LA REALTA' DEI FATTI, SENZA PRETESTI

Il ritorno dei pregiudizi e le reali cause della crisi rossonera

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Il preconcetto del Milan sopravvalutato ha ripreso vigore dopo le ultime prestazioni della squadra; tuttavia è opportuno comprendere le ragioni di questa crisi basandosi sui riscontri del campo e non sulle opinioni di carta

Redazione DDD

di Max Bambara -

Il Milan di Stefano Pioli è nato nel gennaio del 2020 contestualmente all'arrivo di Zlatan Ibrahimovic ed alla scelta di modificare il sistema di gioco, passando da un 4-3-3 abbastanza stantio ad un 4-2-3-1 asimmetrico ed innovativo. Dall’inizio del girone di ritorno della stagione 2019-20 sino al novembre del 2022 (sosta del campionato 2022-23) si sono giocate 110 partite. In queste 110 partite le squadre che hanno fatto più punti sono Inter (241), Milan (239) e Napoli (235). Più staccate la Juventus (214), l'Atalanta (207) ed a seguire le due romane, Lazio (197) e Roma (187). I dati di lungo periodo, pertanto, ci dicono che il Milan è una squadra che da circa tre anni è competitiva ai massimi livelli della Serie A; non a caso in queste ultime due stagioni i piazzamenti finali sono stati un secondo ed un primo posto. I fatti, cristallizzati in numeri di lungo periodo, ci dicono quindi che ci sono tre squadre che sono state molto competitive dall'inizio degli anni 20.

L'Inter ha vinto lo scudetto 2021, il Milan ha vinto lo scudetto 2022

Il Napoli probabilmente vincerà lo scudetto 2023. Tutto ciò smentisce, palesemente, tutti coloro che fanno molta fatica a separare i fatti dalle opinioni e che utilizzano l'attuale crisi del Milan (che dura da 4 partite) per dare consistenza ai loro pregiudizi di argilla. Chiusa questa vicenda diviene fondamentale e quanto più opportuno comprendere il perché dell'attuale crisi del Milan. Partiamo dal momento successivo allo scudetto di qualche mese fa. In estate il Milan ha perso Frank Kessié per mancato rinnovo contrattuale ed ha pensato di poter sostituire l'ivoriano non con un mediano, bensì con un trequartista puro. Il trittico di centrocampo composto da Tonali, Kessié e Bennacer, che era stata una delle travi portati del girone di ritorno dell'anno scorso, conclusosi poi con la vittoria dello scudetto (indimenticabile la loro prestazione in quel di Napoli), è diventato un duo (Tonali-Bennacer). Il 4-2-3-1 asimmetrico con un trequartista centrocampista è, sostanzialmente, diventato un 4-2-3-1 puro che, in Europa, non applica praticamente nessuno, se non per porzioni marginali di partita (nei 25-30 minuti finali). Una scelta coraggiosa, perfettamente aderente allo spirito e alla storia del Milan ma che, purtroppo, sul campo non ha trovato riscontro perché ha disequilibrato troppo la squadra.

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Ciò ha portato la squadra, fin dalle prime partite di questa stagione, a spendere maggiori energie in fase di non possesso perché il Milan è stato meno corto e meno compatto sul campo. Alla lunga tutto questo ha tolto condizione, lucidità e, soprattutto, freschezza mentale a molti giocatori (in alcuni casi anche per ragioni extra come per esempio i francesi Theo Hernandez e Giroud che hanno giocato il Mondiale o come Davide Calabria che è appena rientrato da un grave infortunio). Ciò ha determinato il calo atletico di quest’ultimo mese. Subito dopo la gara di Lecce sarebbe stato opportuno intervenire modificando innanzitutto il modulo di gioco (dall’attuale 4-2-3-1 ad un più saggio ed ordinato 4-3-3). Il Milan infatti, in questo momento, non può prescindere dai 3 centrocampisti perché in fase di non possesso va troppo spesso sotto con i numeri a centrocampo. Il 4-3-3 consente di occupare meglio il campo e, particolare da non sottovalutare, aiuta gli esterni di difesa che possono contare su una mezzala che, in fase di non possesso, fornisce un raddoppio sul portatore di palla avversario. Ma i correttivi non riguardano semplicemente il modulo di gioco. C'è da correggere anche la strategia generale di gara.

Le fortune del Milan di Pioli sono dipese moltissimo dal coraggio del tecnico emiliano. Giocare sempre uomo contro uomo è molto stimolante, ma se la condizione di tanti giocatori non è ottimale si rischiano figure barbine come purtroppo è accaduto nelle ultime tre partite. Ed allora qualche piccola contromisura diventa preziosa, come per esempio non attaccare con entrambi i terzini alti, non pressare alti gli avversari, non far uscire un centrale in non possesso per rompere la linea difensiva, lavorare da squadra senza la palla, accettare di difendere di posizione, crossare di più dalle fasce riempendo l’area avversaria con più giocatori invece di provare triangolazioni complesse. Adottati dopo Lecce questi accorgimenti avrebbero avuto un senso perché avrebbero evitato che il Milan venisse sommerso dai gol degli avversari. Presi adesso, invece, rimangono soluzioni valide ma che devono accompagnarsi ad uno step in più. C'è infatti da ricostruire la fiducia di tanti giocatori rossoneri che, nelle ultime partite, analizzando gli atteggiamenti del corpo, sono apparsi sfiduciati e privo di spirito di abnegazione. Di sicuro la crisi del Milan va analizzata con severità e senza dogmi di principio, concentrandosi unicamente sui riscontri del campo; non deve diventare un pretesto per discutere la forza della squadra perché i valori non li danno gli opinionisti illuminati seduti su una sedia, bensì i numeri del campo che fotografano la realtà, scevra da pregiudizi. Per ritrovarsi come squadra il Milan deve tornare ad essere collettivo, a soffrire di reparto, a sacrificarsi e a stare sul campo nella maniera più idonea a questo particolare momento.

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