di viziarli senza rendersene conto. L’algerino è l’unico regista vero che il Milan ha in organico e quest’assenza pesa in maniera profonda. Ismael non è un regista come tanti altri, bensì è un regista di alto livello, perché sa dare i tempi al gioco della squadra, sa alzare i ritmi della gara e sa abbassarli in maniera magistrale; in più è abile a giocare a due tocchi e ad alternare il gioco in verticale con le tempistiche perfette.

Quando gioca Tonali al posto di Bennacer, le cose cambiano non per demeriti del bravo Sandro che sta facendo bene nella sua prima stagione rossonera, bensì perché l’ex bresciano è un giocatore che dà ordine al gioco, mentre l’algerino sa darne i tempi. Questa differenza inerisce le caratteristiche dei due giocatori e rende abbastanza chiaro come l’apporto sostanziale di Sandro Tonali in questa squadra sia diverso rispetto all’apporto eminentemente qualitativo che Bennacer riesce a dare. Senza l’algerino in campo la manovra è forse più ordinata, compassata, finanche mantecata all’interno di ritmi agonistici normali. Con Bennacer le variabili e le alternative di rimo sono maggiori, a volte anche nell’arco della stessa frazione di gioco. Il Milan di Bennacer ha una imprevedibilità nel ventaglio delle giocate e degli strappi offensivi che il Milan senza Bennacer non può avere. La stagione del Milan passa sicuramente per il recupero di tanti giocatori che, fermi a lungo per problemi fisici, hanno perso lucidità e condizione, ma non può non passare dal recupero effettivo di Ismael Bennacer nelle prossime 13 gare di campionato. Intanto però, prima di emettere sentenze sul Milan, in molti dovrebbero guardare questi dati sugli infortunati nel corso di questa stagione. L’attuale secondo posto del Milan in campionato è un grandissimo risultato, ottenuto in partite giocate con così tante difficoltà e con la squadra più giovane del campionato (nota di merito troppo spesso celata). Adesso l’ambiente rossonero (dal Presidente ai tifosi) deve avere la capacità di compattarsi per proteggere l’allenatore e i giocatori che ci hanno condotti sin qui; fare voli pindarici, oggi, non è produttivo. Né tantomeno è produttivo inseguire obiettivi superiori a ciò che siamo.

La società ha la fortuna di essere rodata ed unita e di avere nel suo bagaglio di esperienza le conoscenze giuste per capire quanto sia importante fare blocco unico con la squadra, proteggerla, tutelarla. Quest’anno lo scudetto del Milan è legato al raggiungimento della zona Champions League. Tornare nella massima competizione europea, dopo 7 lunghi anni di assenza, cambierebbe la nostra attuale dimensione. Non si tratta quindi di un obiettivo secondario o del classico obiettivo di ripiego come viene impropriamente descritto da molti: è invece il vero ed unico obiettivo in cui credere e da perseguire con tutte le energie. Verrà un tempo, fra un anno o magari fra due, in cui il Milan potrà essere davvero competitivo sino in fondo per la vittoria del campionato. Questo gruppo oggi non ha la completezza di organico e l’esperienza dell’Inter, ma ha un respiro sul futuro più profondo, più ampio, costruito su basi solide e ragionate. Questa squadra riempie il cuore già oggi per ciò che fa, ma soprattutto per ciò che potrà fare nel prossimo futuro. Un futuro che, inevitabilmente, passa per la qualificazione alla Champions League. Ci sono 13 partite per centrarla e per iniziare a scrivere una nuova pagina di storia rossonera.

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